La serie: Un affare privato, 2022. Creato da: Ramón Campos, Teresa Fernández-Valdés, Gema R. Neira. Cast: Aura Garrido, Jean Reno, Álex García. Genere: Giallo. durata: 50 minuti/8 episodi. Dove l’abbiamo visto: anteprima stampa, in versione originale.
Trama:Mentre il fratello è impegnato a ricevere un riconoscimento importante per la sua carriera, Aura Garrido fugge dalla cerimonia accompagnata dal fido maggiordomo Hector. La direzione è il porto dove ad attenderla c’e un pacco da ritirare ma, soprattutto, l’incontro imprevisto con una donna in fin di vita e il suo assassino. Per la brillante Aura inizia una personale caccia al serial killer. Peccato che il fratello, commissario di polizia, ed i suoi colleghi, non siano abituati a prendere sul serio le intuizioni di una donna. Atteggiamento che non ferma certo Aura ma, possibilmente, la spinge ad essere ancora più caparbia. Cosi, partendo dalla stoffa strappata all’assassino durante la colluttazione al porto e da una cocciniglia, davanti ai suoi occhi comincia a delinearsi una strada ben precisa.
Negli ultimi anni le produzioni spagnole per il piccolo schermo sembrano essere state incentivate, andando a toccare diversi stili narrativi in grado di soddisfare il gusto di un pubblico sempre più variegato. Così, dopo il successo de Il Segreto, che ricalca in qualche modo lo stile delle soap opera latine americane, a conquistare l’attenzione di chi, in particolare, è abituato a usufruire delle piattaforme streaming sono stati soprattutto due prodotti: Velvet e Le ragazze del centralino.
Nel primo caso l’ambientazione è quella lussuosa e stimolante di una casa di moda madrilena durante gli anni cinquanta. Una scenografia, dunque, particolarmente glamour declinata in tutte le nuance più accattivanti, all’interno della quale far interagire diversi personaggi per un perfetto drama dalle tinte romantiche.
Le ragazze del centralino, invece, sposta l’arco temporale di alcuni decenni, incentrando tutta la narrazione intorno al ventennio. Un periodo in cui apre, sempre nella capitale, un’agenzia telefonica nazionale, diventata per molte giovani donne non solo un posto di lavoro ma, soprattutto, uno strumento per far valere la propria autonomia verso un lungo processo di uguaglianza.
Una tematica, quest’ultima che si ritrova anche nell’impianto narrativo di Un affare privato, la nuova serie spagnola disponibile su Prime Video dal 16 settembre. È non è certo un caso, visto che gli ideatori sono Teresa Fernández-Valdés, Ramón Campos e Gema R. Neira, gli stessi che hanno firmato proprio Le ragazze del centralino e che, questa volta, continuano a parlare di progresso e uguaglianza dei sessi grazie al personaggio di Marina Quiroga, interpretata da Aura Garrido. Il tutto gestito, però, attraverso i tempi e le strutture di una crime story dove, evidentemente, c’è un assassino da trovare. Ma chi è questa ragazza dell’alta società con un chiaro talento per l’investigazione assistita dal fido maggiordomo Hector (Jean Reno)? scopriamo nella nostra recensione di Un affare privato.
La trama: un thriller al femminile in alta Galizia
In una notte come tante altre una donna viene assassinata vicino al porto. Tutto sembra indicare che si tratti di un’aggressione per motivi di furto o per un incontro finito male. In realtà la vittima presenta sul petto il segno perfettamente distinguibile di un giglio tratteggiato dal suo assassino, simbolo di purezza del corpo e dell’anima. Un particolare, questo, più che sufficiente per far scattare nella mente di Marina Quiroga un click inconfondibile.
Figlia di uno stimato commissario di polizia, conosciuto per le sue incredibili doti investigative e per una mentalità inaspettatamente moderna, la ragazza sembra aver ereditato dal padre un istinto inconfondibile per le indagini. La propensione a cacciarsi nei guai, invece, è una sua caratteristica del tutto personale che sembra essere stata ampiamente incentivata dall’educazione progressista ricevuta proprio dal genitore.
Tutti aspetti che la portano a scontrarsi spesso con il fratello, anche lui commissario di polizia, e con un sistema sociale che, in quanto donna, la vuole posizionata ai margini e disposta a farsi proteggere più che a essere padrona della propria esistenza. Per questo motivo, dunque, quando scoprirà che il delitto del porto rientra all’interno di un disegno più ampio architettato da un serial killer, resistere alla tentazione di mettere alla prova la propria intelligenza sarà un’impresa impossibile. Ad aiutarla, soprattutto nel difficile compito della sopravvivenza, è il fidato maggiordomo Hector. Un uomo in apparenza cauto e dall’animo gentile ma che sembra celare doti particolari, più di quanto in realtà voglia far credere.
Così, partendo da una piccola cocciniglia, i due riescono a ricostruire i movimenti dell’assassino non senza affrontare dei rischi. Il primo passo li porta in una fabbrica di tintura dei tessuti, successivamente percorrono i banchi del mercato dei fiori alla ricerca dell’unico rivenditore di gigli durante il periodo invernale. Una pista che li conduce dritti in un locale notturno dove si esibisce la bella Lolita.
Qui, alla ricerca di un rossetto color ciliegia, i due si trovano a dover affrontare un altro incontro faccia a faccia con l’assassino. A complicare ulteriormente le cose, però, è ancora quel mondo al maschile che, nonostante tutti i suoi sforzi, proprio non riesce a imbrigliare e controllare l’esigenza di Marina di mettersi in gioco. E nemmeno a dirlo, sarà proprio lei a portare la polizia sulla pista giusta.
Marina e le altre donne in crime
Fin dalle prime immagini è chiaro che il personaggio centrale di questa serie tv sia quello di Marina. Questa giovane donna, attraverso un’intelligenza arguta e una personalità molto forte si guadagna a pieno titolo un posto importante tra le altre donne in crime nella storia televisiva e non solo. Tralasciando il suo aspetto piacevole, che riproduce in tutto l’estetica più raffinata del momento, dichiara senza mezzi termini di essere l’erede assoluta di altre importanti investigatrici.
Stiamo parlando, ovviamente, di capisaldi della narrazione gialla come Miss Marple, passando per l’inossidabile Jessica Fletcher e la vivace Phryne Fisher, nata prima nelle pagine dei romanzi di Kerry Greenwood e poi approdata nella serie televisiva Miss Fisher – Delitti e misteri. Tutti modelli femminili ben precisi che, oltre a mostrare autonomia e una mente brillante, riportano a uno stile investigativo classico dove le capacità deduttive sono l’unico elemento tecnico a disposizione per dipanare le ombre.
Un aspetto, questo, assolutamente centrale per comprendere e apprezzare lo stile narrativo attraverso il quale sono state strutturate le otto puntate della prima stagione della serie. Lontano dalla possibilità di utilizzare qualsiasi innovazione tecnica, che ancora deve essere scoperta, privato della possibilità di far capo alla scientifica o all’eventuale esame del DNA, il personaggio di Marina si trova all’interno di una crime story vecchia maniera dove, probabilmente, tutto l’apparato investigativo riconquista il fascino particolare del ragionamento e della ricostruzione attraverso un susseguirsi di eventi e, soprattutto, grazie all’attenta analisi del mondo che la circonda.
In questo modo, dunque, si va delineando un prodotto in grado di accontentare le aspettative e il gusto di chi ama e continua ad apprezzare quel particolare ausilio non tecnico che Hercule Poirot era solito chiamare “le celluline grigie” e che P.D.James ha ampiamente riproposto nei suoi romanzi.
Aura Garrido e Jean Reno: armonia di una strana coppia
Continuando a percorrere la via più tradizionale della narrazione crime o gialla, Marina non si trova ad agire da sola ma, accanto a se, ha la presenza rassicurante del maggiordomo Hector. Anche in questo caso, dunque, ci troviamo di fronte ad un archetipo del genere, rappresentato dalla mente investigativa per eccellenza e dal suo braccio destro. Non è certo un caso, infatti, che Poirot abbia il suo comandante Hastings, Nero Wolfe l’affascinante Archie Goodwin e l’ispettore Morse il fidato sergente Lewis.
Ovviamente si tratta di coppie investigative che riproducono quel primo e fondamentale rapporto collaborativo tra Sherlock Holmes e Watson. Per l’inevitabile proprietà transitiva, che è possibile applicare anche al racconto televisivo, dunque, anche i personaggi interpretati da Aura Garrido e Jean Reno possono essere considerati un po’ “figli” di quel mondo investigativo e personale creato da Sir Arthur Conan Doyle.
Un legame che si esprime chiaramente nella forma ma che, nell’essenza, trova una via del tutto personale per esprimersi. Questo vuol dire che, grazie a una scrittura particolarmente attenta riguardo la personalità dei personaggi e a un’interpretazione che sembra dettata da una grande armonia tra i due, si ha la possibilità di fare la conoscenza con una nuova coppia dai toni e le caratteristiche davvero peculiari. A dettare il ritmo delle loro azioni e delle interazioni interne ai due è, senza ombra di dubbio, l’ironia.
Un elemento che viene utilizzato con particolare intelligenza, dosandolo e introducendolo sempre in modo opportuno. L’effetto che si ottiene è una narrazione dotata di grande ritmo ma anche profondamente naturale quando ci si sofferma sul rapporto quasi famigliare tra loro. Assolutamente privi di forzature, la relazione tra Reno e la Garrido sembra armonizzarsi in un confronto di due personalità che si esaltano o smorzano vicendevolmente, secondo le necessità narrative come all’interno di una commedia di Neil Simon.
La donna nella Spagna degli anni 40
Chiudiamo con un elemento narrativo cui abbiamo già accennato all’inizio e che è viaggia in modo assolutamente parallelo alla ricostruzione del delitto. Stiamo parlando della condizione delle donne che, nella Spagna profondamente machista degli anni 40, deve ancora compiere molti passi avanti. Gli ideatori della serie, dunque, tornano su un tema a loro caro e che, evidentemente, rappresenta profondamente la storia culturale spagnola in un determinato periodo. Una questione che, oltretutto, riesce a fondersi perfettamente con il resto della narrazione e, soprattutto, si presenta come elemento funzionale per comprendere e tratteggiare la personalità di Marina.
Così, senza farsi carico di velleità neo femministe o di critica storica, Teresa Fernández-Valdés, Ramón Campos e Gema R. Neira offrono una visione assolutamente veritiera che non ha bisogno di toni alti e drammatici per essere realistica. Anzi, inserita all’interno del ritmo dell’indagine e modulata dalla forza vitale della protagonista, la questione femminile assume un valore empatico evidente.
Perché se c’è qualche cosa che gli autori di questa serie non intendono assolutamente fare è impartire lezioni o sensibilizzare. Piuttosto, scopo ben più importante e perseguibile, è la narrazione e trovare la via giusta per divertire e coinvolgere attraverso la storia raccontata.
La recensione in breve
Un affare privato si inserisce con successo all'interno di un racconto crime tradizionale. I suoi riferimenti, infatti, sono Agatha Christie e Arthur Conan Doyle reinterpretati con una buona dose d'ironia. Sullo sfondo, poi, anche la condizione femminile della donna nella Spagna degli anni 40, dove l'intelligenza e l'autonomia vengono visti come bizzarrie caratteriali da non incoraggiare.
- Voto CinemaSerieTV