La serie: Una famiglia quasi normale, 2023 Creata da: Mattias Edvardsson. Cast: Alexandra Karlsson Tyrefors, Lo Kauppi, Melisa Ferhatovic, Björn Bengtsson e Christian Fandango Sundgren. Genere: Thriller, crime, drammatico. Durata: /6 episodi. Dove l’abbiamo visto: In anteprima stampa su Netflix.
Trama: Stella viene accusata dell’omicidio di Chris, il suo ragazzo. Ma cosa è successo veramente quella notte? I suoi genitori faranno di tutto per farla scagionare, anche insabbiare le prove…
Difficile trovare location migliori per serie e film thriller che i paesi del Nord Europa, con la loro asettica freddezza, con la distaccata gentilezza dei suoi abitanti, i cui sorrisi nascondono benissimo impulsi violenti e terribili segreti. Le piattaforme streaming lo sanno e per questo non mancano di dare il giusto spazio a prodotti ambientati in questi Paesi: l’ultimo arrivato in casa Netflix è Una famiglia quasi normale, tratto dal romanzo omonimo di Mattias Edvardsson, che ne ha anche curato la trasposizione. Come è facile dedurre dal titolo al centro di questa storia troviamo una famiglia svedese, i Sandell, che si troveranno ad affrontare l’inaspettato: la diciannovenne Stella verrà accusata di omicidio, e la vita che i tre si erano costruiti cadrà in pezzi. Ma ad aver irrimediabilmente alterato le dinamiche familiari è un fatto risalente a diversi anni prima, un fatto drammatico che ha sconvolto la vita di Stella quanto quella, di conseguenza, dei suoi genitori. La storia creata da Edvardsson, come si capisce ben presto a visione iniziata, è più interessata a capire come certi fatti, ma soprattutto le scelte che vengono prese di conseguenza, possano irrimediabilmente cambiare la vita dei suoi protagonisti, che quando li incontriamo per la prima volta sono una famiglia come tutte le altre, una “famiglia normale”.
Come vi spiegheremo in questa recensione di Una famiglia quasi normale, questa serie ci ha ricordato molto un altro (riuscitissimo) prodotto svedese disponibile in piattaforma: Quicksand, un’altra storia incentrata su una ragazza adolescente accusata di un crimine terribile, in cui, una testimonianza dopo l’altra, un flashback dopo l’altro, ci veniva svelata infine la verità. La serie di Edvardsson, però, è meno interessata a catturare lo spettatore con lo svelamento del mistero (che risulta già piuttosto prevedibile già a metà del racconto), ma a coinvolgerlo nello svelamento di cosa è capace l’essere umano per proteggere chi ama, soprattutto di che cosa arriveranno a fare i “normalissimi” genitori di Stella per aiutarla, per salvarla dalla situazione in cui si è cacciata. Questa è una storia che, nella sua estrema semplicità, finisce per entrarci dentro, una di quelle che ci spinge a chiederci: che cosa avremmo fatto noi al loro posto? Forse le stesse cose.
La trama: un misterioso omicidio
La storia di Stella (Alexandra Karlsson Tyrefors) si apre quando ha solo quindici anni: durante un viaggio scolastico un allenatore per cui lei ha una cotta la violenta. L’uomo viene scoperto e i genitori di lei vengono avvisati, i due – Ulrika (Lo Kauppi) e Adam (Björn Bengtsson), avvocato lei e pastore della Chiesa di Svezia lui – pur comprendendo la gravità della situazione decidono di non denunciarlo: come afferma Ulrika, affrontare un processo per stupro rovinerebbe la vita della loro bambina e lui verrebbe con tutta probabilità assolto. Le domande che le verrebbero poste possono già prevederle: perché lei non ha rifiutato con più convinzione? È stata lei a baciarlo per prima? Non poteva gridare più forte?
Un evento traumatico di questo tipo, però, stravolgerà irrimediabilmente le vite dei tre, cambiandone la rotta: il rapporto tra Adam e Ulrika andrà pian piano deteriorandosi e Stella si allontanerà sempre di più da loro. La ragazza, ormai diciannovenne, decide di non proseguire gli studi come la sua migliore amica Amina, mettendo il più possibile da parte per viaggiare. A scombussolare i suoi piani l’entrata in scena di Chris, un affascinante ragazzo molto più grande di lei, di cui lei è estremamente attratta, ricambiata.
È proprio Chris, qualche settimana dopo, ad essere trovato morto nel parco vicino a casa sua. Le prove puntano tutte contro Stella, che nell’ora presunta dell’omicidio viene vista da un vicino proprio sul luogo del delitto. La ragazza viene arrestata e portata in prigione in attesa del processo, ma i suoi genitori, questa volta, non sono disposti a restarsene con le mani in mano: pur di vederla libera mentiranno, cancelleranno prove e manipoleranno la situazione a suo favore. Ma che cosa è successo veramente quella notte? È stata veramente Stella ad uccidere Chris?
Storia di una famiglia come tante altre
Come vi anticipavamo in apertura, Una famiglia quasi normale, pur costruendo il proprio intreccio su un mistero da svelare solo nel finale, è più interessata a delineare le complesse dinamiche interpersonali tra i suoi protagonisti. Lo stupro subito da Stella, e la scelta (seppur “per il suo bene”) di non fare nulla presa dai suoi genitori daranno il via ad una reazione a catena che influenzerà tanto quanto accadrà la fatidica notte della morte di Chris, quanto quello che avverrà dopo. Il trauma non risolto di Stella, che solo con la psicologa della prigione riuscirà finalmente ad aprirsi, è alla base sia del suo comportamento che di quello dei suoi genitori: i tre hanno cercato di andare avanti, di tornare ad essere quella “famiglia normale” che erano prima, ma ovviamente non ci sono riusciti. Ulrika si è data all’alcool ed è arrivata a tradire il marito, lui si è buttato anima e corpo nella Chiesa; Stella, infine, si è diplomata a fatica e ora non sa che cosa fare della sua vita.
Chi si aspetta un thriller ricco di svolte in cui le sorprese vengono centellinate fino all’episodio finale potrebbe in parte rimanere deluso. Una famiglia quasi normale, pur svelando la chiave del mistero nel finale, non si preoccupa di risultare a tratti prevedibile: sconvolgere lo spettatore con le sue rivelazioni non è il suo obbiettivo, ciò che ad autore e sceneggiatori interessa è invece coinvolgerlo in una vicenda che non ha nulla di straordinario, che impressiona proprio per la “normalità” dei suoi protagonisti, per la triste banalità degli eventi drammatici di cui è costellata la loro vita. La critica alla società in cui viviamo è chiarissima: perché così tanto spesso le donne non denunciano le violenze subite? Perché, pur essendo le vittime, scelgono di non affrontare il calvario di un processo, lo scrutinio dell’opinione pubblica? La storia di Stella è simile a quella di tantissime altre donne, il trauma che ha subito è lo stesso che hanno subito anche loro. Difficile non affezionarsi a lei e ai suoi genitori, comprendendo il perché hanno preso certe decisioni ma allo stesso tempo biasimandoli perché lo hanno fatto. Che cosa sarebbe successo se avessero lottato per ottenere giustizia? Che strada diversa avrebbero preso le lo vite? È per questo che la serie di Edvardsson ci entra dentro, lasciandoci turbati anche una volta ultimata. Forse ben di più di quanto una serie di scioccanti colpi di scena avrebbero potuto fare.
Un cast all’altezza dei personaggi
Ed è anche grazie alle interpretazioni dei suoi protagonisti, a cui si unisce anche quella di Melisa Ferhatovic nel ruolo della migliore amica di Stella, Amina, che Una famiglia quasi normale risulta così convincente. I quattro colpiscono per la recitazione trattenuta, per la freddezza che esprimono in certi momenti e per come riescono a lasciarsi completamente andare in altri. Stella, in particolare, è una diciannovenne come tante, che reagisce al trauma subito come molte altre vittime avrebbero fatto, cercando di seppellirlo (forse spinta dall’apparente noncuranza dei genitori) e di andare avanti, ma senza riuscirci mai veramente. Sono molto toccanti i momenti in cui riesce finalmente a sfogarsi, in carcere, con la psicologa e la guardia che le sono state assegnate, come se in loro avesse trovato due figure genitoriali capaci di sopperire alle mancanze di Adam e Ulrika.
Il contatto sperato con i genitori viene forse ritrovato nel finale, quando Stella si rende conto di quanto in là siano stati capaci di andare per proteggerla, per impedirle la prigione. Anche questa volta hanno messo il suo benessere al primo posto, ma solo in questo caso sono riusciti veramente ad aiutarla, guarendo, nello stesso tempo, anche loro dal trauma – non solo Stella, ma tutti i membri della famiglia – di tanti anni prima. Delude forse un po’ la costruzione del personaggio di Chris, interpretato da Christian Fandango Sundgren: serviva, senza dubbio, una caratterizzazione più dettagliata della sua figura per comprendere meglio l’evoluzione del rapporto con Stella. Creare il giusto “villain” è fondamentale in storie di questo tipo, in questo caso ci avrebbe permesso di essere maggiormente coinvolti nel finale e di empatizzare ancora di più con i protagonisti.
La recensione in breve
Una famiglia quasi normale è una serie thriller coinvolgente e ben costruita, il finale un po' prevedibile potrebbe però deludere chi si aspetta scioccanti colpi di scena.
- Voto CinemaSerieTV