La serie: You 4, 2023. Creata da: Greg Berlanti, Sera Gamble. Cast: Penn Badgley, Tati Gabrielle, Lukas Gage, Charlotte Ritchie, Tilly Keeper, Amy-Leigh Hickman, Ed Speleers. Genere: Thriller. Durata: 50 minuti ca./5 episodi. Dove l’abbiamo visto: In anteprima in lingua originale su Netflix.
Trama: Joe Goldberg è tornato ma questa volta in un’ambientazione e con uno stato d’animo diversi. Dopo gli eventi che lo hanno portato a condurre una vita normale con la moglie Love e il figlio in una tranquilla cittadina di provincia, decide di mandare tutto in fumo. E non solo da un punto di vista simbolico. Così, dopo aver ucciso Love, essersi tagliato due dita di un piede per far credere di essere morto anche lui, dà fuoco alla loro casa. Unica possibilità per ricominciare, fuggire dagli Stati Uniti in direzione Europa. Ad accoglierlo per una vita nuova è Londra, dove trova lavoro come insegnante di letteratura americana.
La sua quotidianità sembra essere cadenzata da appuntamenti importanti e da un’assoluta solitudine. Oltre che da un sostanziale disinteresse per le persone che lo circondano. Due fattori essenziali per tenersi lontano da complicazioni e, soprattutto, non dare voce alla parte più inquietante e pericolosa della sua natura. Ma si può veramente fuggire da se stessi? Joe avrà modo di scoprirlo quando entrerà, grazie o per colpa di un suo collega, in una ristretta cerchia di ricchi e viziati rampolli dell’aristocrazia inglese. L’occasione è una serie di uccisioni di cui, però, non è responsabile. Anzi, in questa situazione del tutto imprevista, Joe si trova a dover utilizzare le sue capacità di stalker per scoprire l’assassino.
Joe Goldberg è tornato è lo ha fatto nel migliore dei modi. Il personaggio più ambiguo, cervellotico, intelligente e pericoloso che sia mai stato creato dalla letteratura e adattato per la televisione è destinato ad essere ancora protagonista senza mostrare nemmeno un tentennamento. Un fatto eccezionale se si considera che You, arrivato alla quarta stagione, avrebbe potuto evidenziare anche dei segnali di cedimento. Almeno per quanto riguarda la ripetitività delle situazione in cui incappa il personaggio.
In realtà la serie, tratta dai romanzi di Caroline Kepnes dimostra di avere ancora molto da dire, soprattutto grazie a un protagonista che, nell’eterno dialogo con se stesso, le sue capacità intuitive e una sorta di personalità maniacale riesce a rimandare un’immagine che, nonostante gli aspetti più estremi, produce un fascino incredibile. A questo, poi, si aggiunge anche la decisione di dividere la quarta stagione in due parti, programmando l’uscita della seconda esattamente tra un mese, ossia il 9 febbraio. Tanto per aumentare la suspense. In attesa della conclusione definitiva, però, proviamo a entrare nel nuovo mondo di Joe con la nostra recensione di You 4.
Trama: A caccia dell’assassino
Joe Goldberg è morto. Almeno formalmente e, soprattutto, negli Stati Uniti. Al suo posto arriva il professor Jonathan Moore, insegnante di letteratura americana in un college di Londra. Vita tranquilla, profilo basso e l’atteggiamento di un uomo che non vuole più trovarsi nei guai. Come? Mantenere sotto controllo la propria natura, non ascoltare quella curiosità nei confronti degli altri che sfocia in atteggiamenti patologici. E, soprattutto, tenersi al di fuori da qualsiasi tipo di complicazione sentimentale. Perché, alla fine, la fonte di ogni eccesso è sempre stato questo. Così, dunque, Joe decide di costruirsi una vita del tutto nuova, godendo pienamente dall’anonimato che una città come Londra gli può offrire. La sua quotidianità è molto semplice ma, in fin dei conti, piuttosto appagante.
Riesce a vivere grazie all’amore più grande della sua vita, i libri. E ha la possibilità d’immergersi ogni giorno in discussioni e analisi con i ragazzi del corso. Parole di cui la sua mente non smette di nutrirsi e in cui, molto spesso, cerca di trovare risposte anche per se stesso. Al termine della giornata, poi, torna nel suo appartamento accogliente, colmo di libri, con un caminetto acceso e poltrone imbottite.
Un insieme che riproduce una perfetta atmosfera british all’interno della quale ha strutturato il proprio limbo. Questo fino a quando Malcolm, un collega che ha sempre evitato e che vive dall’altra parte della sua strada, non lo convince a trascorrere una serata in un club esclusivo in compagnia della sua altrettanto ristretta cerchia. Qui si trova a contatto con una serie di personaggi provenienti dal jet set londinese. Tutti sono accomunati da caratteristiche simili: sono ricchi, annoiati e tendenzialmente superficiali.
Solo due di loro sembrano distinguersi: la gelida Kate, stacanovista del lavoro, e Rhys Montrose, affrancatosi dalle sue umili origini attraverso gli studi ad Oxford e il successo dei suoi libri. Una scalata che, a quanto pare, punta direttamente alla poltrona di Sindaco di Londra. Una serata destinata a diventare un’occasione unica da non ripetere se, la mattina seguente, Joe non trovasse sul tavolo del proprio appartamento il cadavere di Malcolm. Questa volta, però, lui non è responsabile. Così, dopo aver fatto scomparire il corpo dando fondo a tutta la sua esperienza, inizierà una caccia all’assassino che lo porterà in un’ambientazione alla Agata Christie dove le vittime continuano a crescere.
La nuova vita di Joe
Costruire un racconto o una serie televisiva introno a un personaggio ambiguo che, anzi, mostra evidenti segnali di pericolo, non è certo una novità. Dexter ne è un esempio perfetto. D’altronde non c’è nulla che affascina più di una personalità capace di muoversi con perfetta attitudine tra il giusto e lo sbagliato seguendo un codice etico assolutamente proprio. Uno schema che è stato applicato alla perfezione anche per costruire il personaggio di Joe Goldberg aggiungendo, però, la variabile di una mente acuta, di un’intelligenza veloce e, al tempo stesso, perversa.
Per questo motivo, dunque, lo spettatore è rimasto letteralmente affabulato per tre stagioni dalla logica, dall’uso della parola e, soprattutto, dalla velocità di pensiero di questo personaggio veramente sui generis. Qualità che, nonostante il ripetersi costante di uno schema narrativo, ha mantenuto alta l’attenzione su di lui non facendo sentire il bisogno di arrivare ad una conclusione definitiva. A tutto questo, però, la prima parte della quarta stagione aggiunge un elemento in più, portando il personaggio in un terreno nuovo. E non solo dal punto di vista geografico.
Lo schema narrativo è sempre lo stesso. Ossia quello volto a ricreare un viaggio nella mente del protagonista diventando gli esclusivi ascoltatori delle sue riflessioni. Questa volta, però, Joe non apre un nuovo livello della sua personalità mostrando allo spettatore una consapevolezza di se e della propria pericolosità. A questo si aggiunge un’attenzione sempre alta per non permettere a determinati riflessi mentali e psicotici di prendere il sopravvento. Non tanto per il benessere degli altri quanto per se stesso. All’inizio della serie, dunque, ci troviamo di fronte ad un personaggio in remissione, ad un protagonista che si rifugia nell’invisibilità che gli è famigliare dietro la nuova e rassicurante identità del professor Moore. Ma questa volta non per diventare padrone della vita degli altri quanto per avere finalmente sotto controllo la propria.
Una prospettiva interessante cui Joe si riferisce come ad una sorta di vacanza europea, un anno sabbatico da se stesso che, con molta probabilità, ha intenzione di prolungare il più a lungo possibile. La domanda, però, in questo caso è: fino a quando esattamente riuscirà a non perdere il controllo? La questione aleggia come una sorta di minaccia sul suo destino fin dalle prime immagini. A contribuire a questa sensazione è la struttura narrativa stessa che, indulgendo in una sorta di limbo emozionale, mette lo spettatore in attesa della prossima ed inevitabile esplosione. E questa non tarda ad arrivare ma in una forma del tutto inaspettata. Esattamente come la mente di Joe.
Così, in un plot twist imprevedibile, il protagonista ossessivo e tendenzialmente killer diventa un detective, trovandosi al centro di una serrata partita a scacchi con un assassino che non riesce ad identificare. Un confronto che viene chiamato a sostenere utilizzando quell’intelligenza acuta e al tempo stesso folle di cui ha fatto mostra fino a questo punto. In un gioco perverso, dunque, l’assassino viene trasformato in una potenziale vittima destinata, però, a prevedere le mosse di chi lo sta minacciando. Una struttura narrativa che gioca con un continuo sdoppiamento del se in cui il vecchio Joe e il nuovo professor Moore cercano di collaborare insieme per ritornare al loro interludio europeo.
Costruire un giallo
Per le tre stagioni precedenti, You ha dipanato la sua evoluzione narrativa attraverso la struttura di un thriller con delle note splatter. Ora, però, si cambia registro. L’ambientazione chiaramente britannica, infatti, influisce anche sulla struttura del racconto che vira decisamente verso il giallo. In sostanza è come se si fosse passati da un romanzo di Stephen King a uno di Agata Christie. Attenzione, però, questo non è assolutamente una diminuito. Piuttosto si tratta di una transizione perfetta e anche naturale che si abbina all’ambientazione in cui la storia si dipana.
Non stupisce, dunque, che il racconto tragga ispirazione dalle architetture tipiche del genere. Regole dettate dalla signora assoluto del giallo e che, per l’occasione, vengono enunciate da un’appassionata studentessa del corso di Letteratura tenuto dal nuovo e immacolato professor Moore. Ecco, dunque, che ci troviamo di fronte alla prima vittima, posizionata in modo strategico per incastrare o portare all’interno di un gioco perverso il personaggio ambiguo per eccellenza. Una caratteristica, però, che lo rende perfetto per svelare tutto l’arcano. D’altronde, chi meglio di un uomo con la propensione del killer può smascherarne un altro?
A rendere il tutto più interessante, poi, c’è anche la fragilità di questo improvvisato detective, rappresentata da un passato che, in qualsiasi momento, può ritorcersi contro di lui. In un intreccio del genere, dunque, Joe veste i panni di un Poirot realmente atipico. In questo caso, infatti, le famose “celluline grigie” del detective belga potrebbero mostrare degli effetti secondari inaspettati se applicate a una personalità tendenzialmente disturbata. Nonostante questo, però, perdere il controllo non sarebbe produttivo all’evoluzione della vicenda. Almeno non in questo momento, visto la crescita esponenziale delle vittime. Tutte rintracciabili nella stessa cerchia di “amici”.
Così, seguendo alcune tracce, Joe impara a gestire i segreti di questo genere letterario che non ama particolarmente, ma di cui si trova ad essere protagonista. Ovviamente tutti questi aspetti vengono sublimati in un quinto episodio momentaneamente risolutivo. Perché se è vero che il nome del killer viene svelato allo spettatore grazie all’esclusiva frequentazione dei pensieri di Joe, tutt’altra questione è fermarlo. Un passo successivo che, forse, avverrà attraverso un altro cambio di genere narrativo. Per scoprirlo, però, dobbiamo saper attendere.
La recensione in breve
La quarta stagione riesce a spezzare il ritmo della narrazione sostenuta fino a questo momento, portando il protagonista e gli spettatori verso un terreno nuovo. Così, inserendolo all'interno della struttura di un classico giallo, gli viene affidato il nuovo ruolo di detective per smascherare un responsabile che, per la prima volta, non è lui. In questo modo, però, non può continuare a sfuggire dalla parte più ambigua di sé. Anzi, a questa deve fare riferimento per cercare di anticipare le mosse dell'altro, mantenendo sotto controllo i suoi stessi eccessi. In un gioco di delicati equilibri e tensioni personali, la mente di questo personaggio continua ad essere il centro di una narrazione che non delude.
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