La serie: Yu Yu Hakusho, del 2023 Creata da: Akira Moriie e Kazutaka Sakamoto. Cast: Takumi Kitamura, Kotone Furukawa, Shuhei Uesugi, Sei Shiraishi. Genere: Action, avventura. Durata: 50 minuti/5 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in anteprima stampa.
Trama: Yusuke Urameshi, duro dal cuore d’oro, dopo essere morto in un incidente viene riportato in vita per diventare un detective del mondo degli spiriti, incaricato di trovare e sconfiggere i demoni arrivati nel mondo umano.
Il 2023 è senza dubbio l’anno degli shōnen manga su Netflix: dopo il fortunatissimo adattamento di One Piece (tra i prodotti seriali ad oggi più visti di sempre in piattaforma), arriva la trasposizione di un’altra opera a fumetti particolarmente amata sia in patria come nel resto del mondo, Yu degli spettri. Come vedremo in questa recensione di Yu Yu Hakusho, la serie creata da Akira Moriie e Kazutaka Sakamoto prende il via dallo stesso presupposto di One Piece, ossia adattare il manga il più possibile senza snaturarlo: se questo nello show basato sul manga di Eiichirō Oda funzionava anche grazie all’ambientazione estremamente fantastica della storia, in questa nuova trasposizione non tutto convince. Yu Yu Hakusho prende il via in un contesto urbano, e l’irrompere del sovrannaturale nel realistico tende a tratti a stonare (che è l’impressione che abbiamo avuto tante per altre trasposizioni sul piccolo schermo di opere a fumetti).
La trama è comunque particolarmente interessante e mette insieme tutti gli elementi più tipici di questo genere di storie: il viaggio di formazione di un eroe prescelto che, un combattimento dopo l’altro, diventerà sempre più forte e scoprirà lati di se stesso assolutamente inaspettati. Costruendo, lungo la via, solide amicizie.
La trama: Yusuke degli spettri
Yusuke Urameshi (Takumi Kitamura) è il tipico duro dal cuore d’oro: non ha rispetto per le autorità e non segue mai le regole, va male a scuola (quando si degna di andarci) e adora fare a botte, ma ha anche un fortissimo senso della giustizia. Non sopporta i bulli e, anche se non gli viene riconosciuto, è sempre pronto a difendere i più deboli. Il momento per dimostrare il suo vero valore arriva quando si sacrificherà per salvare un bambino da un veicolo impazzito: Botan (Kotone Furukawa), traghettatrice di anime con l’aspetto di una bella ragazza dai capelli azzurri, lo porterà al cospetto del piccolo Enma, il figlio del Re degli Spiriti, che vuole riportarlo in vita, affidandogli l’incarico di detective del mondo degli spiriti. La strana divinità gli spiega che l’equilibro tra mondo umano e mondo demoniaco è in pericolo, sempre più creature malvagie stanno infatti attraversando la barriera che li divide: il compito di Yusuke sarà quello di trovare – e sconfiggere – i demoni sfuggiti al controllo. Yusuke, che inizialmente non voleva accettare l’incarico, decide di intraprendere l’impresa dopo aver visto quanto sua madre, la migliore amica Keiko (Sei Shiraishi) e l’amico/rivale Kuwabara (Shuhei Uesugi) sono sconvolti dalla sua morte.
Il ragazzo, fin da subito, si troverà ad affrontare gli attacchi dei demoni, anche se alcuni di loro sembrano non essere del tutto malvagi, capaci di sentimenti come amore e compassione. Qualcuno sta però tramando nell’ombra per rompere definitivamente i confini tra i mondi e Yusuke, ora capace di focalizzare l’energia spirituale in raggi potentissimi, dovrà superare prove sempre più difficili e mortali…
Lost in Translation
Come vi accennavamo, l’intenzione da cui prende via questo adattamento è quella di salvaguardare il più possibile l’anima del fumetto originale, ricostruendone in toto le atmosfere (non preoccupandosi, quindi, di sfociare a tratti nel grottesco e “cartoonesco”). In particolare viene rispettata il più possibile l’estetica del manga: i personaggi si muovono in un mondo senza smartphone e con limitata tecnologia (il manga è del 1990), indossando vestiti dallo spiccato taglio anni Ottanta e muovendosi nelle strade di una Tokyo che sembra appartenere ad un altro tempo. Questo mix un po’ particolare funziona piuttosto bene, e crea una realtà unica in cui mescolare realistico e fantastico.
Se le atmosfere sono fedeli a quelle del manga originale la trama, pur partendo dalle medesime premesse, strada facendo vi si distacca: questo, a nostro parere, questo può essere funzionale al passaggio tra media, dalla carta stampata al piccolo schermo, ma finisce per accelerare troppo quello che nel manga accadeva con tempi più dilatati. L’addestramento con la maestra Genkai, ad esempio, che nel maga si protraeva per ben sei mesi, qui sembra svolgersi in un paio di giorni: questo finisce per rendere meno convincente il “viaggio” di formazione di Yusuke, lo svilupparsi del rapporto con Kuwabara e, in senso più generale, il suo percorso di rinascita e di adattamento al nuovo ruolo di detective del mondo degli spiriti.
Demoni, spiriti e magiche creature
La trama, quindi, zoppica un po’ per la troppa fretta con cui certi momenti vengono trasposti; detto questo, però, Yu Yu Hakusho è comunque un’opera coinvolgente ed intrigante: le avventure di Yusuke e dei suoi amici (con il tempo si creano delle dinamiche di gruppo davvero interessanti che ricordano quelle di One Piece o di altri capolavori del fumetto, come ad esempio Dragon Ball), trascinano lo spettatore in un mondo fantastico estremamente stratificato. La dimensione umana, quella degli spiriti e quella demoniaca si intrecciano, creando così il giusto contesto per portare in scena un “bestiario” variegatissimo, fatto di creature magiche appartenenti al folklore giapponese, capaci di affascinare gli spettatori di tutto il mondo.
La recensione in breve
Yu Yu Hakusho è una serie che rende onore alle atmosfere del manga originale ma inciampa in un ritmo troppo veloce e in momenti che sfociano nel grottesco.
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