Lo abbiamo anticipato al momento del debutto con la nostra recensione, ma ora possiamo confermarlo senza tema di smentita: con la prima stagione di Silo, Apple Tv+ è tornata a colpire nel segno, e ci ha proposto l’ennesima serie di qualità molto elevata.
Adattando fedelmente la trilogia letteraria nata dalla penna di Hugh Howey, Silo ci ha proiettati in un futuro sinistro, nel quale l’umanità ha perso ogni traccia del proprio passato e vive in una gigantesca struttura sotterranea – il silo, per l’appunto – gerarchicamente articolata su centinaia di livelli, senza sapere cosa ci sia davvero là fuori.
La versione ufficiale afferma che la superficie terrestre è contaminata e inabitabile, ma c’è chi invece sostiene che si tratti di una menzogna inventata ad arte dalle autorità.
Partendo dalle sinistre scoperte di George Wilkins, dello sceriffo Holston e di sua moglie Allison, la serie segue le peripezie della protagonista Juliette Nichols (Rebecca Ferguson) conducendoci a dipanare una matassa di enigmi, misteri e complotti che permettono al governo totalitario del silo di conservare il potere sugli oltre 10.000 abitanti che vivono nei vari livelli della struttura.
Con il decimo episodio, però, non tutto viene risolto, e l’epilogo finisce anzi per suscitare ancor più domande di quante non ne avessimo prima: fortunatamente, però, Apple Tv+ ha già rinnovato Silo per una seconda stagione, garantendoci che la narrazione proseguirà ulteriormente e che tutti i nostri interrogativi troveranno un’adeguata risposta.
Nell’attesa, però, facciamo il punto su quel che abbiamo scoperto con la nostra spiegazione del finale della prima stagione di Silo.
Perché tutti questi divieti sul nastro adesivo?
Fin dall’inizio delle sue disavventure, la protagonista ha dovuto fare i conti con l’infamante accusa di aver rubato delle scorte di nastro adesivo per effettuare delle manutenzioni nei piani bassi.
Un “crimine” la cui gravità risulta tutto sommato incomprensibile, anche in un sistema particolarmente repressivo e autoritario come quello del silo.
Nell’ultima puntata Juliette Nichols scopre il vero segreto del nastro adesivo, e questo le salva la vita: a quanto pare ai piani bassi del silo, dove i tecnici dei ricambi lavorano alla manutenzione del gigantesco generatore di corrente, è disponibile un nastro adesivo molto più resistente di quello dei livelli superiori.
Senza un nastro adesivo adeguato, infatti, l’area ricambi non potrebbe effettuare le sue preziose riparazioni (ne abbiamo avuto un esempio nella terza puntata) e mantenere in funzionamento l’intera struttura.
Ma come mai ai piani superiori, assai più ricchi e benestanti dei piani bassi, non è disponibile un nastro della medesima qualità?
Ancora una volta, come nel caso dell’assenza di ascensori, è tutta questione di manipolazione e controllo della società: ai piani alti le strisce adesive vengono utilizzate soprattutto per sigillare le tute di quanti si recano – per scelta o per costrizione – nel mondo esterno a pulire la telecamera.
Con un nastro poco adeguato, tutti coloro che si recano fuori dal portello muoiono a causa della contaminazione atmosferica, dal momento che la tuta non è sufficientemente isolata.
Grazie al sostegno dei tecnici dell’area manutenzioni, Juliette riesce invece a far sigillare la propria tuta con il nastro dei bassifondi, dimostrando così a tutti gli abitanti del silo come un mezzo per sopravvivere in superficie effettivamente esista, e sia stato tenuto nascosto per anni da chi – come il sindaco Bernard Holland – governa la struttura.
Ma com’è davvero il mondo là fuori?
Fin dalle prime due puntate la serie ci ha indotti a credere che là fuori esistesse un mondo verdeggiante e rigoglioso, e che la manipolazione perpetrata da chi governa il silo consistesse nell’alterare le immagini trasmesse dalla telecamera situata sul portello di uscita.
Beh… a quanto pare non è così. Anzi, la telecamera non fa che trasmettere il reale stato delle cose. La superficie del nostro pianeta è effettivamente ridotta a una sterile desolazione post-apocalittica, e l’atmosfera è davvero contaminata dalle radiazioni o da qualche tossica sostanza sconosciuta.
Qualcuno, però, ha realizzato un sofisticato ologramma che trasmette a chiunque esca dal silo l’impressione di trovarsi in un autentico paradiso.
Perché prendersi la briga di realizzare un simile inganno? Ancora non conosciamo le vere motivazioni di chi ha creato l’illusione, ma possiamo già formulare alcune ipotesi.
Forse la proiezione serve a indurre coloro che si recano all’esterno a respirare a pieni polmoni, o persino a levarsi il casco, così da accelerarne la morte.
Decesso causato, lo ribadiamo, dal cattivo funzionamento del nastro isolante, che lascia traspirare l’aria dall’esterno all’interno della tuta.
Ci sono decine di altri silo?
Ma se il pianeta è davvero deserto e contaminato, perché ricorrere a tutte queste manipolazioni della realtà? Cosa c’è da nascondere oltre la collina?
Non si tratta certo di un mondo verdeggiante e abitabile come credevano i nostri protagonisti, bensì di un segreto assai più inquietante.
A quanto pare, l’ologramma serve anche a impedire a quanti si recano all’esterno di scorgere la realtà da un’angolazione differente rispetto a quella trasmessa dalla telecamera.
Intorno al silo, al di là dell’altura che segna il limitare dell’orizzonte, ci sono decine di altri avvallamenti circolari della medesima dimensione, al centro dei quali ci sono i portelli di molti altri silo.
È davvero possibile che, dopo il crollo della civiltà in superficie, l’umanità si sia rinchiusa in tanti silo isolati, formando piccole comunità indipendenti convinte di essere gli ultimi superstiti della loro specie?
La scena finale potrebbe anche spiegare perché, nei piani bassi, esiste un passaggio che si sviluppa in orizzontale: forse il portone trovato da Juliette è un passaggio clandestino che consente di accedere a un altro silo.
Ad ora il sindaco Bernard Holland sembra essere il solo a conoscere la verità, mentre i giudiziali guidati da Robert Sims sono del tutto all’oscuro.
Pulire o non pulire? Questo è il dilemma
Proviamo ora a soffermarci un po’ di più sull’amletica scelta tra pulire o meno lo schermo della telecamera. Quel che sappiamo è che, nel caso di Juliette, per la prima volta nella storia del silo qualcuno si è recato fuori e non ha lucidato l’occhio del proiettore.
La scelta ha suscitato un boato da parte dell’intera comunità, e poco dopo è giunta la rivelazione che si può sopravvivere oltre i confini della collina.
Ora nei bassifondi del silo inizieranno a spirare venti di rivolta? È senz’altro plausibile.
Quel che è certo è che tutti gli altri pulivano lo schermo perché, ingannati dall’ologramma, cercavano di far vedere a chi sta dentro cosa ci fosse là fuori.
Secondo la falsa retorica del regime, invece, lo facevano perché intendevano ricordare alla collettività che il mondo è ancora inabitabile, e non è ancora giunta l’ora di uscire.
A quanto pare, Silo vuol spiegarci l’importanza dei simboli e dei gesti politici. Poco importa che chi pulisce lo faccia per i motivi di cui parla il governo, o per svelare a chi sta dentro una verità nascosta.
L’unica maniera per cambiare davvero le carte in tavola è agire, spezzare la tradizione e smettere di fare quel che si è sempre fatto.
Juliette è una vera rivoluzionaria perché si rifiuta di pulire: non perché la realtà sia diversa da quel che appare, bensì perché osa contraddire una tradizione che si è perpetuata per oltre duecento anni.
La grande domanda irrisolta
Durante i concitati inseguimenti delle ultime due puntate possiamo dire di aver intuito come mai il Patto che sta alla base del governo del silo proibisca la costruzione di ascensori.
Costringendo l’umanità a utilizzare esclusivamente le scale a spirale, lo spostamento dei singoli e delle masse può essere facilmente monitorato e bloccato dai “cani da guardia” del regime, i Giudiziali.
Così facendo, ogni cosa può essere agevolmente controllata da una sala di comando: non a caso, per sfuggire ai suoi inseguitori, Juliette utilizza il condotto dei rifiuti, che è l’unica cosa che assomiglia vagamente a un ascensore.
Resta però una grande domanda priva di risposta: perché, oltre agli ascensori, nel silo sono vietati i dispositivi di ingrandimento?
Si tratta di una semplice forma di oscurantismo antiscientifico, o c’è qualche altro segreto che si annida nell’ombra?