Dopo le prime due stagioni di The Witcher e l’ottimo film d’animazione Nightmare of the Wolf, su Netflix la celebre saga fantasy tratta dai libri di Andrzej Sapkowski si è appena ulteriormente accresciuta con l’arrivo della miniserie prequel The Witcher: Blood Origin.
Articolata in quattro episodi e ambientata circa 1.200 anni prima delle avventure del Geralt di Rivia di Henry Cavill, Blood Origin ci propone un’avventura autoconclusiva, dedicata alla creazione del primo Witcher e alla mitica congiunzione delle sfere che ha dato origine al mondo in cui si svolge l’intera saga.
Malgrado nel corso delle quattro puntate ben poco abbia funzionato a dovere (qui la nostra recensione), la serie tv ha comunque il merito di proporci quantomeno un finale aperto e suggestivo, con vari spunti narrativi destinati a influenzare le sorti della serie principale.
A beneficio di chi non ricorda ogni minimo dettaglio della saga, o semplicemente ha bisogno di un ripasso, facciamo il punto con la nostra spiegazione del finale di The Witcher: Blood Origin.
Avallac’h e la scena dopo i titoli di coda
Nella breve sequenza dopo i titoli di coda, scopriamo che il geniale mago di palazzo Avallac’h è sopravvissuto alla congiunzione delle sfere, e sta ora spiando furtivamente una bambina intenta a giocare con altri coetanei.
La sequenza è molto familiare, perché proviene direttamente dal settimo episodio della prima stagione della serie madre, The Witcher: la bimba non è altri che Ciri, travestitasi da popolana per sfuggire momentaneamente alla vita di palazzo.
Nella stessa posizione dove ora si cela Avallac’h, nella prima stagione si era nascosto anche Geralt, intento a vegliare silenziosamente sulla Bambina Sorpresa.
Come possiamo facilmente constatare, non soltanto Avallac’h non è invecchiato di un giorno, ma indossa pure i medesimi abiti.
Poco prima che andasse in scena la resa dei conti nella stanza del trono, del resto, era stato lo stesso mago ad annunciare all’imperatrice Merwyn di aver compiuto una rivoluzionaria scoperta sul funzionamento dei monoliti: “Se ho ragione, non solo potremo spostarci tra i mondi, ma potremo anche viaggiare attraverso il tempo”.
Il suo evidente interesse per Ciri è chiaramente legato all’enorme potenziale magico della bambina, nelle cui vene scorre il potentissimo Sangue Antico.
Avallac’h farà dunque ritorno in The Witcher 3? La scena post credit sembra suggerirlo piuttosto chiaramente.
Una conferma ulteriore giunge anche dai libri di Sapkowski e dal terzo capitolo dei videogame: il mago elfico Avallac’h, mosso da motivazioni che non sveleremo, incontra Geralt e Ciri nel quarto e nel quinto libro del ciclo principale, e fa ritorno nel videogioco The Witcher: Wild Hunt.
Ancora una volta, però, l’adattamento Netflix si discosta bruscamente dal materiale di partenza: qui, infatti, Avallac’h non giunge da un lontano passato attraverso un viaggio nel tempo, bensì da un mondo parallelo, dove gli elfi hanno preso il comando sotto la guida di re Oberon.
La profezia apocalittica di Ithlinne
La giovane figlia epilettica della locandiera vista nel primo e nell’ultimo episodio si chiama Ithlinne, e ha il dono della profezia.
Come sappiamo dalla seconda stagione di The Witcher, la ragazza è destinata a diventare la più importante guaritrice e profetessa della storia del popolo elfico.
Quando tutto sembra essere ormai finito, Ithlinne afferra il braccio di Éile, cade in trance un’ultima volta e pronuncia una nuova profezia: “Il tempo delle sfere è giunto. Aen Seidhe persi nei cieli, alla deriva nel tempo, sempre alla ricerca dell’amore perduto e lasciato indietro. Il seme dell’Allodola porterà la prima nota di una canzone che porrà fine a ogni tempo, e qualcuno con il suo sangue ne canterà l’ultima”.
Al termine del vaticinio, il lungo flashback rappresentato dall’intera miniserie si interrompe.
L’ambientazione torna al presente, e scopriamo che è proprio questa la profezia che Ranuncolo dovrà riferire ai suoi compagni di avventura.
Gli “Aen Seidhe” di cui parla Ithlinne sono gli elfi: a quanto pare, dopo il recente cataclisma spazio-temporale, una parte della loro stirpe si trova ora “persa nei cieli”, confinata in un mondo parallelo dove, se le cose andranno come nei libri, nascerà una nuova civiltà, che prenderà il nome di Aen Elle.
L’elfo perso nel tempo, invece, è chiaramente il mago Avallac’h.
Il “seme dell’Allodola” è il figlio di Éile e Fjall, un bambino “con un sangue unico, metà bestiale e metà magico”: si tratta del leggendario Sangue Antico, una rara mutazione genetica che, con il passare delle generazioni, giungerà fino a Ciri, discendente dei due amanti.
A quanto pare, la giovane prescelta che viaggia al fianco di Geralt è destinata a causare l’apocalisse, o, per dirla con il linguaggio della saga, il Bianco Gelo, che porrà fine a ogni cosa.
La congiunzione delle sfere
Anche l’universo di Witcher, così come quelli fumettistici di marca Marvel e DC, è in realtà un multiverso formato da infinite dimensioni parallele.
Il cataclisma innescato dalla distruzione del monolite di Xin’trea è la leggendaria “congiunzione delle sfere”, più volte citata nei libri e nei videogiochi ma finora mai raccontata esplicitamente.
Con l’incidente spazio-temporale causato dalla lotta senza quartiere contro il mago Balor, vari universi paralleli finiscono per collidere, e scambiarsi i propri abitanti: è così che sul Continente fanno il loro arrivo gli umani, mentre dal “mondo arido” giungono i mostri, che vediamo raffigurati per la prima volta in una bacheca di paese.
La bacheca, peraltro, è perfettamente analoga a quelle che Geralt è solito consultare nei videogame per stipulare nuovi contratti di lavoro.
Secondo la leggenda, la congiunzione delle sfere è soltanto la seconda intrusione cosmica nella storia del Continente: in origine, la terra era abitata soltanto da nani e folletti, e gli elfi hanno fatto il loro arrivo allo stesso modo degli umani, anche se con molti millenni di anticipo.
Ogni volta, i nuovi arrivati hanno sottomesso con la forza i loro predecessori: è accaduto ai nani, sconfitti dagli elfi ed emarginati a vivere sotto terra, e in futuro succederà anche ali elfi, come ben sappiamo dalle prime due stagioni di The Witcher.
La sorte di Eredin
L’ambizioso e spregiudicato capitano elfo Eredin Bréacc Glas è il comandante delle guardie di palazzo del regno di Xin’trea: inizialmente al servizio di re Alvitir, sceglie di tradirlo per propiziare l’ascesa al trono dell’imperatrice Merwyn, rimanendo però apertamente fedele soltanto al mago Balor, vero capofila della congiura.
Con il passare degli episodi, però, Eredin finirà invece per cambiare fazione ancora una volta e giurare fedeltà alla giovane imperatrice, voltando le spalle a Balor.
Durante la prima spedizione in un altro pianeta del multiverso, il “mondo arido”, Balor riuscirà però a sfuggire alla morsa delle guardie di Eredin dopo aver compiuto un terribile sacrificio umano.
“Ti ho dato tutto quello che volevi, e mi hai tradito comunque: ovunque sia, ti auguro di bruciare per l’eternità” affermerà il mago, prima di scaraventare Eredin e le sue guardie in un portale del Caos che conduce in un’altra dimensione.
Fine della storia? Assolutamente no. Dopo aver attraversato il portale, Eredin si trasformerà nel leggendario Re della Caccia Selvaggia, e insieme ai suoi compagni di sventura inizierà a vagare senza pace per il multiverso.
Per acquisire il pieno dominio sui monoliti e sul portali interdimensionali, però, dovrà anche lui cercare di mettere le mani sulla giovane Ciri.
Al termine della seconda stagione di The Witcher ci ha già provato una prima volta, ma ha tutta l’intenzione di riprovarci.
Espressamente ispirata al corteo celeste dei morti della mitologia norrena e ai quattro cavalieri dell’Apocalisse di Giovanni, la Caccia Selvaggia è una delle entità più letali e formidabili dell’universo di The Witcher, ed Eredin è il suo supremo comandante.