La serie: Slow Horse 2, del 2022 Creata da: Will Smith. Cast: Gary Oldman, Jack Lowden, Olivia Cooke. Genere: Spionaggio, thriller. Durata: 45 minuti ca./6 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Apple Tv+.
Trama: L’ex spia britannica Richard Bough viene ritrovata morta. Per tutti è un semplice infarto, ma Jackson Lamb non ci crede, e si mette sulle tracce del famigerato progetto “cicale”, risalente ai tempi della guerra fredda. Ci sono davvero delle cellule dormienti russe infiltrate su suolo britannico? Chi ha deciso di riattivarle? Ma soprattutto, quei buoni a nulla degli agenti del Pantano riusciranno a non rovinare tutto come sempre?
Qualche settimana fa, Gary Oldman ha annunciato la sua intenzione di abbandonare il mondo della recitazione.
Con ogni probabilità, la serie spionistica Slow Horses di Apple Tv+, tratta dagli avvincenti romanzi di Mick Herron, sarà quindi l’ultima volta che vedremo sullo schermo il pluripremiato attore britannico, già star di Dracula, Leon, Il Quinto Elemento, Il Cavaliere Oscuro e L’ora più buia.
Anche se ci restano almeno altri due cicli di puntate prima dell’addio definitivo, non possiamo che provare fin d’ora un po’ di nostalgia di fronte al ritorno di Slow Horses.
L’attesa per la seconda stagione della serie Apple Plus, tuttavia, non si limitava soltanto sulla monumentale performance dell’attore britannico.
Dopo il successo della prima stagione, la sfida per lo showrunner Will Smith – omonimo dell’attore americano! – consisteva nel mantenere alto il livello della narrazione, continuare a proporre un’alternativa realistica alle imprese di James Bond, e rispecchiare le nuove tendenze dell’attualità.
In gioco c’erano il futuro del genere spy thriller e l’eredità di due pietre miliari del piccolo schermo quali Homeland e The Americans.
Scopriamo com’è andata con la nostra recensione della seconda stagione di Slow Horses.
La trama: una morte a Soho e l’ombra della guerra fredda
Un anziano negoziante di Soho avvista fuori dalla sua attività un uomo che crede di riconoscere, lo pedina, lo segue fino alla stazione, e poi, improvvisamente, muore d’infarto sul sedile di un bus dopo aver lasciato un appunto sul suo cellulare.
Il suo nome era Richard Bough, e in passato era stato un’importante spia britannica. Per Regent’s Park e la direttrice Taverner, l’episodio è “esattamente ciò che sembra: la morte annunciata di un vecchio ubriacone“.
Per il trasandato, sporco e arrogante Jackson Lamb, invece, Bough è stato assassinato, e dietro le quinte c’è il famigerato “Progetto Cicale”, che il resto dell’intelligence inglese ha ormai da tempo derubricato al rango di una leggenda metropolitana.
Secondo alcune fonti mai confermate, nella società inglese sarebbero stati infiltrati alcuni agenti sovietici del KGB, e le cellule dormienti sarebbero sopravvissute anche alla caduta del muro: a tirare le fila ci sarebbe stato Alexander Popov, un fantomatico burattinaio dal volto sconosciuto.
Nel frattempo, il giovane e presuntuoso collaboratore della Taverner, James Webb, offre un incarico a Min e Louisa: i due “ronzini” dovranno occuparsi della sicurezza di un incontro tra l’intelligence britannica e Arkady Pashkin, braccio destro dell’oligarca russo in esilio Ilya Nevsky.
L’eroe della scorsa stagione, River Cartwright, invece, non ha perso le speranze di sfuggire al dispotismo di Lamb e alla Casa del Pantano per diventare un vero agente: la sua strada, però, non può passare per i colloqui di lavoro, se non altro perché anche nel settore dell’intelligence privata tutti conoscono la cattiva fama dei “ronzini”.
E così, l’unica speranza consisterà nel buttarsi a capofitto sulla pista dell’omicidio Bough, nella speranza di ottenere un incarico serio da Lamb…
Gary Oldman è superlativo…
Se possibile, nel secondo ciclo di episodi il Jackson Lamb di Gary Oldman è ancor più memorabile e iconico di quanto visto nella prima stagione.
Brutto, sporco e – almeno in apparenza – pure cattivo, il “vecchio trombone” che dirige le spie fallite della Casa del Pantano è tanto snervante quanto adorabile. Al di là della coltre di degrado e trasandatezza si cela una mente formidabile, capace di scrutare anche attraverso la decennale cortina di fumo sollevata dai servizi segreti russi.
In mancanza di un aggettivo più adeguato, la performance di Oldman è semplicemente formidabile: il magnetico Lamb domina la scena e cattura l’attenzione ogni volta che compare sullo schermo, e il suo sarcasmo tagliente e politicamente scorretto conferisce allo spy thriller un sapore davvero unico.
È evidente come l’attore inglese sia incredibilmente a suo agio nei panni del protagonista dei romanzi di Herron, e si diverta a dar vita a un personaggio che rappresenta la perfetta antitesi del James Bond cinematografico.
… ma anche il resto del cast non è da meno
Celebrare soltanto la superlativa performance di Oldman, tuttavia, non farebbe giustizia all’ottima prova corale del cast di Slow Horses che, in questa seconda stagione, raccoglie i frutti del lavoro di introduzione e costruzione fatto l’anno scorso e ci propone dinamiche sempre più vivaci e coinvolgenti.Dopo la piacevole scoperta della prima stagione, per Jack Lowden è il tempo della consacrazione: se al suo River manca il carisma per potersi affermare come una spia di successo, lo stesso di certo non può dirsi per il suo interprete, che riesce a dare vita in maniera efficace e coinvolgente a un personaggio tanto talentuoso quanto insicuro.
Altrettanto iconico è l’odioso hacker Roddy Ho di Christopher Chung, che non perde occasione per risultare spiacevole e fastidioso ai suoi compagni, senza dimenticare l’ottima chimica del duo formato da Rosalind Eleazar e Dustin Demri-Burns, che interpreta la coppia Min-Louise.
Semplicemente impeccabile è la performance di Kristin Scott Thomas, che riveste i panni dell’algida e imperscrutabile Diana Taverner, e pure il debutto delle new entry Aimee-Ffion Edwards e Kadiff Kirwan colpisce nel segno fin dai primi episodi.
La lista potrebbe proseguire ancora, e dovrebbe sicuramente includere anche le brevi apparizioni di Jonathan Pryce nei panni del misterioso e compassato nonno di River, ma ci limitiamo qui a constatare come il successo della nuova stagione sia frutto di un fenomenale lavoro di squadra.
Un intreccio realistico, conciso ed emozionante
Con le sue stagioni articolate in soli sei episodi, Slow Horses va dritto al punto, senza mai perdersi in inutili sottotrame.
In questo secondo ciclo di puntate, che prende le mosse dall’ottimo romanzo Dead Lions di Mick Herron, la serie risulta ancor più avvincente e solida dell’anno scorso: il mistero la fa da padrone, e la direzione creativa di Will Smith riesce a tenerci sempre in sospeso, senza mai far calare l’attenzione.
Lo spettatore è avvertito: qui non si gioca con roboanti effetti speciali, esplosioni e scene d’azione, come troppo spesso accade sul grande schermo, bensì con il profondo realismo e la tensione narrativa di un racconto che fa del realismo più profondo il suo marchio di fabbrica.
La posta in gioco si innalza, e per un’incredibile concomitanza di eventi (il romanzo risale al 2013, e le riprese sono iniziate nel 2021) l’attualità è incredibilmente vicina, dal momento che la minaccia proviene dalla Russia, e si respira aria di una nuova guerra fredda.
Il narratore, però, non è “fortunato”, ma abile: proprio come nel caso dei movimenti sovranisti di estrema destra visti nella prima stagione, la scelta degli antagonisti riflette uno studio meticoloso dello scenario geopolitico contemporaneo, e finisce per precorrere gli eventi, proprio come avveniva in Homeland, di cui Slow Horses può a pieno titolo dirsi erede.
Rispetto al suo predecessore americano, tuttavia, Slow Horses vanta dalla sua anche una verve ben più frizzante, che ha nel british humour un’arma in più per mantenere gli spettatori incollati al televisore.
Senza timore di esagerare, possiamo definire Slow Horses un instant classic dello spionaggio: la sua seconda stagione non si limita a mantenere le ottime promesse ma va anche oltre, confermandoci come ormai, tra il linguaggio seriale e quello del grande cinema, non esista più alcun divario qualitativo.
La recensione in breve
La seconda stagione di Slow Horses non tradisce le attese, e ci propone una spy story avvincente, sapientemente congegnata e sorprendentemente attuale, arricchita da un cast di spessore e da una prova monumentale dell'inossidabile Gary Oldman.
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Voto CinemaSerieTV