La serie: Avatar – La leggenda di Aang, 2024. Creata da: Albert Kim. Cast: Gordon Cormier, Kiawentiio, Ian Ousley, Dallas Liu, Paul Sun-Hyung Lee. Genere: Azione, avventura, fantastico, drammatico. Durata: 1 ora circa/8 episodi. Dove l’abbiamo visto: su Netflix in lingua originale.
Trama: La nazione del fuoco è assetata di potere, e parte alla conquista delle altre nazioni. Il nuovo Avatar, il dominatore dell’aria Aang, scompare nel nulla per 100 anni, lasciando il mondo in balia di fuoco e distruzione. Quando finalmente verrà trovato e farà ritorno, dovrà imparare in fretta a governare i suoi incredibili poteri…
Il franchise di Avatar, in italiano conosciuto con il sottotitolo de La leggenda di Aang, ha radunato negli anni un pubblico di veri appassionati. Se la serie nata dalla mente di Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko e trasmessa per la prima volta nel 2005 è considerata un piccolo gioiello di animazione, il film che vi si è ispirato diretto da M. Night Shyamalan è invece conosciuto come uno degli adattamenti più fallimentari della Storia del cinema, una vera delusione per i fan che speravano di ritrovare nel live action tutto ciò che avevano amato dell’originale. Vista la vastità e complessità dell’universo di Avatar una trasposizione non è semplice, ma certamente gli spazi della serialità, rispetto a quelli del lungometraggio, sono quelli più adatti: è Netflix, in collaborazione con Nickelodeon, a riprovarci e a portare nel suo catalogo una nuova versione della storia.
Se inizialmente gli show runner dovevano essere gli stessi DiMartino e Konietzko, per divergenze creative ad occuparsi della serie è Albert Kim, e fin da subito la sensazione è quella di un’occasione mancata. Non sappiamo se DiMartino e Konietzko avrebbero fatto un lavoro migliore, ma quello che lo spettatore si trova davanti è un operazione riuscita solo in parte: le atmosfere del cartone animato originale ci sono, ma come vedremo in questa recensione di Avatar – La leggenda di Aang manca la profondità narrativa per rendere onore alla complessità di questo universo e alle tematiche che permeavano l’opera. La serie Netflix, che con i suoi otto episodi copre la prima stagione dello show animato, vorrebbe attrarre un pubblico vasto, multigenerazionale, finisce per essere adatta solo ad un target molto giovane, tra storyline poco sviluppate, personaggi non particolarmente approfonditi e dialoghi artificiosi e un po’ didascalici. Difficile convincere lo spettatore più scafato, abituato ad opere di un diverso spessore, come invece hanno fatto altre serie sulla carta per giovani e giovanissimi ma adatte anche agli adulti, ad esempio la recente Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo (come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione).
L’ultimo dominatore dell’aria
Il protagonista di questa storia è Aang (Gordon Cormier), un giovane dominatore dell’aria. Il ragazzo dodicenne vive insieme ai nomadi dell’aria nel tempio meridinale, ma venti di pericolo si avvicinano per sconvolgere la sua vita tranquilla: la nazione del fuoco guidata da Lord Sozin (Hiro Kanagawa) vuole il potere sulle altre tre nazioni e per farlo sa che deve colpire prima che il prossimo Avatar si manifesti. L’Avatar è infatti l’unico in grado di governare da i quattro elementi insieme, ed è destinato a portare nel mondo pace ed equilibrio. Un ruolo così complesso e importante ricade proprio sulle spalle del nostro Aang che, non sentendosi ancora pronto, lascia il tempio per schiarirsi le idee insieme al suo bisonte volante Appa. Lontano da casa Aang verrà sorpreso da una tempesta e non si renderà conto che proprio in quel momento i guerrieri della nazione del fuoco stanno spazzando via il tempio dei nomadi e tutti i suoi abitanti. Mentre tutto ciò che ama viene distrutto Aang rischia di affogare in un mare tumultuoso, solo grazie ai suoi poteri da Avatar può salvarsi, rinchiudendosi da solo in una sfera di ghiaccio.
Da questi tragici eventi passano cento anni, un secolo in cui la nazione del fuoco ha quasi preso il totale controllo del mondo, annichilendo le altre nazioni e riducendo sempre di più ogni tipo di opposizione. Sarà Katara (Kiawentiio), l’unica dominatrice dell’acqua della sua tribù, insieme al fratello Sokka (Ian Ousley), a risvegliare casualmente Aang, rimasto congelato poco vicino al loro villaggio. I tre, dopo alcune difficoltà iniziali, decideranno di partire insieme al ritrovato Appa per un pericoloso viaggio: Aang dovrà imparare a governare i suoi poteri, fomentando la scintilla della ribellione nelle nazioni sottomesse. Non sarà un’impresa facile, alle sue calcagna c’è infatti il principe Zuko (Dallas Liu), figlio esiliato del re della nazione del fuoco, pronto a tutto pur di trovare e far prigioniero l’Avatar.
Uno sviluppo narrativo affrettato
E se vi dicessimo che tutto quello che vi abbiamo accennato sulla trama accade solo nel primo episodio della serie? La sensazione che fin da subito Avatar – La leggenda di Aang ci lascia è quella di un prodotto affrettato, in cui accade tutto troppo in fretta. Le atmosfere, come vi anticipavamo, riprendono quelle della serie originale, tanto quanto le ambientazioni ed i costumi estremamente curati: se la cornice è quella giusta a mancare è però la sostanza in uno show fin da subito in difficoltà nel trasporre la mole del materiale di partenza. Una trama sbrigativa, i dialoghi piuttosto didascalici dei personaggi (i primi due episodi fungono da “spiegone” per l’universo in cui la storia è ambientata), la recitazione non particolarmente matura dei giovani interpreti e, soprattutto, l’incapacità di trattare con il giusto peso i temi portanti della narrazione (Avatar parla di orrori come guerra, genocidio e totalitarismi), fanno di questo adattamento un tentativo fallito di rendere onore ad un’opera dal grande spessore, adatta a tutte le età. La serie Netflix finirà per essere apprezzata esclusivamente da un pubblico giovane, senza ritrovare l’appeal transgenerazionale dell’originale.
Se da una parte l’opera fa l’ottima scelta di affidarsi ad un cast molto eterogeneo (evitando completamente le accuse di whitewhasing a cui invece era andato incontro il film di Shyamalan), i giovani interpreti faticano a veicolare la complessità dei loro personaggi, e la sceneggiatura non fa poi mai quel passo in più per aiutarli a dargli il giusto spessore. I momenti ben riusciti qua e là ci sono, il secondo episodio ad esempio si distingue rispetto agli altri, ma nel complesso non sono sufficienti a determinare il successo dello show, che – pur facendo senza dubbio un miglior lavoro rispetto all’adattamento di Shyamalan – non si avvicina nemmeno lontanamente ai picchi della serie originale.
La recensione in breve
Avatar - La leggenda di Aang è un adattamento poco incisivo che non veicola la profondità tematica dell'originale. Ambientazioni e atmosfere ci sono, ma non bastano a risollevare la serie nel suo complesso.
- Voto CinemaSerieTVs