Il film: Non ci resta che il crimine – La serie, 2023. Regia: Massimiliano Bruno. Cast: Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi, Gianpaolo Morelli. Genere: Commedia. Durata: 60 minuti ca./6 episodi. Dove l’abbiamo visto: Anteprima stampa.
Trama: Giuseppe, Claudio e Moreno sono tornati nel presente e, per un periodo, hanno interrotto i rapporti tra loro. D’altronde le avventura concluse con i diversi salti temporali li hanno messi nella condizione di prendere strade diverse e di realizzare le proprie aspettative. Nonostante questo, però, sono destinati a ritrovarsi per seguire Giuseppe in un altro salto temporale, riportandolo quanto prima indietro con loro.
Questo, infatti, è venuto a conoscenza di un particolare importante della sua vita: da bambino è stato adottato ed ora vuole conoscere a tutti i costi la sua vera madre. Così, armato di solamente di una fotografia, è pronto ad approdare niente meno che nell’Italia degli anni settanta tra movimenti femministi, hippie e problematiche politiche.
Il passaggio dal grande schermo al piccolo non è insolito. Soprattutto per un progetto che ha avuto grande successo di pubblico. Per questo motivo, dopo la trilogia cinematografica sulla sgangherata banda di amici soliti viaggiare tra presente e passato, sia arriva anche alla serie tv. Si tratta, ovviamente, di Non ci resta che il crimine – La serie, in streaming su Now e Sky dal 1 dicembre composta da 6 episodi. Firmato alla regia da Massimiliano Bruno, questo progetto ha richiesto la partecipazione del cast originale. Per questo motivo, dunque, è possibile far affidamento sui personaggi perfettamente incarnati da Marco Giallini, Gianpaolo Morelli e Gian Marco Tognazzi.
Questa volta i quattro sono proiettati direttamente negli anni settanta. Qui, cercando di districarsi tra manifestazioni, movimento femminista e gli hippie, cercano di bloccare il golpe di Borghese che, effettivamente, fallì nel 1970 senza riportare alcuna conseguenza. In questo escamotage politico, però, non si cela alcuna velleità di ricostruzione o critica politica. Il cast ed il regista, infatti, rivendicano una leggerezza assoluta del progetto, ispirandosi a quell’ironica goliardia espressa da Troisi e Benigni in Non ci resta che piangere. Anche in quel caso, però, il salto temporale a Frittole aveva il compito di raccontare qualche cosa d’interessante sulla natura italica, tra una risata e l’altra. Per comprendere meglio, comunque, lo scopo di questo nuovo progetto, cerchiamo di evidenziare gli elementi essenziali nella recensione di di Non ci resta che il crimine – La serie, di cui abbiamo visto il primo episodio in anteprima.
Trama: Comprendere il passato
Giuseppe, Claudio e Moreno, dopo la loro ultima avventura in Francia in tempo di guerra, non si vedono più. Spinti dal grido globale “ridateci la Gioconda”, infatti, hanno riportato a casa il capolavoro di Leonardo da Vinci e, con il denaro accumulato durante i diversi salti temporali, hanno deciso di dare inizio a delle nuove vite.
Nonostante questo, però, nel nome dell’amicizia e dei paradossi, temporali, sono costretti a riunirsi per venire in aiuto di Giuseppe. Questo, infatti, ha scoperto di essere stato adottato ed ha deciso di tornare negli anni settanta per conoscere la madre. Tra le sue mani ha solamente una foto. Mentre a sostenerlo ci sono delle buone intenzioni che, però, potrebbero avere delle conseguenze catastrofiche sulla modifica temporale e dei fatti avvenuti.
Per questo motivo, dunque, Claudio e Moreno lo seguono senza pensare troppo alle conseguenze cui andranno in conto e le inevitabili avventure. Ad accoglierli, infatti, è un’Italia scossa da nuove ondate sociali, mossa dal desiderio e la necessità di liberarsi dai condizionamenti culturali del passato. In sostanza si tratta degli anni settanta con tutti i suoi movimenti studenteschi, i gruppi femministi, le teorie del power flower degli hippie cui fanno da controcanto la politica del terrore con gli attentati interni.
Una realtà, dunque, fortemente divisa tra destra e sinistra all’interno della quale i tre amici s’inseriscono con la loro consueta leggerezza riuscendo, addirittura, a sventare il golpe Borghese, di cui effettivamente la storia registra il fallimento. Quali saranno, a questo punto, i loro passi successivi e come riusciranno a condizionare il presente da cui arrivano e il futuro che li attende? Per avere queste informazioni bisogna attendere lo svolgersi dell’azione nelle prossime puntate.
Gli anni settanta, la storia su cui riflettere
L’elemento essenziale della trasposizione televisiva di questo progetto è, senza alcun dubbio, la scelta di ambientare l’azione nell’Italia degli anni settanta. Nonostante l’atmosfera leggera e lieve che permea l’atmosfera fin dalla prima immagine, infatti, è impossibile non considerare la ricostruzione come un’occasione di riflessione sul nostro presente e futuro. Lo stesso Massimiliano Bruno, infatti, pur dichiarando di aver fatto cadere la scelta del periodo per motivazioni legate strettamente al suo anno di nascita, è consapevole di quanto potenziale riflessivo di vada celando dietro la ricostruzione dell’ambiente sociale e culturale degli anni settanta.
In questo modo, infatti, l’ambientazione diventa il riflesso di una storia di un pericolo che potrebbe riaffacciarsi. In modo particolare si fa riferimento ad una sorta di nichilismo e controcultura che è andata a cancellare gran parte dei risultati ottenuti da quella generazione, mettendo le basi per una società votata ad una fittizia leggerezza. Così, tra una risata e l’altra, si fa strada la consapevolezza di un’attenzione maggiore rivolta a questo tipo di passato rispetto agli altri abitati momentaneamente dai tre protagonisti. In questo caso, infatti, le sue ombre si allungano ancora in modo piuttosto evidente sul presente, richiamando forse a riacquistare una maggiore consapevolezza di sé da mettere a disposizione della visione collettiva.
Una comicità collaudata
Collante di questo nuovo salto nel passato è, ovviamente, la comicità. Dopo tre film, però, questa assume un valore diverso che si traduce soprattutto in familiarità e sostegno reciproco. Tognazzi, Giallini e Morelli, infatti, interagiscono l’uno con l’altro in modo assolutamente naturale andando quasi a fondersi dentro i tempi comici l’uno dell’altro.
I tre incarnano l’ironia con accenti e sfumature diverse, traendo spunto da quello stesso gioco degli opposti applicato da Massimo Troisi e Roberto Benigni. In questo caso particolare, però, si è anche raggiunto un sofisticato insieme in cui la diversa tempistica e linguistica della comicità partenopea e toscana hanno creato un insieme armonioso e dal potenziale eterno. Un territorio su cui i tre protagonisti non si addentrano non avendo delle caratteristiche così evidenti su cui lavorare. Nonostante questo, però, si fanno rappresentanti di una personalità, propria e del personaggio, che mettono al servizio dell’insieme narrativo. Il tutto, dunque, porta ad una sintonia che giova al progetto e che, con molta probabilità, continuerà a svilupparsi lungo i restanti cinque episodi.
La recensione in breve
Nonostante la visione di una solo episodio la serie sembra riprendere alla perfezione l'atmosfera goliardica e comica che ha caratterizzato il successo dei film diretti da Massimiliano Bruno. Molto si deve, oltre che alla sceneggiatura e alla creazione di gag, alla sintonia comica ormai palpabile tra i tre protagonisti che, questa volta, portano tutto il loro potenziale nel pieno del caos e del cambiamento sociale degli anni settanta.
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