Bardo è l’ultimo e più personale film del regista premio Oscar Alejandro Gonzales Iñárritu. In questa sua ultima opera il regista racconta una storia di finzione che però ripercorre il suo personale percorso di vita: abbiamo un regista messicano – Silverio, interpretato da Daniel Giménez Cacho – che ha lasciato il suo paese natio per trasferirsi negli Stati Uniti. In occasione di un premio ricevuto tornerà in patria e il viaggio lo porterà a rivivere diversi traumi del suo passato che, come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione di Bardo, si mescolano in un flusso continuo con la realtà che sta vivendo. Passato, presente, sogno e realtà diventano un tutt’uno in questo film, in un susseguirsi di scene dall’indiscutibile bellezza formale ma al contempo dalla grande profondità narrativa. Nell’articolo che segue abbiamo deciso di soffermarci sul finale della pellicola, un momento decisamente di svolta perché spiega tutto ciò che è accaduto in precedenza. Prima di farlo, però, è necessario fare un passo indietro e fare velocemente il punto di quanto accade durante il corso della film, che verrà poi ripreso nella conclusione.
Che cosa succede Bardo?
La prima scena del film vede un uomo – e noi seguiamo il tutto dalla sua prospettiva – fare degli altissimi salti in un deserto, come se stesse per prendere il volo. Alla fine, fa un salto più alto degli altri, e non tocca più terra.
Quest’uomo è il nostro protagonista Silverio, un documentarista messicano di grande successo, che ha lasciato il suo paese d’origine per vivere negli Stati Uniti. Saverio è sposato con Lucia (Griselda Siciliani), ed insieme hanno due figli, Camila (Ximena Lamadrid) e Lorenzo (Iker Sanchez Solano). Sempre all’inizio della pellicola scopriamo che la coppia aveva avuto un altro figlio, Mateo, ma che era morto poco dopo la nascita: la scena in cui ci viene raccontato questo triste episodio è particolarmente d’impatto, il neonato viene al mondo ma poi decide di tornare nel corpo della madre, perché “dice che il mondo è una vera merda” ci metterà al corrente il dottore. Con questa sequenza grottesca e surreale Iñárritu racconta il lutto per la perdita di un figlio, che rimarrà sempre nel corpo di sua madre (come ricordo estremamente doloroso) e “si nutrirà di lei”.
Come vi anticipavamo Saverio si reca in Messico per ricevere un premio alla carriera, ed è il primo autore latinoamericano a cui viene dato un riconoscimento così prestigioso. L’uomo è però convinto che gli venga dato solo perché gli Stati Uniti stanno cercando di appianare le relazioni con il Messico, in vista dell’acquisizione dello stato della Baja California da parte di Amazon (un fatto ovviamente fittizio). Saverio incontra l’ambasciatore statunitense nel Castello di Chapultepec, dove si trova a reimmaginare/rivivere la famosa battaglia di Chapultepec, avvenuta nel 1847. I cadetti dell’esercito messicano, durante quel famoso scontro, si dice abbiano combattuto fino all’ultimo sangue contro i soldati americani; uno di loro, in particolare, si è gettato nel vuoto avvolto nella bandiera messicana per evitare che finisse in mano all’esercito nemico. Questi giovani soldati sono ancora celebrati e ricordati come eroi.
Successivamente Silverio viene invitato a partecipare al talk show di un vecchio amico e collega, Luis (Francisco Rubio). Il protagonista però è convinto che Luis lo disprezzi per aver lasciato il Messico per gli Stati Uniti, per questo immagina una scena in cui, mentre viene intervistato dall’amico, sia lui che il pubblico lo prendono crudelmente in giro. Nella realtà Silverio non ha il coraggio di presentarsi allo show dell’amico, e non risponde alle sue chiamate preoccupate.
Intanto scopriamo che Silverio sta lavorando ad un documentario sui “migrantes” messicani, quelli più poveri che si trovano ad attraversare la frontiera e a rischiare la vita. Il figlio Lorenzo gli ricorda che lui ha lasciato il Messico per gli Stati Uniti, ma che è un tipo di immigrato completamente diverso, di “prima classe”, che può tornare nel suo Paese quando vuole. Ci rendiamo così conto del grande peso che grava sulle spalle del protagonista, il senso di colpa per aver lasciato il Messico ma di averlo fatto non per sopravvivere (come fanno le persone al centro del suo nuovo documentario) ma semplicemente per avere successo nella vita.
In seguito ci troviamo alla festa in onore di Silverio per il premio ricevuto. Lì incontriamo gran parte della sua famiglia – di cui a lui non sembra importare molto. Rifugiatosi in bagno per evitare il momento del discorso, Silverio immagina di incontrare suo padre, deceduto da tempo, e di parlare con lui della sua vita e del successo che ha ottenuto (il padre gli dice che con il tempo questo “lo avvelenerà”). Poco dopo incontriamo anche la madre del protagonista, che è ancora viva, ma soffre chiaramente di demenza. Dopo aver lasciato la casa della donna, Silverio si ritrova nel centro di Città del Messico, e ha inizio quella che forse è una delle scene più significative della pellicola: dopo aver visto una donna cadere a terra, all’improvviso (la donna è una “desaparecida”, né morta né viva), attorno a lui tutti iniziano a crollare come mosche. La sequenza cerca di raccontare l’enormità del problema dei “desaparecidos” e delle vittime della criminalità, che in migliaia e migliaia muoiono ogni anno in Messico.
Silverio si trova così a camminare per una città deserta, piena di morti, ed incontra – sopra una piramide fatta di cadaveri – quello che può essere considerato uno dei responsabili del sanguinoso destino del Paese: il conquistador Hernán Cortés. I due discutono di quello che gli spagnoli, la chiesa e l’Europa in generale hanno portato in Messico: morte e distruzione. Poco prima avevamo addirittura visto un’importante divinità del pantheon azteco, Centeòtl (Dio delle messi e del mais), fatta a pezzi e morente. Cortés risponde però che lui ha solo cercato di fare qualcosa di buono, lui è il padre del Messico moderno come lo conosciamo, perché è il padre dei primi meticci.
Dopo questa strana conversazione si accendono le luci e scopriamo di trovarci sul set di un film, tutti i morti di cui Silverio è circondato sono comparse nella pellicola che sta girando.
Nella parte finale della pellicola Silverio e la sua famiglia sono in vacanza in Baja California, lì liberano nel mare le ceneri di Mateo, che dalla sua morte avevano tenuto sempre con sé. Silverio immagina che il figlio scomparso, neonato, arrivi a gattoni fino all’acqua e si lasci trascinare via. Lorenzo in seguito gli racconta di come, quando era bambino e si sono trasferiti negli USA, abbia portato con sé una borsa di axolotl domestici (un tipo di salamandre autoctone del Messico). Ovviamente durante il viaggio gli animali sono morti e lui non lo aveva mai confessato a nessuno.
La spiegazione del finale: un colpo di scena inaspettato
Per la nostra spiegazione del finale di Bardo non possiamo prescindere da una scena fondamentale: mentre si trova in metro, dopo aver comprato a Lorenzo dei nuovi axolotl, Silverio viene colpito improvvisamente da un ictus. La scatola con gli axolotl si rompe (sequenza che avevamo già visto all’inizio del film e non eravamo stati in grado di spiegare). Dopo alcune ore Silverio viene scoperto da una donna delle pulizie che chiama un’ambulanza.
A questo punto ci rendiamo conto che Silverio è stato in coma per tutto il tempo: quello che abbiamo visto durante il film era la sua vita – in particolare i suoi ultimi giorni – sognata e reimmaginata mentre è incosciente. Tutto si mescola – anche i dialoghi e le conversazioni che i suoi cari fanno vicino al suo letto di ospedale – e l’uomo vive in una realtà parallela fatta di sogno e realtà. Durante il coma Silverio assiste alla premiazione in suo onore: ora è sua figlia ad accettare il riconoscimento al posto suo.
In seguito Silverio fa ritorno nel deserto che avevamo visto all’inizio del film (che è lo stesso in cui stava lavorando al suo ultimo documentario). Lì incontra i membri deceduti della sua famiglia (come suo padre) ma anche quelli ancora vivi, l’uomo ignora però la loro chiamata e gli dice che per loro, dove si trova lui, “non c’è nulla”. A questo punto Silverio ricomincia a saltare, ancora una volta, come avevamo visto all’inizio del film, dopo l’ultimo salto, quello più alto, non torna più a terra. Il film si chiude quindi con la morte di Silverio, che si lascia alle spalle la propria vita e passa oltre.
Il significato del film
Durante Bardo sogni, paure, e ricordi si mescolano in un flusso continuo: non a caso il titolo intero dell’opera è Bardo (O falsa crónica de unas cuantas verdades), “Una cronaca falsa di alcune verità”. Le “visioni” surreali che accompagnano il protagonista per tutta la narrazione servono a tradurre il disagio che prova e, in particolare, il legame di amore e odio che ha con il suo paese d’origine. Il Messico per Silverio è tanto la patria che ama (come vediamo non lascia che il figlio Lorenzo la critichi), quanto un luogo che disprezza, che da una parte non gli ha permesso di realizzarsi e che lo ha costretto a migrare negli Stati Uniti e, che dall’altra, ha dei grandi problemi, come quello della criminalità e dei “desaparecidos”.
Silverio sa di essere un’immigrato di “prima classe”, che non ha dovuto lasciare il Messico per sopravvivere, e uno dei suoi modi per gestire il senso di colpa che prova è quello di realizzare un documentario su chi invece è costretto a lasciare la propria casa per non morire, quelle persone che perdono la vita attraversando la frontiera, ma anche i desaparecidos e le vittime del narcotraffico.
Non a caso un altro degli elementi principali del film è quello della memoria storica messicana, che si fa strada nella narrazione in particolare nella sequenza dell’incontro con Cortés: essere figli della Conquista, di un evento traumatico di una violenza inaudita, è diventato parte della coscienza collettiva del popolo messicano e ha un peso molto forte anche sui cittadini di oggi. Silverio e Hernán Cortés si interrogano, fumando una sigaretta su una montagna di cadaveri, su che cosa significhi “essere” messicano: i conquistatori sono infatti tanto i padri fondatori del Messico moderno (sono i “genitori” di un popolo meticcio) quanto i suoi carnefici.
Raccontare la realtà
È possibile raccontare la storia esattamente per come è accaduta? C’è una versione univoca del passato? Quello il film ci vuole far capire è che il resoconto del passato è sempre una questione di prospettive, in questo caso troviamo i due poli opposti dell’opinione di Cortés e quella di Silverio. Anche un documentario, per quanto obiettivo cerchi di essere, è legato al punto di vista di chi lo realizza.
Allo stesso modo il racconto (auto)biografico di una vita, quella vissuta da Silverio e quella del regista Alejandro Gonzales Iñárritu che traspare nel film, altro non è che una visione filtrata e soggettiva, come può essere quella di un uomo in coma che “rivive” alcuni momenti importanti della sua esistenza. La vita, per come ce la racconta Iñárritu nel suo film, non si allontana poi così tanto da un sogno, che è allo stesso modo una visione rielaborata da parte del nostro inconscio della realtà.