Tutto è iniziato con il palcoscenico di un teatro londinese, poi con le pagine di un romanzo per ragazzi diventato negli anni un classico irrinunciabile della letteratura mondiale. Lo scrittore di origine scozzese J.M. Barrie ci aveva visto lungo quando ha portato in vita (prima a teatro con successo strepitoso nel 1904, poi in un romanzo attiguo ed espanso nel 1911) le avventure di Peter Pan, il ragazzo che non voleva crescere. Uno dei personaggi per l’infanzia che più hanno influenzato l’immaginario collettivo di generazioni e generazioni a venire, tanto che ad oggi il romanzo “Peter e Wendy” di Barrie è tra i più adattati in assoluto da cinema e televisione.
Tra i vari personaggi fittizi che costellano le funamboliche avventure di Peter Pan non c’è solo Wendy Darling e i suoi due fratellini, non solo i divertenti e rocamboleschi bimbi sperduti o gli indiani capitanati da Giglio Tigrato, ma anche e soprattutto il perfido Capitan Uncino. Il pirata che terrorizza i pacifici abitanti dell’Isola che non c’è è a tutti gli effetti la vera e propria nemesi di Peter Pan, tanto che nel corso dei decenni questo villain affascinante ha avuto volti e declinazioni sempre nuove al cinema e sul piccolo schermo, non ultimo il remake live-action Peter Pan & Wendy di David Lowery, attualmente su Disney+ e di cui vi abbiamo parlato favorevolmente nella nostra recensione di qualche giorno fa. Riscopriamo insieme la storia del temibile Capitan Uncino al cinema ed in televisione!
Il pirata che voleve cresce troppo in fretta
Dal palcoscenico al grande schermo. All’inizio, nel lontano 1904, il Capitan Uncino nato dalla fervida immaginazione dello scrittore scozzese venne messo in scena a teatro dall’attore del tempo Gerald Du Maurier, lo stesso che vestiva i panni anche del personaggio di George Darling, papà di Wendy e dei suoi fratelli John e Michael. Una tradizione di ambivalenza recitativa ed allegorica che venne in seguito mantenuta in moltissimi altri adattamenti del Peter Pan di J.M. Barrie, a partire dal primo lungometraggio muto tutto dedicato all’opera magna dell’autore inglese. Stiamo parlando di Peter Pan, film di Herbert Brenon dove il perfido pirata è interpretato dall’attore Ernest Torrance. Qui, Uncino ha l’aspetto più vicino alla descrizione che ne fa Barrie nel suo famoso romanzo: ama vestirsi come il Re Carlo II, ha un aspetto cadaverico, occhi blu profondi come il mare, capelli neri ricci e lunghi, che da lontano sembrano due candele nere; e, ovviamente, un pericoloso uncino che ha sostituito la sua mano destra dopo che Pan l’ha data in pasto ad un coccodrillo.
Ma, nonostante questo aspetto intimidatorio, Barrie ci dice spesso nella sua opera che Capitan Uncino è anche un uomo colto, che ha studiato all’Eton College di Oxford quando era ragazzo, sa usare una dizione perfetta ed ama la musica classica, così come suonare il flauto ed il clavicembalo. Un pirata che sa essere all’occasione anche gentiluomo con le donne, tanto che questo aspetto viene ripreso sostanzialmente nel capolavoro d’animazione Disney Le avventure di Peter Pan di Hamilton Luske, Clyde Geronimi e Wilfred Jackson. Uscito nelle sale italiane nel corso del 1954, ha consegnato all’immaginario collettivo di intere generazioni a venire l’immagine di un Uncino vicino alla descrizione fisica e di abbigliamento di Barrie, ma tuttavia fin troppo comico e caricaturale per incutere vero timore come accade nel romanzo del 1911. Una traduzione necessaria al personaggio, quella operata da Disney negli anni ’50, per avvicinare il maggior numero di piccoli spettatori nelle sale cinematografiche e ad una nuovissima e sfavillante versione delle avventure letterarie di Peter Pan e del suo acerrimo nemico.
Tutti gli adulti sono un po’ pirati
Dal Capitan Uncino della Disney con la voce dell’attore Hans Conried la storia immortale di J.M. Barrie è stata protagonista letteralmente di decine di adattementi multimediali: dal cinema in carne ed ossa all’animazione, dal musical teatrale (uno spettacolo musicale con canzoni inedite risale al lontano 1954, riportato in auge sessant’anni dopo con Peter Pan Live!, dove a vestire i panni dell’arcigno Uncino ci ha pensato nientepopodimeno che Christopher Walken!), fino a inedite riduzioni asiatiche per bambini. Infatti, al volgere della fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, sbocciano a perdita d’occhio gli adattamenti televisivi del romanzo di Barrie, tra cui vanno almeno citati la serie Peter Pan della Nippon Animation (da noi arrivata su Italia 1 nel corso del 1991 e anticipata da un’ormai iconica sigla di Cristina D’Avena!), e Nel covo dei pirati con Peter Pan. Quest’ultima è una serie animata statunitense prodotta da Fox nel 1990 ed arrivata sui nostri piccoli schermi nel corso del 1997 su Rete 4; a dare la voce al perfido pirata dell’Isola che non c’è in quest’ultimo caso ci ha pensato Tim Curry, che per il suo lavoro ha addirittura vinto un Emmy Award.
In concomitanza con la produzione di questi due prodotti animati destinati al piccolo schermo, il popolarissimo regista Steven Spielberg si cimenta dietro la macchina da presa con una sceneggiatura originale che si propone di raccontare cosa sarebbe accaduto se Peter Pan fosse cresciuto e avesse messo su famiglia a Londra. Stiamo ovviamente parlando di Hook – Capitan Uncino, film del 1991 seminale per tutta quella generazione che era nata alla fine degli anni ’80 e che si approcciava al personaggio di Barrie per la primissima volta. A dare un volto al feroce signore dei pirati ci ha pensato il premio Oscar Dustin Hoffman, che interpreta James Hook con verve e profondità psicologica fino ad allora inedita. L’aspetto fisico e di vestiario sembra fare da specchio alle parole di J.M. Barrie, anche se nel film di Spielberg il capitano indossa una parrucca di capelli neri e riccioluti; uno smascheramento che rivela radissimi capelli bianchi e una calvizie incipiente, vero e proprio emblema del messaggio al cuore di Hook- Capitan Uncino: a differenza dell’adulto Peter Pan interpretato da Robin Williams, qui la sua nemesi ha paura di invecchiare, del tempo inesorabile che passa, della morte che si avvicina sempre di più. Un motivo quindi per rapire i figli di Peter e sfidare il suo acerrimo nemico volante una volta per tutte.
Una nemesi freudiana
Una visione dunque piuttoso radicale quella del Capitan Uncino di Steven Spielberg, che di certo pare allontanarsi dalla concezione dello scrittore scozzese, ma che poi ritorna prepotentemene nel sottovalutatissimo Peter Pan del 2003. Questo lungometraggio statunitense diretto da P.J. Hogan regala le vesti di James Hook all’attore britannico Jason Isaacs (per tutti, Lucius Malfoy nella saga di Harry Potter), che dona al personaggio un insolito charme, un’inedita sexyness ed un ritratto decisamente crudele. Dopo moltissimo tempo, è con questo film che lo stesso interprete veste i panni sia del temibile pirata che di George Darling, il padre di Wendy, John e Michael, preservando la tradizione teatrale originaria per la quale i due ruoli vengono assegnati allo stesso attore. Ma perché questo?
Forse perché la dualità George Darling/James Hook possiede un substrato allegorico non indifferente; come sostiene J.M. Barrie nel suo celeberrimo romanzo infatti, “tutti gli adulti sono un po’ pirati”, ovvero che con il lento passaggio dall’infanzia all’adolescenza fino all’età matura, tutti gli esseri umani perdono un po’ di quella magia e scanzonatezza che prima li rendevano “bimbi sperduti”, poi veri e propri squali della vita adulta, spesso indifferenti alla fantasia, al potere dell’immaginazione e alla magia della piccole cose della quotidianità. Esattamente quello che invece predica Peter Pan, il bambino che non vuole crescere; che non a caso, narratologicamente e metaforicamente, è la nemesi assoluta del nostro capitano. Una nemesi che possiede in sé anche dei caratteri di lettura insospettabilmente freudiana già affrontati nell’Hook di Spielberg, poi ritornati prepotenti nel live-action recentissimo di David Lowery.
“Io voglio la mia mamma!”
Dopo l’Uncino di Hogan ed Isaacs, il capitano nato dalla penna di Barrie torna come ispirazione letteraria nell’ottimo biopic Neverland – Un sogno per la vita (2004), con Johnny Depp nei panni dello scrittore scozzese alle prese con la nascita e la messa in scena teatrale del suo Peter Pan, nel Pan di Joe Wright (2015) dove un giovanissimo protagonista sfida il pirata Barbanera sull’Isola che non c’è e fa amicizia con un ragazzo di nome James Hook, qui interpretato da Garrett Hedlund. E poi miniserie televisive di poco successo in UK, come Neverland – La vera storia di Peter Pan (2011) e Peter and Wendy (2015); qui, Uncino è stato interpretato rispettivamente da Rhys Ifans e Stanley Tucci.
Per approdare infine a Peter Pan & Wendy, remake live-action targato Disney scritto e diretto da David Lowery. Qui il nostro pirata letterario ha il volto scavato e temibile di Jude Law, che si discosta totalmente dalla reference del lungometraggio d’animazione del 1954; non più cartoonesco e quasi comico, qui Uncino è un pirata adulto con una storia di amicizia profonda con Peter Pan. In passato era il suo migliore amico ed uno dei bimbi sperduti più importanti, poi James decise di salpare lontano dall’Isola che non c’è per tornare a far visita alla mamma di cui sentiva una tremenda mancanza; da quel momento, da quella fatidica decisione, Uncino diventò adulto, venne rifiutato dal suo amico Peter e continuò la sua vita di lupo di mare, trasformandosi nel capitano di vascello che tutti conosciamo.
Una backstory inedita rispetto al cartoon Disney da cui il live-action di Lowery prende ispirazione, che enfatizza l’elemento forse più freudiano del personaggio di Uncino: un bimbo sperduto che ha deciso di crescere e tornare dalla figura materna con insuccesso; e che da questa delusione, purtroppo, se ne è alimentato per diventare un adulto cattivo e rancoroso, che odia i bambini dell’Isola che non c’è e ripudia l’amicizia con Peter. Un adulto che nonostante tutto non ha più ricordi felici della sua infanzia, ma che ancora sogna di tornare tra le braccia dell’amata madre nel mondo reale. Che infine, se ci pensiamo bene, è forse la stessa cosa che in punto di morte desiderava anche il Capitan Uncino di Steven Spielberg, che prima di venire ingoiato dal coccodrillo grida: “Io voglio la mia mamma!”