Vincitore del prestigioso premio alla sceneggiatura all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e su Netflix a partire da venerdì 15 settembre, El Conde è il nuovo film diretto da Pablo Larraìn (Jackie, Spencer) e co-scritto dallo stesso assieme a Guillermo Calderòn. Un ritorno in patria per il regista cileno, che stavolta realizza un lungometraggio interamente in bianco e nero per raccontare un divertentissima storia di vampiri di cui vi avevamo già parlato nella nostra recensione al film, direttamente dal Festival di Venezia dove è stato presentato in anteprima mondiale.
L’incipit del film è assolutamente geniale: Augusto Pinochet non è morto. In realtà è sempre stato un vampiro e adesso, per la prima volta, comincia a sentire il peso dell’età e della responsabilità per le atrocità commesse. Dopo 250 anni, Pinochet ha finalmente deciso di passare a miglior vita una volta per tutte. Nella nostra spiegazione del finale di El Conde vi spiegheremo nel dettaglio cosa accade nella scioccante ed ironicissima parte finale del film e una delle tante letture allegoriche che ne sono scaturite.
E se Augusto Pinochet fosse un vampiro?
Per una spiegazione più chiara di cosa accade nel finale de El Conde, partiamo paradossalmente dal colpo di scena del terzo atto, quello che spariglia definitivamente le carte in tavola: la voce narrante di tutto il film (per chi ha visto il lungometraggio in lingua originale, avrà notato che gli interpreti recitano in lingua spagnola, mentre il voice over è in inglese britannico) appartiene nientepopodimeno che alla Lady di Ferro Margaret Thatcher (Stella Gonet), anche lei vampiro di svariate centinaia di anni, la vera madre che ha partorito il famelico e succhiasangue Augusto Pinochet (Jaime Vadell) che abbiamo imparato a conoscere ne El Conde. Cosa significa tutto questo alla luce di ciò che accade in precedenza nel film con i vari personaggi? Adesso, riavvolgiamo la matassa e partiamo dal principio.
Nella realtà alternativa di El Conde, il dittatore cileno Augusto Pinochet ha simulato la sua morte nel 2006 e ora si nasconde in Patagonia come un vampiro succhiasangue di 250 anni. Dopo aver vissuto una vita così lunga e brutale, il vecchio dittatore è pronto però finalmente a morire e promette di dare a sua moglie Lucia (Gloria Munchmeyer) e ai suoi figli adulti l’eredità che desiderano così disperatamente da tanto tempo. Sfortunatamente per Pinochet le cose non sono così semplici: il suo fedele maggiordomo è un traditore, sua moglie lo tradisce con quest’ultimo e i suoi figli assumono la suora/contabile Carmen (Paula Luchsinger) per individuare i suoi soldi nascosti ed eseguire un esorcismo sul vecchio vampiro.
Una famiglia di succhiasangue
Eppure, l’arrivo della famiglia a casa Pinochet in Patagonia non è affatto casuale, ma concatenazione di responsabilità individuali di alcuni personaggi, a partire dal servile ma enigmatico maggiordomo Fyodor (Alfredo Castro). Quest’ultimo è il vero autore della serie di omicidi brutali compiuti di notte in città e additati al vecchio Augusto, che invece stanco e canuto, non ha più la forza di uscire di notte e bere sangue di cittadini innocenti, se non quella di porre fine alla sua vita. Il servo Fyodor invece, innamorato di Lucia e anch’egli trasformato in vampiro da Pinochet decenni prima, non solo compie quei delitti a nome Pinochet, ma morde e trasforma la vecchia moglie del dittatore contro la sua volontà. Ma non prima di aver confessato di essere stato colui che ha ucciso tutte quelle persone all’inizio del film, mentre indossava l’uniforme del generale.
In poche parole, Fyodor voleva che i cinque figli di Augusto venissero a conoscenza della serie di attacchi vampireschi in città e li usassero come motivo per uccidere finalmente il padre. Ma non è tutto. Il maggiordomo di casa Pinochet è anche colui che scopre che la suora Carmen, chiamata dai cinque figli del dittatore-vampiro per praticare un esorcismo al padre sotto mentite spoglie di “notaio”, ha segretamente redatto un rapporto incriminante sulla famiglia Pinochet, poiché anche lei intende derubarli della loro fortuna, devolvendola alla Chiesa Cattolica del Cile come risarcimento per i crimini compiuti dall’ex-generale durante la sua controversa amministrazione.
Cosa succede nel finale di El Conde?
I personaggi e le azioni di Fyodor e Carmen sono i grimaldelli che mettono in atto tutti gli eventi che portano al colpo di scena finale. Carmen, prima destinata ad esorcizzare Pinochet e poi a derubarlo in gran segreto, si innamora invece del vecchio succhiasangue, diventando anche lei a tutti gli effetti una neo-vampira. Una concubina più giovane che rimpiazza l’anziana Lucia, nel momento in cui Augusto scopre la tresca tra lei e il maggiordomo Fyodor. Ed è qui che entra in gioco la misteriosa voce narrante del film; dietro a quel suadente accento britannico al femminile, c’è la ex-First Lady Margaret Thatcher, che scopriamo in un breve flashback essere la madre naturale (!) di Augusto Pinochet.
Quando era una giovane bracciante nella Francia del XVIII secolo, Margaret fu violentata e trasformata in un vampiro da un non morto di nome Strigoi. Trasformata in vampiro ed incinta dopo l’aggressione, Margaret sceglie di abbandonare il suo bambino ma di tenere tuttavia d’occhio le sue imprese nel corso dei secoli. I due si incontrano anche durante una visita politica mentre erano entrambi al potere nei rispettivi paesi nel corso della guerra delle Falkland, ma ovviamente Margaret mantiene segreta la sua parentela. Ora però vuole tornare una volta per tutte dal suo amato figlio e iniziare una nuova vita insieme, prima che Augusto la combini grossa.
Una satira che morde
Quando Margaret Thatcher si presenta in Patagonia per reclamare il figlio, scopre che quest’ultimo non vuole separarsi da Carmen; la giovane suora però, dopo aver rifiutato il regalo macabro della testa ghigliottinata di Maria Antonietta che Augusto custodiva gelosamente da centinaia di anni, cerca di ucciderlo una volta per tutte, ma viene raggiunta da Fyodor che le mozza la testa per vendicarsi del tradimento. Quando Pinochet scopre il gesto, si sbarazza del maggiordomo con una sega e fa fuori anche la moglie fedifraga Lucia. I cinque figli del dittatore non possono fare altro che assistere al rogo dei corpi massacrati fuori casa, consapevoli di non essere riusciti ad uccidere il padre e ad aver ereditato la sua ingente fortuna economica,. Il film termina con Margaret e Augusto che si cibano di cuori freschi di vampiro, alimento talmente proteico per i succhiasangue che è addirittura capace di ringiovanire chi se ne nutre.
L’ultima volta che li vediamo sullo schermo, sono una madre ed un figlio benestanti (la vera ricchezza del vecchio dittatore erano i preziosi oggetti d’antiquariato nascosti nel suo seminterrato, di cui i due si erano occupati per rifarsi una vita in anonimato) e vivono ancora in Cile; ma ora Pinochet è di nuovo un ragazzino e Margaret finalmente riesce a crescere il suo caro figlio come la madre che ha sempre voluto essere. Un po’ come a dire, in forma geniale e totalmente allegorica, che le responsabilità della dittatura e dal totalitarismo (in Cile come nel resto del mondo) spesso soggiaciono alla connivenza politico-economica (ad esempio, durante l’attacco britannico alle isole argentine Falkland, Pinochet sostenne la causa della Thatcher), e al servilismo di un ceto medio sempre pronto a salire sul carro del vincitore pur di godere di un tornaconto personale. Per Pablo Larraìn, alla fine della fiera, è tristemente la Storia dell’uomo che si ripete, ringiovanisce e si rinnova in eterno. Di vampiro in vampiro.