Black Panther: Wakanda Forever, di cui abbiamo parlato nello specifico nella nostra recensione è il trentesimo film interno del Marvel Cinematic Universe. Un numero (30!) impensabile fino a pochi anni fa e che aiuta a comprendere l’unicità del progetto. Wakanda Forever è anche l’ultimo atto della Fase 4 dell’MCU e quindi un punto ideale da cui poter guardare indietro nel tentativo di tirare le somme e cercare di comprendere il disegno generale. Questo quarto tassello ha rappresentato il passaggio più difficile di tutto l’operato di Kevin Feige, dando a tratti l’impressione di trovarsi davanti a un disegno confuso o addirittura sconclusionato.
Voltandoci indietro e scrutando con attenzione abbiamo però trovato un fil rouge in grado di avvolgere (e quasi soffocare) il percorso narrativo portato avanti negli ultimi anni: il lutto. Un’elaborazione della perdita a tratti voluta, altre volte purtroppo capitata per un oscuro scherzo del destino, che ha contraddistinto la maggior parte dei personaggi di un Universo costretto a fare i conti con il proprio passato ma necessariamente proiettato verso il futuro. Perché la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe è sì contraddistinta dal lutto ma porta con sé una grande voglia di ricominciare.
Spider-Man: Far From Home: la Coda di Endgame
Nella musica la coda rappresenta una breve sezione musicale che serve da conclusione a una sezione, per esempio una sinfonia. Un ruolo pensato per Spider-Man: Far From Home, nonostante inizialmente fosse stato pensato come primo film della Fase 4. Il secondo capitolo dell’Uomo Ragno di Tom Holland arriva nell’immediato post-Endgame, chiamato a fare i conti con un universo che non sarà più lo stesso ma soprattutto con la dipartita dell’eroe principale dell’MCU. Quel Tony Stark con cui Peter aveva stretto un rapporto padre-figlio e che noi spettatori vedevamo come l’incarnazione principale della Marvel cinematografica. Con quell’ultimo e fatale schiocco di dita, con lo “snap” che ancora risuona, Spider-Man: Far From Home svolge il ruolo di coda di Endgame e contemporaneamente incarna e anticipa tutto quello che avremmo poi visto nel resto della Fase 4. Una necessità di ricominciare, di aprire nuove porte e orizzonti a un universo cinematografico sulla cui luce si è posato il mantello nero del lutto.
Il 2020: la realtà infrange il Marvel Cinematic Universe
Come dicevamo quella della Fase 4 e della sua struttura è una storia su cui hanno pesantemente influito alcuni avvenimenti fuori dal controllo di Feige. Primo tra tutti il Covid che ha bloccato, oltre al nostro mondo, anche l’universo Marvel, facendo del 2020 un anno privo di uscite. Stacco che ha portato a un ripensamento della Fase 4 e che ha contribuito a un distanziamento ulteriore da quella precedente. Per noi, invece, un fattore che può sembrare minuscolo (e lo è), quasi sciocco e infantile ma che sottolinea l’eccezionalità di ciò che abbiamo vissuto. A smuovere certezze che evidentemente certezze non sono e non possono essere. Purtroppo però, alla tragedia collettiva, nello stesso anno si è aggiunta la scomparsa prematura di Chadwick Boseman. Un duro colpo prima di tutto umano per tutti coloro che lo conoscevano e che ha avuto ricadute anche sugli spettatori e i fan. Con improvvisa violenza ci siamo trovati a fare i conti con la realtà e con una consapevolezza che il nostro sguardo da fanciullini aveva evitato fino a quel momento. E come tutti i lutti anche questo ci ha costretti a crescere, a squarciare il velo di Maya e ad assumere uno sguardo più disincantato.
La perdita vissuta in maniera cross-mediale
La scomparsa di Boseman e del suo T’Challa ha anche rappresentato un grande enigma per Feige e i piani della Marvel. Ad un Universo privato, a livello narrativo, dei suoi eroi originali veniva a mancare il suo designato erede, il Re a cui avevano già deciso di appellarsi. La scelta è stata quella di elaborare il lutto in maniera trasversale e, con l’arrivo delle serie tv originali, cross-mediale. Quasi la totalità delle storie e dei personaggi di questa fase ha ruotato attorno a una perdita.
The Falcon and The Winter Soldier si trovava a fare i conti con l’eredità del “Primo Avenger”. Black Widow addirittura elaborava la perdita della sua protagonista ripercorrendone le gesta in un prequel. Eternals affidava questo compito, ancor prima che agli eventi, alla scelta di una regista come Chloé Zhao perfetta nel crearne l’atmosfera. Infine Wakanda Forever, in cui l’elaborazione del lutto si fa diegetica, chiude una lunga fase di passaggio e si proietta verso il futuro.
Il titolo che meglio rappresenta questa fase non è però l’ultimo film di Ryan Coogler, ma quel WandaVision che ha aperto le danze nel gennaio 2021. Un’opera in grado di unire il sentimento della perdita, con tutto il suo peso, e quello legato alla necessità di ricominciare. E nel farlo ha usato uno sguardo nuovo, fresco, sperimentale se pensiamo alla media di casa Marvel. WandaVision, grazie all’equilibrio di queste sue componenti, sembrava preparare il terreno all’ennesimo rilancio di Feige ma oggi, a fase conclusa, possiamo ritenerla quasi una mosca bianca.
Il lutto è come un’ancora
Come dicevamo nell’introduzione di questo articolo, l’impressione durante questa fase 4 è stata spesso quella di trovarsi per la prima volta davanti a un progetto a tratti confuso. Una sensazione normale se vogliamo, visto che ci troviamo ad osservare un progetto lungo ormai quindici anni e che a oggi conta trenta film e nove serie tv (se contiamo solo quelle prodotte da Marvel). Prima ancora che abituati non eravamo pronti. Pronti a una perdita ma questo, purtroppo o per fortuna, non lo si è mai. Il lutto funziona come un’ancora che ci fissa e ci tiene bloccati a un preciso momento in mezzo a quel fiume in piena che rappresenta il mondo. Noi, in preda all’elaborazione di quello che è successo, siamo ben fermi in quel punto mentre tutto attorno a noi scorre veloce e cerca di trascinarci. Lo sguardo fisso indietro dove tutto è più bello e ancora a colori mentre il resto ci appare grigio. Eppure, per usare la frase fatta più banale al mondo, dobbiamo proseguire. Lo facciamo tutti e lo facciamo da sempre.
E se ci riusciamo noi figurarsi i più grandi eroi della terra.