Passato prima per il Toronto International Film Festival, dove ha convinto la critica, è disponibile ora su Netflix Il prodigio, film diretto da Sebastián Lelio e tratto dal romanzo omonimo di Emma Donoghue. Come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione de Il Prodigio, l’opera, che ha per protagonista una splendida Florence Pugh, è un dramma che gioca con le atmosfere del thriller per trascinarci in un mistero oscuro ed intrigante.
Lib è un’infermiera inglese che viene chiamata in un remoto angolo d’Irlanda per osservare un fatto miracoloso: una bambina, Anna, sembra in ottima salute pur non mangiando da più di quattro mesi. C’è qualcuno che la nutre di nascosto o si tratta – come sembrano credere tutti – dell’intervento divino?
Lib inizialmente non riesce a trovare una spiegazione razionale al mistero, e pian piano sembra convincersi che ci sia una qualche forza sovrannaturale che tiene in vita la bambina. Impedendole però il contatto con i genitori si renderà presto conto però che la piccola comincia a deperire e che dietro l’apparente “prodigio” si nascondono dei terribili segreti. Di seguito, concentrandoci sulla porzione conclusiva del film con Florence Pugh, vi forniremo la nostra spiegazione del finale de Il prodigio.
Chi nutriva Anna?
Il bacio di una madre è sacro.
Ad un certo punto della pellicola Lib ha l’intuizione di separare Anna dai suoi genitori, che sia al mattino appena sveglia che prima di andare a dormire pregavano con lei, tra abbracci e baci affettuosi. È da quel momento che la piccola comincia a stare male, ed è come se tutto ad un tratto l’autoimposto digiuno inizi a pesare sul suo corpo, che si fa man mano sempre più debole. Lib capisce che il cambiamento nella condizione fisica della bambina, che aveva sempre detto di nutrirsi di “Manna dal cielo”, sia dipeso dalla forzata lontananza dai genitori, che in qualche modo le passavano del cibo, anche se lei non aveva ma capito esattamente come facessero.
Improvvisamente, però, l’esperta infermiera intuisce come facessero a mantenerla in forze: la madre, infatti, sia al mattino che alla sera prima che la piccola si coricasse, durante le preghiere quotidiane, le passava del cibo masticato attraverso i suoi baci. La donna aveva convinto la bambina che quella fosse la Manna dal cielo che le mandava il Signore per nutrirla e farla sopravvivere, permettendole di continuare la penitenza che aveva iniziato per il fratello scomparso.
Che cosa era successo tra Anna e suo fratello?
Ma perchè Anna aveva deciso di digiunare dopo la morte del fratello? La risposta è che la bambina era schiacciata dal senso di colpa per essere stata costretta dal fratello ad una relazione incestuosa. Il ragazzo, più grande di lei, l’aveva infatti obbligata – da quando aveva nove anni – a dei rapporti sessuali con lui, convincendola che quella fosse una forma di amore accettabile anche tra consanguinei.
Anna era poi certa, probabilmente confusa dall’affetto per il fratello e da delle emozioni che non era ancora abbastanza grande da comprendere veramente, di ricambiarlo.
Per questa ragione, quando il ragazzo si ammala e poi muore, la bambina si convince che è per colpa di quello che i due facevano insieme, disprezzato da Dio, e che per questo ricade sulle sue spalle tanto la responsabilità della sua morte quanto il compito di salvare la sua anima dalle fiamme dell’inferno.
La sua stessa madre, che gli aveva evidentemente scoperti, conferma le convinzioni di Anna, affermando che fosse colpa sua se il suo figlio maggiore era morto.
Salvarsi dall’inferno
Come salvarlo dalla dannazione eterna? Con il digiuno e la preghiera. Per liberare l’anima di suo fratello dall’inferno, Anna si autoimpone di non mangiare e di ripetere la medesima preghiera 33 volte al giorno, numero sacro che riprende gli anni di Cristo. L’unico cibo che era disposta inizialmente ad accettare era quello passato dalla madre attraverso i suoi baci, convinta che fosse la Manna mandata da Dio.
Quando poi il mistero viene scoperto da Lib, Anna non viene comunque distolta dal suo intento e prosegue con il digiuno, sicura che sia l’unico modo per salvare il fratello dall’inferno, terribile punizione di cui si ritiene responsabile. Sua madre, poi, messa alla strette da Lib che la scongiura di nutrire di nuovo la figlia, si rifiuta di salvarla, convinta a sua volta che il sacrificio di Anna sia necessario per salvare sia la sua anima che quella del fratello defunto. La pratica del digiuno prolungato era infatti attribuita ad alcuni dei santi più conosciuti, e per questo per Anna e per la sua famiglia – estremamente devoti ed in balia di una fede che agli occhi di Lib non ha nulla di razionale – è l’unico modo per liberare qualcuno dalla condanna all’inferno. Per la madre di Anna – e per tutte le persone che circondano la bambina – la vita dopo la morte è eterna, per questo non è poi così importante impedirle che muoia di fame, la cosa fondamentale è che la sua anima sia salva quando raggiungerà il creatore.
Come fa Lib a convincere Anna a scappare?
Difficile scalfire delle credenze così radicate, l’unico modo che Lib trova per salvare Anna è quello di convincerla che morirà e rinascerà come un’altra persona, Nan. Qualcuno che non è più Anna, e che non si porta quindi più sulle spalle il senso di colpa per quanto accaduto e la responsabilità di salvare l’anima di un fratello defunto. Credendo di essere morta e risorta – come Gesù, un’avvenimento straordinario ma che per la bambina è familiare, che fa parte del suo “bagaglio” di credenze – Anna è sicura di aver adempiuto al suo compito e di aver salvato l’anima dannata di suo fratello.
Per Lib dar fuoco alla casa, oltre che un metodo efficace per portare via la bambina senza farsi scoprire, è anche un modo simbolico per tagliare i ponti di Anna con il suo passato, per far sì che a restare in vita, con lei, sia solo Nan. Quanti sono i santi i cui corpi sono stati bruciati dalle fiamme? Lib sfrutta a sua volta il potere delle storie sacre, lasciando che gli uomini del villaggio possano fare dei resti della casa di Anna un santuario. In fin dei conti a nessuno di loro era veramente importato del destino della bambina, che era vista solo per quello che poteva rappresentare: una santa, uno strumento divino, un simbolo di abnegazione e sacrificio.
Una nuova vita insieme
Solo per Lib è veramente importante salvare Anna, solo la donna infatti la vede per quella che è veramente: una bambina in balia di credenze altrui (di suo fratello, dei suoi genitori, della sua comunità), di chi l’ha manipolata e ne ha condizionato la vita. Per questo Lib alla fine riesce a salvarla, perché era l’unica che si preoccupava di proteggere Anna, non la sua anima.
Lib, Nan e William (amico/amante dell’infermiera), decidono di cambiare identità e di scappare in Nuova Zelanda, dove nessuno li conosce e potranno ricominciare da zero. Durante il primo pasto sulla nave che li sta portando finalmente verso la libertà Nan non rifiuta più il cibo, confermando così che si è lasciata alla spalle la sua vecchia vita.
Un messaggio antireligioso?
Superficialmente si potrebbe leggere nel film di Sebastián Lelio un’aspra critica alla religione. In realtà il regista, e l’autrice del romanzo da cui la pellicola è tratta, Emma Donoghue, vogliono puntare il dito contro gli estremismi a cui la religione – ma non solo – può portare. Tra i “sostenitori” del digiuno di Anna, infatti, c’è anche il dottore locale, che non è un uomo di fede, ma è convinto che la piccola abbia trovato la fonte dell’eterna giovinezza. Trascinato da questa sua certezza – sicuro di aver fatto una “scoperta rivoluzionaria – non riesce a vedere razionalmente la situazione, facendo effettivamente del male alla bambina perché non le impedisce di lasciarsi morire.
Il fatto che non sia una critica diretta alla religione – ma solo agli estremismi! – è anche sottolineato dall’ultimo incontro tra Lib e la sua suora con cui ha condiviso l’osservazione della piccola Anna. La donna le dice di aver visto Anna scappare insieme a William, e di sapere quindi che cosa ha fatto l’infermiera, ma le fa capire che non dirà nulla perché per lei l’importante è che la bambina possa vivere una vita felice. La suora, che come emissario del credo cattolico dovrebbe rappresentare, in un mondo in cui la fede è così importante, il massimo della chiusura mentale e del fanatismo, è invece l’unica che, a parte Lib, si preoccupa veramente del destino della bambina.
Il film è basato su una storia vera?
Il film Il prodigio, pur non essendo tratto nello specifico da una storia realmente accaduta, è ispirato ad un fenomeno piuttosto comune in epoca vittoriana (periodo in cui la storia è ambientata), ossia quello delle “fasting girls“, le “ragazze che digiunano“. Si trattava di giovani donne, per la maggior parte preadolescenti, che dichiaravano di poter sopravvivere per mesi senza cibo grazie all’intervento divino. Molti casi di “ragazze che digiunano” sono stati documentati, il più famoso dei quali è quello della giovane ragazzina gallese Sarah Jacob, che morì di fame nel 1869. Anche lei, come altre giovani donne, perì dopo che gli vennero imposti degli osservatori (medici ed infermiere) e non potè più avere accesso al cibo di nascosto (anche se non si è mai scoperto se erano i suoi familiari a nutrirla o fosse lei quando non la vedeva nessuno). Anche Sarah, come la protagonista del film, era vista come una santa, come se il suo miracoloso digiuno fosse opera divina, e per questo attirava a sé molti pellegrini e fedeli.
Il potere delle storie
Al centro de Il prodigio troviamo il potere delle storie: questo viene evidenziato sia all’inizio che alla fine del film, quando il personaggio di Kitty, interpretata da Niamh Algar, comunica direttamente con lo spettatore. In questo modo il regista fornisce a chi guarda la chiave di lettura per comprendere il significato del film, che è una racconto sul potere intrinseco che le storie – e quindi le credenze, la fede – possono esercitare sulle persone.
Anna, per esempio, si è fatta manipolare dal fratello per instaurare una relazione sessuale con lui – “Me lo raccontò come se fosse una fiaba“, dice la bambina mentre confessa a Lib quanto accaduto – e sua madre l’ha convinta che il nutrimento che le dava tramite la bocca fosse Manna dal cielo, ma anche che il digiuno fosse necessario per salvare lei ed il fratello defunto dalla dannazione infernale.
Anche Lib, però, è capace di sfruttare il potere delle storie a suo vantaggio: come dicevamo, infatti, riesce a convincere Anna di essere morta e poi risorta, come è accaduto a Gesù. La donna capisce infatti che, per salvare Anna, deve usare lo stesso approccio che hanno usato tutti gli altri: inventarsi una storia che sia abbastanza convincente. Tutte le persone che circondano la bambina, dai suoi familiari al medico locale, dal prete ai pilastri della piccola comunità irlandese, sono talmente ossessionate dalle loro convinzioni che non riescono a vedere la realtà, anche se Lib prova in tutti i modi a mostrargliela (emblematica la scena in cui svela al comitato come si nutrisse Anna, una spiegazione semplice e razionale, ma nessuno le crede). La fantasia che Anna possa essere un giovane santa è infatti ben più appetibile e vantaggiosa che la triste realtà, ossia che non ci sia nulla di divino nel suo digiuno, ma che anzi la piccola rischi di morire. Per salvare Anna, Lib deve quindi usare le stesse “armi” di queste persone, sfruttando le credenze e la fede che stanno uccidendo Anna per aiutarla.