Un quarto di secolo dopo l’uscita dell’originale, il remake de Il re leone ha conquistato il pubblico esattamente come il prototipo, arrivando al rango di film d’animazione più visto di sempre nei cinema di tutto il mondo (senza tenere conto dell’inflazione), nonché secondo maggiore incasso del 2019 dopo Avengers: Endgame. La conferma della popolarità di uno dei franchise più amati della Disney, che continua ad attirare nuovi spettatori in TV e in streaming. Ma cosa si cela dietro quel successo colossale? Ecco qualche divertente curiosità sul film del 2019.
Le stesse voci
Una delle scelte più importanti fatte dal regista Jon Favreau è legata al casting, per l’esattezza la voce di Mufasa: è la stessa del 1994, quella di James Earl Jones, noto anche per aver doppiato Darth Vader. Su direttiva della Disney, per i doppiaggi internazionali del film, è stato chiesto di fare la stessa cosa e utilizzare, ove possibile, la voce storica del re della savana (in Francia, ad esempio, era Jean Reno). In altri casi ci sono stati comunque dei riciclaggi, come nel doppiaggio tedesco dove Nala adulta è l’attrice che nel 1994 era la versione cucciola dello stesso personaggio. Rara eccezione alla regola è proprio il doppiaggio italiano, dove non è stato ripescato nessun veterano della prima versione. Quanto a Mufasa, il ruolo è andato a Luca Ward, dato che Vittorio Gassman è venuto a mancare nel 2000.
Il facocero perfetto
Anche i detrattori del film hanno generalmente apprezzato il lavoro fatto con Timon e Pumbaa, che in originale hanno le voci di Billy Eichner e Seth Rogen. Il secondo ha apertamente ironizzato su quanto egli fosse perfetto per la parte, parere condiviso dai più (basti pensare all’Honest Trailer del film, video comico dove nella sezione dedicata al cast Pumbaa non ha un nome buffo, ma è accompagnato dall’imitazione della celebre risata di Rogen). Per l’esattezza, intervistato al riguardo da Entertainment Weekly, l’attore si è espresso così: “Non penso di essere adatto per qualunque ruolo, nemmeno nei progetti a cui sto lavorando in quel momento. Ma sapevo di essere in grado di interpretare Pumbaa.”
Non lo stesso numero musicale
A causa del fotorealismo impiegato per creare i personaggi, alcune sequenze sono state fortemente modificate rispetto al 1994. In particolare, dal momento che le iene in questa versione sono figure minacciose e non fonte di sollievo comico, è stato necessario rimaneggiare il numero musicale di Scar, Be Prepared (in italiano Sarò re), che nella sua forma originaria derideva i suoi lacchè in quanto stupidi e privi di iniziativa. Di conseguenza, nel remake quella canzone ha un testo diverso ed è stata notevolmente accorciata, conservando solo una delle sue indelebili immagini: il gran finale con Scar e le iene che cantano all’unisono il celebre ritornello.
Tutto al computer, o quasi
Al netto del marketing che l’ha venduto come se fosse un live-action simile agli altri remake recenti dei classici d’animazione Disney, Il re leone è in realtà (quasi) interamente animato, con tecnologie digitali che creano ambienti e personaggi fotorealistici. Solo un’inquadratura dell’intero film è stata girata in loco durante i viaggi in Africa per fare ricerche per il progetto: si tratta dell’alba che apre il tutto e dà il via alla canzone inaugurale. Il resto è stato creato in studio usando strumenti per la realtà virtuale, che consentivano al direttore della fotografia Caleb Deschanel di muoversi nello spazio digitale come se fosse davvero su un set.
Un detrattore a sorpresa
Non sono mancate le critiche all’operazione, in particolare l’impatto della tecnologia fotorealistica sulla componente emotiva del film. E tra coloro che si sono pronunciati in merito, ritenendo il remake poco riuscito, c’è nientemeno che Elton John, co-autore delle canzoni per il prototipo e nuovamente parte della troupe per il rifacimento, per il quale ha scritto un brano nuovo di zecca – presente nei titoli di coda – e rivisto alcune delle composizioni d’epoca. Intervistato da Variety pochi mesi dopo l’uscita, ha sostanzialmente disconosciuto il film affermando che il nuovo approccio ha influito in negativo anche sulla musica, riducendone l’impatto nel corso del lungometraggio.