Dal 1 novembre Netflix ha inserito nella sua piattaforma Locked In, un nuovo thriller che, ancora una volta, dimostra quanto il genere sia particolarmente apprezzato dagli abbonati. Il film, diretto da Nour Wazzi, infatti, ha conquistato le prime posizioni della classifica dei progetti più visti senza troppi tentennamenti. Ad attrarre gli spettatori, probabilmente è un’atmosfera crepuscolare che diventa un terreno propizio per la suspense ed un intrigo familiare dove ogni singolo protagonista potrebbe essere sia vittima che colpevole, com’è stato approfondito nella recensione.
Protagonisti di questa vicenda, cui si aggiunge una villa isolata e un’ingente eredità, sono Finn Cole, Rose Williams è Famke Janssen. Oltre a quella che viene definita come la sindrome Locked In, uno vero e proprio stato vegetativo in cui cade una persona in seguito ad un profondo trauma celebrare. Un elemento, questo, fondamentale per comprendere gran parte della narrazione ma, soprattutto il suo epilogo. Partendo da questo presupposto, dunque, proviamo a spiegare il finale di Locked In.
La sindrome Locked In
Con Locked In s’intende proprio una condizione medica che prevede una tetralgia in seguito ad una problematica neurologica. In parole povere questo vuol dire che il paziente è assolutamente cosciente e presente a se stesso ma non può muovere nemmeno un muscolo del suo corpo. Fatta eccezione del bulbo oculare. Ed è proprio questo che diventa l’unica arma a disposizione di Katherine per poter avere una possibilità di sopravvivenza. Com’è possibile vedere più nel dettaglio nella recensione di Locked In, infatti, la donna si trova in questa condizione a causa di un “incidente” provocato da Robert, il medico di famiglia.
L’uomo, infatti, ha cercato di ucciderla per permettere alla giovane Lia di entrare in possesso della sua eredità e di acquisire, finalmente, la propria libertà da una madre adottiva. Questo, almeno, è quello che appare all’inizio. La narrazione, però, muta velocemente il punto di vista ed attribuisce al fascinoso Robert il ruolo di “malvagio” della situazione impegnato in una costante manipolazione psicologica.
Una consapevolezza che Katherine inizia ad acquisire molto prima di Lina, ottenebrata dalla passione, e che paga in prima persona con un tentato omicidio. Nonostante l’immobilità in cui si trova, però, decide di utilizzare proprio gli occhi per raccontare la sua storia. Una narrazione che consegna nelle solerti mani dell’infermiera Nicky e che ha il compito di salvare se stessa da una morte sicura e Lina dal peso di azioni involontarie.
Tutti contro tutti
Altro elemento essenziale che va a definire l’epilogo di questa vicenda ed ha anche il compito di costruire una tensione crescente, è il triangolo amoroso in grado di mettere ogni singolo protagonista contro l’altro. D’altronde non c’è arma più potente del dubbio che si insinua nella mente per trasformare le persone vicine in nemici. In questo senso, dunque, si parte da un gruppo familiare già disfunzionale dove l’affetto dovrebbe andare a sopperire i legami di sangue.
La fascinosa Katherine, infatti, si trova a coprire da sola il ruolo di madre del suo figliastro Jamie e di una ragazza, adottata dopo la morte della madre con cui aveva un legame di amicizia. Egoista e concentrata principalmente su se stessa, lascia i ragazzi da soli, tanto che i due sviluppano un legame di forte dipendenza. Lo stesso che li porta a sposarsi. Anche in questo caso, però, il rapporto è “malato” visto che si basa sulla fragilità fisica di Jamie, costringendo Lina ad una vita da reclusa. In questa situazione, dunque, s’insinua il dubbio che ha il volto di Robert.
Il suo piano è dividere e mettere uno contro l’altro i tre elementi della famiglia per entrare in possesso della loro ricchezza. E, per fare questo, è necessario individuare l’elemento fragile. Si tratta, ovviamente, di Lina. La ragazza, infatti, rappresenta l’agente esterno, quella che ha il potenziale dell’usurpatrice agli occhi di Katherine e che potrebbe spodestarla dal suo ruolo di signora della casa dopo il matrimonio con Jamie. Lei, dunque, diventa l’elemento da manovrare e, soprattutto, da lasciare da sola spingendola a desiderare libertà dalla marito e dalla madre.
Nonostante questo, il piano si scontra proprio con la morte di Jamie che Robert programma ma che consente alla ragazza di comprendere le vere intenzioni dell’uomo. L’elemento malvagio, però, è capace di riorganizzarsi su di un livello diverso diventando la fonte di un sottile ricatto e di una sorta di coscienza distorta che pesa sulle spalle di Lina.
L’epilogo al femminile
Il finale di questo film ha il compito di andare a sovvertire le basi narrative poste fino a quel momento, anche se, ad essere onesti, non rappresenta certo una sorpresa. In questo senso, dunque, Katherine e Lina riescono a ritrovare un’unione d’intenti proprio sull’orlo della disperazione.La donna, immobilizzata nel letto d’ospedale, rappresenta una minaccia nel momento in cui Robert si rende conto della sua capacità di comunicare con gli occhi. Un’attività cui si dedica con l’infermiera Nicky. Questa, oltretutto, ha iniziato a provare dei dubbi riguardo la professionalità dell’uomo e, sopratutto, il suo ruolo in questo triangolo.
Per questo motivo, dunque, Robert decide di far leva ancora una volta sulle paure di Lina e sul senso di colpa per la morte di Jamie. In questo modo riesce a convincerla a portare Katherine a casa per ucciderla con una iniezione letale in grado di causare un ictus. Ad opporsi al trasferimento è solo l’infermiera Nicky, che sembra comprendere pienamente il significato di quel gesto. Una volta arrivati nella grande villa di famiglia, dunque, Katherine deve vivere il terrore di affrontare consapevolmente la propria fine senza poter muovere nemmeno un muscolo.
A posticipare questo momento, però, sono i dubbi che continuano ad affollarsi nella mente di Lina. A questi, poi, si sommano anche le parole di Nicky che cercano di dipanare i suoi dimmi emotivi nei confronti della madre adottiva. Un intervento, quello dell’infermiera, che sembra fare braccia nell’animo della ragazza. Con uno scambio di sguardi con Katherine, infatti, per la prima volta nella sua vita acquista veramente l’autonomia delle proprie azioni. Questo vuol dire prendere la decisione in grado di salvare la vita a lei e alla donna immobilizzata per afferrare veramente la possibilità di un nuovo inizio.
In questo senso, dunque, Robert, il male esterno, il virus. che è arrivato ad attecchire all’interno di un sistema debole ma, per questo, certo non meno vitale, è destinato alla distruzione. Una fine che avviene per mano di Lisa e attraverso quella stessa siringa destinata a Katherine. Si tratta, dunque, di un gesto simbolico che, non solo va a ristabilire il legame madre/figlia ma, soprattutto, evidenzia la forza di una triade femminile. La stessa che, vista nel suo insieme, consegna l’immagine completa di una donna.