Paola Cortellesi, per il suo debutto alla regia con C’è ancora domani, si è ispirata alle storie delle donne normali del dopoguerra, tra cui anche sua nonna, donne che hanno contribuito a ricostruire l’Italia confidando nel futuro migliore che avrebbe atteso le proprie figlie. Allo stesso modo Cortellesi ha preso spunto da alcuni aneddoti familiari, tramandati dai nonni.
Tra le donne che hanno ispirato il suo film, dicevamo, la Cortellesi annovera anche sua nonna, un’anziana signora da cui tutti andavano per ottenere un consiglio che lei elargiva volentieri e con grande saggezza. Alla fine, però, chiudeva sempre con un atto di umiltà o d’inconsapevolezza del proprio valore personale dicendo: “Ma in fondo, che cosa ne so io?” Un’atteggiamento prodotto dal silenzio prolungato cui è stata destinata un’intera generazione di donne, amplificato dal cono d’ombra in cui sono vissute per gran parte delle loro esistenze. Invisibili a tutti se non per svolgere le loro incombenze giornaliere. Purché sempre in silenzio. “Una parte dei miei familiari ha visto il film e si sono divertiti” – ha svelato Cortellesi al Corriere – “hanno riconosciuto i racconti d’infanzia. E certi nomi, come Alvaro”
Tutte loro, dunque, hanno trovato forma nel personaggio di Delia, protagonista del film di cui abbiamo parlato nella recensione di C’è ancora domani. Soggiogata alla volontà di Ivano (Valerio Mastandrea), un marito violento ed impositivo, sopravvive e resiste in un’Italia del dopoguerra facendo le iniezioni nel quartiere, rammendando biancherie e riparando ombrelli. Tutto per aiutare l’economia della famiglia e, qualche volta, fare la “cresta” sullo scarso guadagno. In sostanza è “una brava donna di casa”, come puntualizza il suocero di cui si prende cura. Peccato, però, che abbia il difetto di rispondere.
E proprio per questa sua personalità, dunque, è destinata ad una quotidianità di percosse. Visto che, in quanto donna, deve ubbidire e tacere. Nonostante tutte queste difficoltà ed umiliazioni impartitele dal marito, però, Delia va avanti caparbia. E sotto gli occhi delle figlia Marcella (Romana Maggiora Vergano), che non comprende la sua sottomissione, sogna un futuro diverso. Soprattutto per quella ragazza cui tiene immensamente. La sua più grande speranza, infatti, è che la figlia abbia una vita diversa dalla sua e, forse, potrebbe accadere. Marcella, infatti, annuncia il fidanzamento con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere. Un evento che, per la sua famiglia, rappresenta una sorta di crescita sociale e per la ragazza l’allontanamento da un ambiente gretto ed ignorante. Ma non è detto che un agio economico corrisponda ad un diverso riconoscimento personale.