Su Netflix è da poco disponibile il film Quando Dio imparò a scrivere, un intricatissimo thriller diretto dallo spagnolo Oriol Paulo e tratto dal libro di Torcuato Luca de Tena. Come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione del film, la storia può per certi versi assomigliare a quella di Shutter Island, il cult di Martin Scorsese, abbiamo infatti un protagonista apparentemente sano che si reca in un manicomio per indagare su un caso, all’interno della struttura ogni verità viene però messa in dubbio: chi è sano di mente e chi invece è preda della follia? Prima di dedicarci all’approfondimento del complesso finale di Quando Dio imparò a scrivere, che oltre a dare molte risposte lascia anche diversi interrogativi nella mente dello spettatore, facciamo un passo indietro e ripercorriamo che cosa succede nel film.
Alice si fa ricoverare in manicomio
Alice (interpretata da una Bárbara Lennie davvero splendida e poliedrica) è una donna bella e ricca, sposata con un uomo altrettanto affascinante, e con una brillante carriera come detective privato. Professione che svolge più per passione che per reale bisogno. Il film si apre con Alice che si fa rinchiudere in un manicomio per svolgere delle indagini: la donna è stata assunta da Dr. Raimundo García del Olmo per risolvere il caso della morte di suo figlio, che si trovava ricoverato proprio nella struttura e che i medici dicono – diversamente da quello che crede suo padre – che si sia suicidato. García del Olmo è amico del direttore della struttura, Samuel Alvar (Eduard Fernández), e per questo riesce a far ricoverare Alice, che si finge una donna afflitta da turbe psichiche che il marito ha fatto internare dopo che lei ha tentato di avvelenarlo. Ad appoggiare il piano anche il medico di famiglia di Alice, il dottor Donadìo, che firma una falsa dichiarazione affermando che la donna abbia istinti omicidi nei confronti del marito, un donnaiolo interessato solo ai suoi soldi di cui lei si vuole liberare.
La donna, che è estremamente intelligente, ha pianificato tutto: una volta entrata nel manicomio potrà svolgere le sue indagini “dall’interno” – racimolando prove sia dagli altri pazienti che dal personale medico – e scoprire così chi ha ucciso il figlio di García del Olmo. Quando viene chiusa nella struttura Alice si accorge subito che il caso non sarà così semplice da risolvere come lei sperava: tra mille sotterfugi riesce a trovare qualche indizio, ed immagina quello che potrebbe essere successo – grazie ad una serie di flashback anche lo spettatore viene trasportato alla notte del presunto omicidio -, ma le cose si fanno man mano sempre più intricate e complesse, al punto che la donna arriverà a dubitare sua stessa sanità mentale. Dopo un evento traumatico, un altro paziente che tenta di farle violenza, accade l’inimmaginabile: il direttore Alvar, con cui la donna aveva corrisposto per farsi ammettere nella struttura, dice di non avere idea di chi lei sia. Non ha mai parlato con lei prima, ed è convinto che l’elaborato piano che la donna le racconta – e che a quanto lei dice avrebbero organizzato insieme – sia del tutto inventato.
Sconvolta, Alice confessa tutto ad una giunta di medici dell’ospedale che si è riunita grazie alle insistenze di Montserrat Castell, una dottoressa che sembra disposta più degli altri a crederle: Alice racconta l’incontro con il Dr. Raimundo García del Olmo, presentatole dal marito Heliodoro durante una festa di Capodanno. L’uomo l’ha aiutata ad elaborare un piano per entrare in manicomio, all’insaputa del marito, che ha firmato con l’inganno le carte per farla ricoverare. Anche il medico di famiglia, il dottor Donadìo, si è convinto ad aiutarla, firmando una falsa dichiarazione sulla sua sanità mentale. Lei si è poi allontanata da casa dicendo ad Heliodoro che partiva per un viaggio di lavoro. Un piano che sembra filare alla perfezione, se non fosse che nella stanza è presente anche Garcia del Olmo, e non è lo stesso uomo con cui Alice è convinta di aver parlato. Con chi ha pianificato tutto l’elaborato piano? In preda al panico la donna sprofonda nella più nera disperazione, non capendo che cosa sta succedendo e perché tutte le sue certezze sembrino crollare.
Alice ha veramente cercato di avvelenare suo marito?
La teoria del direttore Alvar è molto semplice: come spiegava il dottor Donadìo nella sua dichiarazione (che potrebbe non essere così falsa come immaginavamo) la donna è un abile manipolatrice, dotata delle conoscenze scientifiche per avvelenare il marito fedifrago di cui si vuole liberare. Nella ricostruzione del dottore Alice avvelena il marito Heliodoro in due occasioni; lui, però, dopo essere stato salvato dal dottor Donadìo con una lavanda gastrica trova la provetta di veleno che la moglie nascondeva, e l’avvelena a sua volta, cercando di provare così che lei avesse tentato di ucciderla. Una volta confermate le sue teorie Heliodoro si affida a Donadìo per far ricoverare Alice, la cui mente – nel tentativo di sopportare la colpa per il fallito omicidio del marito – elabora una complicata teoria per giustificare il suo internamento in manicomio. Il caso da risolvere, il fatto che Garcia del Olmo l’abbia ingaggiata, sono tutti sotterfugi della sua mente per farle sopportare la situazione in cui si trova.
Il direttore Alvar decide quindi di sottoporla alla terapia dell’elettroshock, cercando di curarla dalla sua presunta follia. Dopo aver subito il violento trattamento, però, la donna si ritrova a compiere un viaggio nei suoi ricordi, ripercorrendo i fatti che hanno preceduto il suo ricovero.
Alice è stata incastrata?
“Rivedendo” come spettatrice quello che l’ha portata a farsi rinchiudere in manicomio, Alice si rende conto di una realtà sconvolgente: suo marito e il presunto Garcia del Olmo erano d’accordo fin dall’inizio. La donna è stata infatti incastrata nell’elaborato piano di suo marito, che per liberarsi di lei ed impadronirsi della sua fortuna, ha assunto qualcuno che interpretasse Garcia del Olmo, ha corrotto il dottore di famiglia per farla dichiarare malata di mente e probabilmente ha pagato anche il direttore Alvar. Facendo rinchiudere la moglie, l’uomo può infatti impadronirsi di tutto il suo denaro, e con quello assicurarsi dei complici.
Alice spiega la sua teoria a Montserrat e al Dr. Arellano, e li convince a controllare sia i suoi conti in banca – nel caso fossero stati vuoti sarebbe stata una conferma del fatto che il marito, che nessuno riesce a contattare, sia scappato con i suoi soldi – che quelli del direttore Alvar, che potrebbe essere stato a sua volta corrotto da Heliodoro. Montserrat scopre infatti che in concomitanza all’ingresso della donna nella struttura, Alvar ha ricevuto un ricchissimo assegno proprio da parte del marito di lei. Il direttore Alvar la vede mentre fruga tra le sue carte, prima si giustifica dicendo che i soldi siano stati semplicemente una donazione all’ospedale, nulla di illegale, poi la licenza in tronco. Intanto Arellano si è recato dalla polizia – il commissario è lo stesso che abbiamo incontrato nei vari flashback iniziali – per cercare di farli indagare sul caso di Alice, che è convinto essere stata “sequestrata legalmente” dal marito.
Ora che Alice è sicura di aver scoperto tutta la verità c’è solo una cosa che può fare: fuggire dal manicomio e trovare suo marito. Per farlo elabora un complicato piano con l’aiuto degli altri pazienti della struttura: tra loro in particolare ad appoggiarla c’è Urquieta, un uomo che è stato ricoverato per la sua gravissima fobia dell’acqua e che fin dall’inizio le è stato vicino. Lui è l’unico a cui è stata data la possibilità di tenere un accendino, essendo meno “pericoloso” di tutti gli altri pazienti. E sarà proprio partendo da quell’accendino che Alice dara il via al suo piano.
La spiegazione del finale: la notte dell’incendio
Un tassello fondamentale per la nostra spiegazione del finale di Quando Dio imparò a scrivere è racchiuso in quello che accade durante la notte dell’incendio: come capiamo presto i flashback che abbiamo visto inizialmente non erano relativi alla morte del figlio di García del Olmo, ma erano un anticipazione di quanto sarebbe accaduto ad Alice nel suo tentativo di fuga dalla struttura.
Alice fa scoppiare un incendio in uno dei laboratori dove i pazienti della struttura svolgono le loro attività creative, intanto Urquieta – che si è fatto aprire la porta della sua cella dopo essersi bagnato un braccio ed essersi così causato una crisi – spalanca tutte le celle degli altri pazienti, che iniziano a vagare liberi per l’ospedale creando un’enorme confusione.
Grazie al caos provocato dall’incendio e dai pazienti liberi, Alice riesce a scappare. Intanto, però, all’interno della struttura si consuma un terribile omicidio: Romolo, uno dei due gemelli con cui la donna aveva stretto un’amicizia e che vedevano in lei una figura materna, è stato brutalmente ucciso. Ci viene quindi rivelato che il cadavere che vedevamo nei (falsi) flashback iniziali era quello di Romolo, ucciso durante la caotica fuga dei pazienti dalle proprie celle. Alice, che si sente responsabile di quanto accaduto e che era molto legata alla vittima, torna indietro e si finge il medico legale che è stato chiamato per analizzare il corpo. La donna colpisce la dottoressa, Lucia, e si scambia con lei i vestiti. Nei flashback/flashforward iniziali avevamo assistito all’arrivo del medico legale, che però non era mai stato inquadrato in volto, proprio perché era Alice sotto mentite spoglie.
Analizzando il corpo di Romolo, e attingendo alle sue conoscenze da investigatrice privata, la donna capisce che cosa è successo: l'”uomo elefante” lo ha schiacciato e poi pugnato con un frammento di vetro. L’enorme paziente era infatti amico di Luis Ojeda, l’uomo affetto da nanismo che aveva tentato di violentare Alice e che poi era stato ucciso da Romolo per aiutarla, e ha quindi ucciso il ragazzo per vendicarsi e perché era geloso della donna che i gemelli trattavano come se fosse la loro sorellina, di cui lui è innamorato.
Alice, scoperta dal personale medico mentre impersonava il medico legale, riesce a confermare la sua teoria facendo analizzare le mani dell'”uomo elefante”, coperte di tagli provocati dall’arma del delitto.
La polizia, una volta compresa la grande intelligenza e lucidità di Alice, è disposta ad ascoltare la sua deposizione: la donna riesce a convincerli – dopo che viene confermata la fuga del marito e il fatto che lui abbia rubato tutti i suoi soldi – di essere stata incastrata e di essere stata “legalmente sequestrata”. Montserrat e Arellano convocano una giunta speciale di medici per farla uscire dal manicomio e presentano una lettera – firmata da altri membri del personale – per chiedere le dimissioni di Alvar per incompetenza.
Il “processo” finale
Alice è finalmente pronta ad essere dimessa, tra lei e la libertà c’è solo la giunta speciale che è stata convocata. Prima di recarsi al “processo” la donna fa un ulteriore scoperta: ad essere ucciso durante la notte dell’incendio non è stato Romolo, ma il gemello Remo. Quest’ultimo si trovava nella stanza del fratello mentre lui andava ad aiutare la sorellina, e per questo era stato scambiato per Romolo ed ucciso dall'”uomo elefante”.
Durante la giunta tutto sembra volgere a favore di Alice: il dottor Alvar rassegna le sue dimissioni volontariamente e si astiene dal voto per farla dimettere. Lui è ancora profondamente convinto che la donna non sia sana di mente come dice e – dopo che gli altri anno votato in suo favore – fa un’ultima rivelazione: il dottor Donadìo, la cui irraggiungibilità era stata usata da Alice come prova per confermare il fatto che fosse stato corrotto dal marito, avvalorando la sua tesi, era semplicemente in vacanza con la famiglia. Per questo non aveva mai risposto ai telegrammi che gli erano stati mandati dall’ospedale. Alvar è però riuscito a contattarlo, e l’ha portato lì in ospedale per partecipare alla giunta speciale.
Donadìo conferma la follia di Alice?
L’arrivo di Donadìo rimescola nuovamente tutte le carte in tavola: l’uomo è infatti lo stesso che nei suoi ricordi Alice vedeva come il (falso) García del Olmo. Lui era Donadìo, il medico di famiglia che per il resto del film non avevamo mai visto in faccia. Questo conferma che Alice abbia creato nella sua mente una versione dei fatti completamente fittizia e che forse la teoria avvalorata da Alvar, quella della follia della donna e del fatto che abbia tentato di avvelenare il marito per liberarsi di lui, è sempre stata la realtà. In quest’ottica, il fatto che Heliodoro abbia svuotato i conti in banca di Alice, non sembra nemmeno più una prova così schiacciate: una volta fatta rinchiudere la moglie – per giusta causa – che cosa gli impediva di impadronirsi della sua fortuna e godersi la vita? Tutte le diverse versioni della storia, create dalla mente di Alice, sembrano una prova schiacciante del fatto che lei abbia manipolato la realtà per adattarla alla narrativa che più le conveniva: prima quella in cui veniva assunta per indagare un omicidio, poi il fatto che il marito l’avesse incastrata per liberarsi di lei ed impadronirsi del suo denaro. La sua mente ha creato delle giustificazioni per il delitto terribile che aveva quasi compiuto, ossia l’omicidio del marito per cui è stata scoperta.
Detto questo, però, possiamo sempre credere alla versione di Alice. Infatti, se diamo per scontato che Heliodoro avesse assunto un falso García del Olmo, e poi avesse corrotto tanto Donadìo come Alvar, potrebbe aver anche chiesto alla stessa persona che interpretava inizialmente García del Olmo di interpretare Donadìo (con la collaborazione di Alvar magari), per far nuovamente credere ai medici che Alice avesse inventato tutto. Per quanto il finale ci mostri un’Alice estremamente confusa di fronte al nuovo venuto, non ci viene mai confermato che lei lo riconosca come il dottor Donadìo. Non abbiamo una prova certa, quindi, che lui sia veramente chi dice di essere.
La decisione su quale sia la verità definitiva viene quindi lasciata allo spettatore, che può scegliere di credere ad Alvar e a Donadìo, e quindi nella follia di Alice, oppure di credere ancora alla donna, che potrebbe essere stata incastrata in un elaboratissimo piano a suo danno. Chi è il vero folle e chi il sano di mente?