Il film: Creature di Dio (God’s Creatures), 2022. Regia: Saela Davis, Anna Rose Holmer. Cast: Emily Watson, Paul Mescal, Aisling Franciosi.
Genere: drammatico. Durata: 101 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: La vita di Aileen O’Hara, che vive in un piccolo villaggio di pescatori sulle coste irlandesi, viene sconvolta dall’improvvisa riapparizione del figlio Brian dopo anni di assenza.
È decisamente stato un anno importante, il 2022, per l’attore irlandese Paul Mescal, in particolare nel contesto del Festival di Cannes dove era protagonista di due film: tutti si ricordano di Aftersun, presentato alla Semaine de la Critique e poi accolto trionfalmente in giro per il mondo, arrivando persino agli Oscar con una nomination per la performance di Mescal; e poi c’era un altro lungometraggio, nel programma della Quinzaine, che arriva nelle sale quasi un anno dopo quella prima proiezione all’interno del Théâtre Croisette. Ed è quel film a essere oggetto della nostra recensione di Creature di Dio.
La trama: dolori di famiglia
La storia si svolge in un piccolo villaggio di pescatori sulle coste irlandesi, dove Aileen O’Hara si guadagna da vivere nell’industria locale, lavorando con la giovane Sarah e con Mary, il cui figlio Mark è recentemente annegato. Al funerale di quest’ultimo si presenta, a sorpresa, il figlio di Aileen, Brian, che è stato per anni in Australia. Partito e tornato senza alcuna spiegazione, lui vuole ora riprendere l’attività di famiglia, e la madre è felice di avere tutta la famiglia riunita. Ma Brian non vuole parlare dei motivi per cui se n’era andato, e la sua presenza comincia a generare malumori in paese, soprattutto quando cerca di ripristinare la sua relazione con Sarah, che nel frattempo si è sposata.
Il cast: trio d’eccezione
Il nucleo emotivo della pellicola è costituito dal complesso rapporto fra madre e figlio, e Paul Mescal trova la partner scenica perfetta in Emily Watson, attrice inglese abituata a personaggi in situazioni di crisi personale e di nuovo sul grande schermo dopo un’assenza di quattro anni, dai tempi di The Happy Prince di Rupert Everett (mentre in televisione ha recitato in due miniserie HBO, Chernobyl e The Third Day). Al loro fianco, nel ruolo minore ma altrettanto intenso di Sarah, c’è Aisling Franciosi, attrice irlandese di origine italiana che si è fatta notare a livello internazionale nel film The Nightingale (in concorso a Venezia nel 2018) e in The Unforgivable su Netflix nel 2021.
Una marea intima
Prima regia congiunta di Saela Davis e Anna Rose Holmer, già collaboratrici su The Fits che è passato a Venezia nel 2015, il film è un dramma contenuto e al contempo espansivo, che si muove come le maree che caratterizzano alcuni dei momenti emotivamente forti della drammaturgia. I non detti si alternano a esplosioni di vecchi rancori, con un controllo degli equilibri narrativi ed emozionali da parte delle registe e del cast che compensa alcune pecche di scrittura – a volte l’ambiguità sfiora l’autocompiacimento – con una propulsione viscerale che non lascia indifferenti e ci conduce inesorabilmente verso una sorta di inferno personale dei tre protagonisti, da cui si potrà uscire solo ritrovando quella speranza che la routine quotidiana del villaggio ha da tempo smorzato. Una routine il cui grigiore – spirituale ed estetico – accresce l’impeto tragico di un piccolo grande dramma famigliare.
La recensione in breve
Un rapporto di famiglia messo alla prova è al centro di un film piccolo ma dall'ambizione drammatica grande, dove le coste irlandesi sono lo sfondo ideale per una tragedia che si consuma al ritmo delle maree.
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Voto CinemaSerieTV