Il film: Fallen Leaves (Kuolleet lehdet), 2023. Regia: Aki Kaurismäki. Cast: Alma Pöysti, Jussi Vatanen, Janne Hyytiäinen, Sakari Kuosmanen, il cane Alma.
Genere: drammatico, commedia. Durata: 81 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: La relazione fra Ansa e Holappa, due anime solitarie che si incrociano per caso a Helsinki.
Nel 2017, presentando alla Berlinale il suo film L’altro volto della speranza, il regista finlandese Aki Kaurismäki aveva dichiarato – non per la prima volta, va detto – di volersi ritirare dal cinema, lasciando incompiuta la sua trilogia sulle città portuali. Quest’ultima rimane per ora in standby, ma il cineasta che ha portato la Finlandia in giro per il mondo è nuovamente in pista, con il suo ventesimo lungometraggio che ha anche segnato il ritorno in concorso a Cannes, la quinta volta dal 1996. Un ritorno molto atteso, anche per il suo dichiarato ricollegarsi alla trilogia proletaria che fece la fortuna di Kaurismäki negli anni Ottanta. Di tutto questo andiamo a parlare nella nostra recensione di Fallen Leaves.
La trama: perdersi di vista
Ansa lavora in un supermercato a Helsinki con un contratto a zero ore, nel senso che non ha un numero predeterminato di ore a settimana (il che facilita eventuali licenziamenti). Holappa lavora invece in un cantiere, dove a causare problemi è il suo malcelato alcolismo. I due si incontrano una sera, e nasce un’intesa che potrebbe sbocciare in qualcosa di più, se non fosse che i primi tentativi di rimanere in contatto vanno a rotoli, e un’ulteriore complicazione è il dubbio se Holappa ci tiene di più ad Ansa o alla bottiglia. Si susseguono lunghe giornate nella capitale finlandese, dove l’incertezza professionale va a braccetto con quella privata. Riusciranno queste due anime solitarie ad avere diritto a un minimo di felicità, forse addirittura insieme?
Il cast: l’ansia di Ansa
La protagonista femminile è Alma Pöysti, da qualche anno volto importante del cinema finlandese contemporaneo (pochi mesi prima di andare a Cannes con Kaurismäki ha vinto il premio per la migliore interpretazione nel concorso nordico del festival di Göteborg), nonché importante nipote d’arte (il nonno Lasse Pöysti era uno dei più grandi attori finnici). Holappa ha invece il volto di Jussi Vatanen, attore che si è fatto notare in patria in alcune commedie e nel bellico The Unknown Soldier, terzo adattamento di uno dei più celebri romanzi della letteratura nordica. Entrambi sono perfettamente in sintonia con lo stile di recitazione tanto caro al regista, un minimalismo che ha contribuito allo stereotipo del finlandese taciturno e monocorde. Al loro fianco un adorabile amico a quattro zampe, come spesso capita nei film di Kaurismäki, e anche due attori già visti nell’universo del cineasta: Janne Hyytiäinen, ai tempi protagonista de Le luci della sera, e Sakari Kuosmanen, uno dei mitici Leningrad Cowboys e comprimario di due dei tre capitoli della trilogia proletaria. Per la prima volta dal 1994 manca all’appello la musa di Kaurismäki, l’attrice Kati Outinen.
Un ritorno (in)atteso
All’epoca dell’annuncio del ritiro dal cinema c’era una certa logica in quella scelta, un’uscita di scena che era il giusto campionario di tutte le tematiche care al regista, ma anche un film che rientrava nelle celebrazioni per il centenario dell’indipendenza della Finlandia e il primo uscito dopo la morte del critico e programmatore Peter Von Bagh, amico e a volte anche collaboratore di Kaurismäki (insieme avevano fondato il Midnight Sun Film Festival che si svolge a Sodankylä, in Lapponia, nel periodo estivo). Aprendo i titoli di coda de L’altro volto della speranza con la dedica all’amico scomparso si suggeriva un addio perfetto, un epitaffio cinematografico che a Petteri – come lo chiamava chi era in confidenza con lui – sarebbe piaciuto tanto. Ma alla luce delle ingiustizie che continuano, con la guerra in Ucraina che fa da puntuale accompagnamento sonoro mentre i personaggi ascoltano la radio, era impossibile che il cineasta se ne stesse con le mani in mano, realizzando per la seconda volta un sequel spirituale della trilogia proletaria (Nuvole in viaggio, del 1996, doveva essere un seguito vero e proprio, ripensato poi in seguito alla morte prematura dell’attore-feticcio di Kaurismäki, Matti Pellonpää).
La poetica del perdente
Fallen Leaves (in originale un ancora più lapidario Kuolleet lehdet, le foglie morte) è un urlo di rabbia nei confronti del capitalismo, espresso però con la solita recitazione estremamente misurata (che però nei momenti cruciali è all’origine di una tenerezza disarmante) e con l’ardire estetico di un catalogo IKEA, e al contempo un inno alla magia e alla poesia del cinema, dai soliti Ozu – punto di riferimento indispensabile per il campo e controcampo nei dialoghi – e Bresson a Chaplin passando per l’amico Jim Jarmusch, senza dimenticare un intermezzo musicale “italiano” che fa pensare al fratello del regista, Mika, che più volte ha raccontato il Belpaese in ottica nordicamente ironica. In mezzo a tanta disperazione (“Sono depresso perché bevo tanto, e bevo tanto perché sono depresso”, dice Holappa in una delle sue prime scene) c’è comunque spazio per la gentilezza, fino ad arrivare a quello che è il classico happy end triste di cui Kaurismäki è un maestro, con una battuta finale che racchiude in sé tutto il senso del suo modo di vedere la vita, la società, l’arte e il cinema. Bentornato, Aki.
La recensione in breve
Aki Kaurismäki torna dietro la macchina da presa con un altro pezzo di poesia malinconica, politica, volutamente sottotono e al tempo stesso emotivamente travolgente. Impeccabili i due attori protagonisti.
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Voto CinemaSerieTV