Il film: Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2, 2011. Regia: David Yates. Cast: Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Helena Bonham Carter, David Bradley, Jim Broadbent, Robbie Coltrane, Tom Felton, Ralph Fiennes, Michael Gambon, Ciarán Hinds, John Hurt, Jason Isaacs, Matthew Lewis, Alan Rickman, Maggie Smith, David Thewlis, Julie Walters, Bonnie Wright.
Genere: fantastico, avventura. Durata: 130 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: Voldemort si è impossessato della Bacchetta di sambuco, e decide di assediare Hogwarts, costringendo Harry Potter e i suoi amici a una lunga battaglia finale.
La fine, rigorosamente in tre dimensioni come dettava la moda di allora: dopo (quasi) esattamente dieci anni è giunta al termine sul grande schermo l’avventura di Harry Potter, il maghetto ideato da J.K. Rowling. Una saga durata dieci anni, otto film, due sceneggiatori e quattro registi, di cui l’ultimo, David Yates, reclutato per portare a casa l’atto finale in forma prolungata, essendo stato reclutato a partire dal quinto lungometraggio, proprio quando la storia si faceva più seriale. E con lui siamo arrivati a un finale capace, dopo sei film precedenti che a malapena vi si avvicinavano, di superare gli incassi del capostipite, ritenuto a lungo irraggiungibile. E di questa epica conclusione parliamo nella nostra recensione di Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2.
La trama: la scuola come campo di battaglia
Alla fine del film precedente, dopo che Harry, Ron e Hermione hanno saputo dell’esistenza dei Doni della Morte, Voldemort è riuscito a impossessarsi di uno di essi, la Bacchetta di sambuco. Con tale oggetto, che sulla carta lo rende invincibile, decide di assediare Hogwarts per uccidere Harry, tornato a scuola per la battaglia finale e per trovare gli ultimi Horcrux, la cui distruzione è l’unico modo per rendere il villain sufficientemente vulnerabile. Il conto alla rovescia si fa sempre più teso, con Harry che ha ancora in mente la celebre profezia in base alla quale, nello scontro con Voldemort, uno dei due dovrà per forza uccidere l’altro. E rimane la questione spinosa della lealtà di Severus Piton, di cui Silente si fidava ciecamente fino alla morte. Sarà lui l’elemento decisivo nell’atto finale della guerra per la libertà del mondo magico?
Il cast: tutti insieme magicamente
Salvo i Dursley, congedati all’inizio del settimo episodio, il film è a tutti gli effetti una rimpatriata per quanto riguarda le figure più importanti del franchise, anche in termini di location con il breve ritorno alla banca Gringott. Ciò non toglie che ci sia spazio per due nuovi ingressi di peso, Ciarán Hinds nei panni di Aberforth Silente, fratello di Albus, e di Kelly McDonald nel ruolo di un fantasma con informazioni vitali per l’esito della guerra. Ma la parte del leone, come si poteva intuire già dalla lettura del libro, spetta ad Alan Rickman, da sempre un elemento validissimo del franchise ma qui assolutamente imprescindibile per i nuovi livelli di umanità che conferisce al magnificamente odioso Severus Piton, capace di colpire al cuore il pubblico con una sola, lapidaria parola: “Sempre.” Una battuta rimasta impressa, dato che dopo la morte dell’attore nel 2016 è diventata una sorta di motto dei suoi fan per sottolineare quanto lui fosse importante per loro, e per la saga di Harry Potter.
Arrivare al traguardo
Al netto dell’epilogo che già in forma cartacea era debole e sullo schermo ha la zavorra aggiuntiva degli effetti digitali non proprio eccelsi, la quarta avventura a cura di Yates centra il bersaglio riuscendo a equilibrare la nostalgia e il desiderio di far crescere un’ultima volta il franchise, con un tono malinconico che si esprime forse al meglio nella sequenza in cui, con l’accompagnamento musicale solenne di Alexandre Desplat, le statue di Hogwarts si animano per difendere la scuola dall’attacco dei Mangiamorte. Il messaggio è chiaro: l’innocenza dei primi film ha ceduto il passo a una consapevolezza della natura effimera delle cose, e il castello si fa teatro di un’ultima, profonda riflessione su vita e morte, prima di tornare ciclicamente alla spensieratezza del 2001 e al tema musicale di John Williams per chiudere idealmente il cerchio. E se Harry sarà per sempre noto come il ragazzo che è sopravvissuto, anche il suo viaggio cinematografico lungo dieci anni non è stato da meno.
La recensione in breve
La saga si conclude con la giusta miscela di spettacolo, malinconia, magia e pathos, con i giovani maghi che crescono un'ultima volta sullo schermo per superare lo scoglio finale che li separa dall'età adulta.
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