Il film: I tre moschettieri – Milady (Les Trois Mousquetaires: Milady), 2023. Regia: Martin Bourboulon. Cast: François Civil, Vincent Cassel, Romain Duris, Pio Marmaï, Eva Green, Louis Garrel, Vicky Krieps, Lyna Khoudri, Jacob Fortune-Lloyd, Ralph Amoussou.
Genere: avventura. Durata: 115 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema, in lingua originale.
Trama: Dopo aver sventato il complotto protestante, i moschettieri si rendono conto di non aver ancora chiuso con la misteriosa e letale Milady..
Tra i tanti spettacoli di matrice americana, lo scorso anno in sala se n’è distinto uno di origine transalpina, I tre moschettieri – D’Artagnan, prima parte di un dittico liberamente adattato dal romanzo di Alexandre Dumas, di nuovo oggetto di una trasposizione francese dopo anni di sole versioni in lingua inglese. Un progetto incredibilmente ambizioso, con i due film girati in blocco, quasi interamente in esterni, con un budget complessivo di circa 70 milioni di euro. Un sogno che si avverava per il regista Martin Bourboulon, che da giovane era stato sul set di Eloise, la figlia di D’Artagnan, prodotto dal padre. E mentre in patria il secondo capitolo è stato il grande evento natalizio in sala (dopo che il primo era uscito intorno a Pasqua), da noi è arrivato in tempo per San Valentino, motivo per cui state leggendo questa recensione de I tre moschettieri – Milady.
Donna navigante, pericolo costante
Il film precedente si era concluso con una vittoria parziale per i nostri eroi, con D’Artagnan affranto (e privo di conoscenza) in seguito al rapimento dell’amata Constance Bonacieux, la quale aveva scoperto l’identità degli autori del complotto sventato dai moschettieri. La guerra tra cattolici e protestanti si fa sempre più inevitabile, e per il quartetto rimane una spina nel fianco la misteriosa Milady De Winter, che si muove tra due nazioni – Francia e Inghilterra – per conto del cardinale Richelieu nel tentativo di influenzare le sorti del conflitto, con ogni mezzo necessario. Particolarmente complicata è la posizione di D’Artagnan, che vorrebbe ucciderla per aver organizzato il sequestro di Constance, ma al tempo stesso non può negare di essere fisicamente attratto da lei. E non è l’unico dei moschettieri ad avere un atteggiamento conflittuale nei confronti di questa affascinante femme fatale…
“And Eva Green”
Come suggerisce il titolo, dopo un primo lungometraggio dedicato a D’Artagnan, abilmente interpretato da François Civil (con il supporto prezioso di Vincent Cassel, Pio Marmaï e Romain Duris nei ruoli di Athos, Porthos e Aramis), a questo giro la parte del leone spetta a Milady e alla sua interprete Eva Green, che non è certo nuova a questo tipo di parte ma si applica con un’energia che in contesti americani non era sempre presente. Ruba la scena a tutti con autentica gioia, abbracciando la qualità pulp di una delle grandi antagoniste della letteratura francese. Torna anche il solido cast di contorno che include uno strepitoso Louis Garrel nei panni di Luigi XIII, e una delle licenze poetiche più interessanti (e non sono poche, poiché questa seconda parte devia maggiormente dalla fonte, anche forse nell’eventualità di un terzo film) riguarda l’inclusione del moschettiere di origine africana Hannibal, basato su un vero personaggio storico dell’epoca, Aniaba.
Epico al quadrato
Concepito, per esplicita ammissione dei produttori, come risposta ai franchise americani sempre più artificiali in termini di lavorazione (al punto che è quasi sconvolgente quando i cineasti usano il meno possibile la CGI), il dittico è stato un’autentica ventata di freschezza in un mercato un po’ stantio, anche se il primo episodio, per quanto ben strutturato, si perdeva un po’ per strada nella parte centrale, più verbosa e meno attenta al movimento costante dell’epica. Una caratteristica che il secondo capitolo non ha, anzi: più aperto (gran parte dell’azione si svolge in esterni, con un’estetica più luminosa laddove il film precedente era stato criticato per una patina eccessivamente scura in certe scene), moltiplica le peripezie con gusto dell’avventura, praticamente senza mai fermarsi, al punto che persino il classico finale del libro viene rielaborato per porre le basi per un possibile, probabile, terzo capitolo (dopo che gli sceneggiatori si saranno cimentati con l’altra grande creatura letteraria di Dumas, il conte di Monte Cristo). Una storia che, in questa ennesima rivisitazione, si fa a sua volta franchise, potendo potenzialmente andare avanti all’infinito. E se le premesse sono queste, ben venga.
La recensione in breve
La seconda parte dell'ambizioso progetto di Pathé moltiplica le peripezie epiche e gli intrighi, avvalendosi di un apparato tecnico sontuoso e di un grande cast, inclusa una magnifica Eva Green.
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