Il film: Iddu – L’ultimo padrino. Regia: Fabio Grassadonia e Antonio Piazza Cast: Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi, Antonia Truppo, Tommaso Ragno. Genere: Crime, drammatico. Durata: 122 minuti.
Dove l’abbiamo visto: In anteprima alla Mostra del cinema di Venezia.
Trama: Sicilia, primi anni 2000. Dopo alcuni anni in prigione per mafia, Catello, politico di lungo corso, ha perso tutto. Quando i Servizi Segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio Matteo, ultimo grande latitante di mafia in circolazione, Catello coglie l’occasione per rimettersi in gioco. Uomo furbo dalle cento maschere.
A chi è consigliato: Agli amanti delle crime story italiane che mettono la mafia al centro delle loro narrazioni.
«Liberamente ispirato a fatti accaduti. I personaggi che vi compaiono sono frutto però della fantasia degli autori. La realtà è un punto di partenza, non una destinazione». Così si apre Iddu – L’ulimo padrino, il nuovo lungometraggio di Fabio Grassadonia & Antonio Piazza presentato in concorso all’81sima edizione della Mostra del Cinema di Venezia e nelle sale italiane a partire dal 10 ottobre. Un film che racconta il tentativo di cattura nei primi anni 2000 di uno dei latitanti più famosi della storia del crimine: un tale Matteo. Quest’ultimo altro non richiama esplicitamente che Matteo Messina Denaro, interpretato da Elio Germano. Per farlo, la polizia si serve di Catello (Toni Servillo), ex preside ed ex politico, appena uscito dopo alcuni anni di prigione per mafia. Lui accetta di collaborare, e cerca di intercettare Matteo, approfittandosene del suo vuoto emotivo, attraverso uno scambio di lettere. Per Catello, questa è un’occasione per rimettersi in gioco, sfruttando quella sua maschera doppiogiochista capace di riflettere, come vedremo nella nostra recensione di Iddu – L’ultimo padrino, una regione intera.
Uno stato fantoccio e depravato
Perché è La Sicilia (e L’Italia) la protagonista dell’ultimo film di Grassadonia & Piazza che conclude la trilogia sulla rappresentazione della Mafia iniziata con Salvo (2013) e proseguita con Sicilian Ghost Story (2017). Iddu gioca su un registro grottesco e tragicomico per raccontare una regione contrassegnata da quell’omertà che permette ad un assassino senza scrupoli di vivere sotto la luce del sole. E i personaggi di Matteo e Catello vengono dipinti come i perni di un universo criminale che, nel suo prendersi troppo sul serio, finisce per diventare incredibilmente buffo e funesto al tempo stesso.
Iddu è un’opera che cerca di penetrare all’interno di quel cinema paradossale capace di sbeffeggiare uomini flebili che si pavoneggiano dietro paroloni e linguaggi aulici (ad un certo punto si dirà che in Italia nessuno legge tanto quanto i carcerati), timorosi di veder crollare il loro potere. Durante la visione si ride abbastanza, proprio perché Grassadonia e Piazza riescono, attraverso alcuni momenti di sceneggiatura pregni di un comico particolarmente efficace, ad immergere lo spettatore dentro un mondo assurdo e tremendamente vacuo, popolato da figure eccentriche ed amorali. Un mondo che riflette la condizione di uno stato fantoccio e depravato, che prende il nome di Italia.
Una denuncia poco rischiosa
Ma nonostante il tono di Iddu riesca tutto sommato ad abbandonarsi alle assurdità delle situazioni che crea, la denuncia sulle contraddizioni della criminalità organizzata che i due registi cercano di impacchettare attraverso i momenti drammatici, appare, nella sua riuscita finale, troppo debole e poco incisiva. E soprattutto poco rischiosa. Il progetto di Grassadonia & Piazza è nato in seguito al ritrovamento di numerosi “pizzini” attraverso cui il boss Matteo Messina Denaro gestiva i suoi affari durante la latitanza. Delle lettere da cui trapelavano, però, anche certi aspetti della sua personalità e di un mondo incredibilmente ridicolo che si avvolgeva attorno a lui.
Ed è evidente che il film cerchi di indagare anche una componente umana dietro le malvagità di questi delinquenti contraddistinti da una bassezza morale a dir poco sconsiderata. Tuttavia, è proprio la presenza di questo accentro troppo mite ed indulgente (verso la figura del gangster-mafioso) ad incanalare Iddu un limbo sfuggente. E a renderlo, di fatto, poco audace e tanto ambiguo e superficiale.
Una premessa sprecata
Ed è veramente un peccato che Iddu si trasformi, con lo scorrere dei suoi fotogrammi, in un film che tradisce parzialmente le sue premesse. Perché l’ultima opera di Grassadonia & Piazza predisponeva di un materiale di partenza davvero consistente, sprecato però in un copione che avrebbe potuto rischiare di più. Iddu si è rivelato quindi, insieme a Campo di Battaglia di Gianni Amelio, il titolo italiano meno forte del concorso di Venezia 81. Notevoli le performance di Elio Germano e Toni Servillo, anche se per quest’ultimo è stato costruito un personaggio ad hoc tale da non fargli perdere il suo accento napoletano. Meno bravi invece i comprimari, tra cui una Daniela Marra in overacting il cui arco narrativo (quello delle forze dell’ordine corrotte che cercano di incastrare i criminali) appare un esile tripudio di soluzioni cinematografiche già pienamente viste ed abusate.
La recensione in breve
Iddu - L'ultimo padrino, il grottesco biopic su Matteo Messina Denaro, è un film che cerca di indagare una componente umana dietro le malvagità di delinquenti contraddistinti da una bassezza morale a dir poco sconsiderata. Funzionando nei suoi momenti comici, ma forse con un tono troppo indulgente verso la figura del gangster-mafioso. Un'opera poco audace visto il contenuto di partenza.
Pro
- Alcuni momenti comici efficaci e gestiti bene
- Notevoli performance di Germano e Servillo
Contro
- La presenza di un tono troppo mite ed indulgente verso la figura del gangster-mafioso
- Poco incisiva la denuncia sulle assurdità della criminalità organizzata
- Un arco narrativo dei comprimari davvero inconsistente
- Voto CinemaSerieTV