Il film: Il cigno, 2023. Regia: Wes Anderson. Cast: Rupert Friend, Ralph Fiennes. Genere: Commedia, Grottesco. Durata: 17 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix.
Trama: Un ragazzo intelligente è perseguitato spietatamente da due bulli senza cervello.
Dopo aver debuttato all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia fuori concorso con il mediometraggio La meravigliosa storia di Henry Sugar (del corto ne parlammo al Lido nella nostra recensione in anteprima) il regista e sceneggiatore Wes Anderson torna con altri tre cortometraggi targati Netflix e tutti adattati da racconti meno noti del celebre scrittore americano per ragazzi Roald Dahl. Un rapporto artistico, quello di Anderson con Dahl, che già nel 2009 si era concretizzato con risultati ben più memorabili grazie al lungometraggio in stop motion Fantastic Mr.Fox (con voci di George Clooney e Meryl Streep, tra gli altri).
Nella nostra recensione de Il cigno, vi racconteremo il secondo cortometraggio scritto e diretto dal regista di Grand Budapest Hotel e Asteoroid City disponibile su Netflix da giovedì 28 settembre, un giorno dopo il rilascio sulla piattaforma di streaming del primo capitolo con Benedict Cumberbatch e Ralph Fiennes. Venerdì 29 e sabato 30 seguiranno altri due cortometraggi tratti da Dahl e sempre diretti da Anderson, Il derattizzatore e Il veleno.
La trama: sulle ali di un trauma adolescenziale
Peter Watson (Rupert Friend) è un ragazzo che si sta da poco aprendo alla fase adolescenziale della vita. Durante il giorno, dopo la scuola, ama scorrazzare fuori casa assieme ai suoi due amici, che però si rivelano presto dei bulletti. Infatti, i due amici di Peter gli chiedono di mettere in atto delle crudeli prove di coraggio: prima, lo costringono a sdraiarsi al centro dei binari di una stazione ferroviaria ed aspettare che passi il treno sopra di lui, poi lo umiliano facendogli indossare due ali di cigno (precedentemente ucciso a sangue freddo dal proiettile di un fucile) e convincendolo a salire su un albero e buttarsi in volo sopra lo stagno. Peter Watson però, che racconta i crudeli eventi nella sua fase ormai adulta, è un ragazzo solo apparentemente debole, capace di un’insospettabile forza d’animo e di un’acuta intelligenza.
Il cigno è il secondo cortometraggio scritto e diretto da Wes Anderson targato Netflix e tratto da uno dei racconti meno noti del famosissimo scrittore americano per ragazzi Roald Dahl. Come per il precedente La meravigliosa storia di Henry Sugar, anche in questo caso il cineasta statunitense continua il suo discorso artistico legato ai meccanismi e al potere quasi magico della parola prima scritta, poi recitata. Se in titoli precedenti quali The French Dispatch e poi Asteroid City Anderson prendeva di mira ed omaggiava le forma della scrittura giornalistica e successivamente drammaturgica, nel progetto Netflix inaugurato da Henry Sugar concentra le sue energie sulla letteratura per adolescenti.
Un racconto geometrico ed essenziale
A differenza del mediometraggio che lo ha preceduto, Il cigno non soltanto possiede un minutaggio decisamente più esile (soltanto 17 minuti!) ma si libera degli orpelli visivi e narrativi che avevano caratterizzato il racconto dell’enigmatico Henry Sugar interpretato da Cumberbatch; laddove il capostipite presentato a Venezia era una vera e propria matrioska di scenografie e racconti nei racconti, Il cigno si fa adattamento essenziale, ridotto all’osso sia nella sua presentazione visiva che concettuale. Il protagonista, un ormai adulto Peter Watson il cui volto è quello del britannico Rupert Friend, prende letteralmente le parole del racconto breve pubblicato da Roald Dahl nell’ottobre del 1976 (ed ispirato ad un articolo di giornale dell’epoca) e le recita pedissequamente, volto sempre ben piantato verso la macchina da presa, quasi a cercare costantemente un dialogo tra personaggio e pubblico, tra finzione e realtà.
Più che soffermarsi sulle implicazioni del trauma adolescenziale subito dal giovanissimo Peter Watson, Wes Anderson preferisce percorrere paesaggi geometrici dal passato crudele e doloroso; aiuole, cortili, giardini, alberi e rotaie di una ferrovia sono gli essenziali espedienti scenografici di cui il cineasta si serve questa volta per reiterare il concetto di dialogo fra parola scritta, il suo ammaliante potere, e quella recitata, vissuta prima dai personaggi della finzione di carta e penna poi dai fruitori finali, prima lettori e adesso (in tempi di streaming a tutto spiano) spettatori davanti ad un piccolo schermo casalingo.
La recensione in breve
Secondo cortometraggio (di quattro in totale) scritto e diretto da Wes Anderson e tratto da un racconto meno noto dello scrittore americano Roald Dahl, Il cigno prosegue la riflessione del cineasta sui prodigi e i meccanismi del racconto, stavolta letterario. Dopo La meravigliosa storia di Henry Sugar, Anderson abbassa il minutaggio (solo 17 minuti) e mette in scena una narrazione geometrica ed essenziale su un trauma d'adolescenza.
-
Voto CinemaSerieTV