Il film: Indiana Jones e il tempio maledetto (Indiana Jones and the Temple of Doom), 1984. Regia: Steven Spielberg. Cast: Harrison Ford, Kate Capshaw, Ke Huy Quan, Amrish Puri, Roshan Seth, Philip Stone.
Genere: azione, avventura. Durata: 118 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Indiana Jones si ritrova ad avere a che fare con una pericolosa setta in India che compie sacrifici umani.
“Anything goes”, succede di tutto, recita il ritornello della canzone che apre il secondo capitolo delle avventure di Indiana Jones. Una descrizione e dichiarazione d’intenti piuttosto chiara per un film che non vuole semplicemente replicare ciò che funzionava nel precedente I predatori dell’arca perduta (emblematica, da quel punto di vista, la sovversione della gag della pistola), ma ritagliarsi un proprio spazio nel panorama del cinema d’avventura. Uno spazio effettivamente innegabile, anche fuori dagli eventi del film stesso, dato che l’eccessiva violenza di alcune scene portò alla creazione del famoso visto PG-13 (sconsigliato ai minori di 13 anni non accompagnati) negli Stati Uniti. Di questo, e altro, parliamo nella nostra recensione di Indiana Jones e il tempio maledetto.
La trama: un anno prima
Indiana Jones non ha ancora avuto il suo incontro ravvicinato con il Terzo Reich e le qualità soprannaturali dell’Arca dell’Alleanza. Si trova a Shanghai, dove un affare con un gangster locale sta per costargli la vita e lo costringe a fuggire insieme alla giovane spalla Short Round. Al duo si aggiunge, senza che fosse previsto, la cantante Willie Scott, e i tre si ritrovano, in seguito a un incidente aereo, in un villaggio indiano. Gli abitanti chiedono aiuto a Indy per ritrovare un oggetto che è stato rubato ed è legato alla scomparsa dei bambini della zona. Indagando sull’accaduto, Jones e i suoi alleati finiscono nelle grinfie di una setta che pratica sacrifici umani…
Il cast: il signore e la signora Spielberg
Felice di ritrovare il personaggio (a differenza di Han Solo con cui non è mai stato interamente a suo agio), Harrison Ford ritorna nei panni di Indy, abilmente supportato da un grintoso e giovane Ke Huy Quan nel ruolo di Short Round. Un po’ meno efficace Kate Capshaw (che qualche anno dopo l’uscita è diventata la moglie di Steven Spielberg), la cui caratterizzazione di Willie – figura ideata da Lucas per variare un po’ rispetto a Marion Ravenwood – è più vicina alla classica damigella in pericolo e, per ammissione della stessa attrice, alquanto irritante in determinate scene. Memorabilmente inquietante Amrish Puri nel ruolo del sacerdote Mola Ram, la cui caratterizzazione – contestata da alcuni per l’immagine che dà dell’India – è in realtà un amalgama di varie culture, per renderlo il più spaventoso possibile. Da segnalare, all’inizio del film, un buffo cameo non accreditato di Dan Aykroyd, che restituisce il favore a Spielberg dopo che questi era apparso alla fine di The Blues Brothers.
Divertimento dark
Controverso all’epoca dell’uscita (con la già citata polemica sulla violenza che portò alla creazione del visto PG-13 per il mercato statunitense e un simile divieto ai minori di 12 anni per il Regno Unito), il secondo episodio è noto soprattutto per la sua virata più cupa rispetto al primo film, una cosa che George Lucas e Spielberg hanno attribuito a ciò che stavano vivendo nel privato ai tempi (il primo era nel bel mezzo di un divorzio, il secondo era separato dall’allora compagna Amy Irving, successivamente sua prima moglie). Un elemento che ha portato soprattutto il regista a parzialmente disconoscere il film col senno di poi, ma che aggiunge un sapore diverso a un’avventura che segue uno schema riconoscibile – con almeno due sequenze spettacolari che non hanno nulla da invidiare alle vette del capostipite – senza scivolare nel déjà vu più puro. È un prequel volutamente strambo, eccessivo, ma chiaramente ancorato nella realtà del franchise, con al suo centro un protagonista che, anche nei momenti più brutali e tonalmente sorprendenti, incarna quello spirito allegro e giocoso d’altri tempi che gli autori hanno voluto e saputo omaggiare con successo.
La recensione in breve
Discostandosi dal tono del capostipite, il secondo film della saga di Indiana Jones è indubbiamente straniante, ma anche dotato di un'intrigante identità propria, abbinata alla consueta dose di grande spettacolo.
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Voto CinemaSerieTV