Il film: Le proprietà dei metalli, 2023. Regia: Antonio Bigini. Cast: Martino Zaccaro, Edoardo Marcucci, David Pasquesi, Antonio Buil Pueyo, Enzo Vetrano, Cristiana Raggi, Marco Cavalcoli.
Genere: drammatico. Durata: 93 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Berlinale, in lingua originale.
Trama: Il giovane Pietro sarebbe in grado di piegare i cucchiai con la sola forza del pensiero, un fenomeno che attira l’attenzione di un professore americano.
Attivo da anni in vari ambiti culturali legati al cinema, tra cui come collaboratore della Cineteca di Bologna, Antonio Bigini ha mosso i primi passi dietro la macchina da presa nel contesto del documentario, per poi passare alla finzione – ma basata su eventi reali – con un lungometraggio ad altezza bambino. Infatti, restando, in tema, la prima mondiale del film, di cui parliamo in questa recensione de Le proprietà dei metalli, si è tenuta alla Berlinale all’interno della sezione Generation, che si rivolge a un pubblico più giovane e promuove, anche con film non strettamente per bambini a livello di impostazione, l’avvicinarsi alla settima arte in un contesto collettivo e cinefilo.
La trama: piccolo talento incredibile
Pietro ha un dono particolare: riesce a piegare, con la sola forza del pensiero, oggetti metallici come i cucchiai. Inizialmente solo una curiosità nel contesto del paesino in cui vive, la cosa comincia a circolare anche al di fuori, tramite voci e pettegolezzi. Tra coloro che si interessano ai suoi presunti poteri c’è un professore universitario americano, e fra i due si crea un rapporto peculiare a partire dagli esperimenti volti a dimostrare l’attendibilità scientifica della vicenda, che rappresenta un bagliore di speranza all’interno di una comunità segnata da varie difficoltà.
Il cast: legame italoamericano
Pietro è il giovane Martino Zaccaro, anima innocente del film e uno di due estremi del rapporto centrale del racconto, insieme all’americano David Pasquesi. Attore e comico dalla carriera pluridecennale (tra cui anche – ironia della sorte – un recente ruolo da supereroe nel Marvel Cinematic Universe in un episodio di She-Hulk: Attorney at Law), legato all’Italia tramite la famiglia (Bigini lo ha contattato dopo aver scoperto attraverso un amico comune che ha una casa in territorio bolognese), conferisce la giusta gravitas alla componente “internazionale” ed “accademica” del film, sufficientemente noto da dare al progetto una certa vendibilità in zona anglosassone ma non abbastanza da oscurare il cuore semplice di una storia molto italiana, dove la ricostruzione storica e la narrazione ad altezza bambino hanno la meglio su logiche più prettamente commerciali.
Sotto il metallo un cuore umano
Antonio Bigini si è interessato all’argomento dopo aver sentito parlare della storia vera che ha ispirato la sceneggiatura, e ha optato per un lungometraggio di finzione anziché un documentario per potersi concentrare sul punto di vista dei personaggi più giovani, con un racconto d’innocenza su sfondo non sempre particolarmente allegro. È uno spaccato di Storia d’Italia dove il realismo magico, non dissimile da quello del cinema di Alice Rohrwacher, consente al pubblico di entrare in questi capitoli di ricostruzione di frammenti del Novecento tramite piccole intuizioni che accompagnano la realtà e la elevano per renderla cinematografica e al contempo molto riconoscibile. Il paranormale è la chiave di accesso per entrare in contatto con un racconto di formazione che alla fine è molto “terra terra”, all’insegna di un passato che è anche il presente e, tramite l’inizio del percorso di finzione di Bigini, il futuro.
La recensione in breve
Antonio Bigini parte da un curioso evento reale per raccontare un pezzo d'Italia dove la dura realtà e l'innocenza di un bambino sono due facce della stessa medaglia legata alla realtà del Paese.
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