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Home » Film » Recensioni film » Talk to Me, la recensione del nuovo (sorprendente) horror A24

Talk to Me, la recensione del nuovo (sorprendente) horror A24

La recensione di Talk To Me, il sorprendente film horror dei fratelli Danny e Michael Philippou con protagonista Sophie Wilde.
Carlotta DeianaDi Carlotta Deiana28 Settembre 2023Aggiornato:28 Settembre 2023
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Una scena di Talk to Me
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Il film: Talk to Me, 2022. Regia: Danny e Michael Philippou. Cast: Sophie Wilde, Alexandra Jensen, Otis Dhanji, Joe Bird, Zoe Terakes, Miranda Otto. Genere: horror. Durata: 95 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima stampa, in lingua originale.

Trama: Mia è una giovane donna che ha da poco perso la madre: durante una seduta spiritica insieme a dei compagni di scuola entrerà in contatto con uno spirito. Il rituale la metterà in contatto con una realtà da incubo di cui sarà difficile liberarsi…


All’uscita diversi mesi fa negli Stati Uniti e in molti altri paesi del mondo, il nuovo horror A24 Talk to Me era stato accolto tra il plauso della critica e del pubblico, definito uno dei migliori prodotti del genere degli ultimi anni. Ora che è arrivato anche da noi, e che finalmente lo abbiamo visto, possiamo confermare tutti i giudizi positivi ricevuti? Assolutamente sì!
Il film dei fratelli Danny e Michael Philippou, al debutto alla regia di un lungometraggio, è senza dubbio uno dei migliori titoli di genere orrorifico visti sul grande (e piccolo) schermo da molto tempo a questa parte: si tratta di un “elevated horror” nel miglior senso del termine, basato su uno spunto davvero originale ed interessante; un film girato con un piccolo budget ma con una tale maestria (cosa ancora più incredibile, trattandosi appunto di un’opera prima) da poter rivaleggiare con titoli dal budget infinitamente maggiore.

Come vedremo in questa recensione di Talk to Me sono tanti gli elementi che stupiscono del lungometraggio dei Philippou, dalle azzeccatissime scelte di cast al sorprendente sviluppo narrativo, che ci ha portato ad un’esperienza di visione in sala davvero immersiva ed emozionante. A colpire di più è come, pur muovendosi nell’ampio solco tracciato da tante altre opere del genere ed unendo i topoi più comuni delle storie di fantasmi e possessioni, Talk to Me riesca a trovare una propria strada, assolutamente unica ed originale.

La trama: In contatto con gli spiriti

Una scena di Talk to Me
Mia (Sophie Wilde) è un adolescente che sta vivendo un periodo molto difficile, non ha infatti superato la morte della madre avvenuta – forse per suicidio, forse per un incidente – solo un anno prima. Dopo la tragedia si è allontanata da suo padre, chiuso come lei nel lutto. Per cercare di superare il dolore, Mia passa molto tempo a casa della sua migliore amica Jade (Alexandra Jensen), con suo fratello minore Riley (Joe Bird) e la madre Sue (Miranda Otto), che considera una seconda famiglia. Insieme a Riley, Jade e al suo fidanzato Daniel (Otis Dhanji) una sera Mia va ad una festa a casa di una loro compagna di scuola, Haley (Zoe Terakes): i suoi party sono famosi tra tutti i loro coetanei per un gioco molto particolare, una sorta di seduta spiritica che li mette in comunicazione con l’aldilà. Haley e l’amico Joss (Chris Alosio) sono entrati in possesso di una mano imbalsamata – forse di una medium? di un satanista? – con cui svolgono uno spaventoso riturale: stringendola e pronunciando le parole “Parla con me” ci si mette in contatto con uno spirito dell’aldilà, che per un massimo di novanta secondi possederà il malcapitato di turno. Perchè novanta secondi? Perché più di cosi gli farebbe venire voglia di restare.

Mia decide subito di provare e, tra l’entusiasmo generale, viene posseduta da uno spirito. La sensazione per lei è bellissima, ma l’entità che governa il suo corpo sembra guidata da intenzioni maligne e prende di mira proprio Riley. La confusione del momento è tale che Mia stringe la mano per più dei novanta secondi previsti, e i suoi amici riescono a chiudere il rituale solo dopo diverso tempo. Quali saranno le conseguenze per Mia? La giovane inizia ad essere perseguitata da terrificanti visioni, in particolare è convinta di vedere lo spirito della madre scomparsa. In occasione di un’altra festa, questa volta a casa di Jade, le cose precipitano ulteriormente. Tra chi decide di affrontare il rituale c’è, con il permesso di Mia, lo stesso Riley; l’entità che entra nel suo corpo fa però qualcosa di assolutamente terrificante: cerca di ucciderlo. Salvato in extremis dall’intervento di Jade, il ragazzo viene portato d’urgenza in ospedale, ma qualcosa in lui è irrimediabilmente cambiato: lo spirito non ha lasciato il suo corpo, e la ragione per cui non sembra volersene andare potrebbe essere più spaventosa che mai…

Le tematiche del film

Una scena di Talk to Me

Al centro di Talk to Me troviamo due importanti tematiche: la gestione emotiva del lutto e il bisogno di sentirsi accettati dai propri coetanei per superare la solitudine. È da qui he prende il via tutta la storia: comunicare con gli spiriti è un’esperienza di cui i ragazzi del film provano l’ebrezza insieme e la protagonista, Mia, desidera inizialmente farlo per sentirsi accettata dagli altri. Come vedremo la possessione è una chiarissima metafora della dipendenza da droghe, che nasce magari dal bisogno di sentirsi parte di un gruppo, di una comunità, o di superare un momento difficile (come un lutto).

A rendere ancor più affascinante un film come Talk to Me è il modo in cui riesca ad essere tremendamente teso e a suo modo assolutamente terrificante senza far ricorso agli escamotage tipici del genere horror. Non si utilizzano – rarità nel cinema del terrore di oggi – jump scares, ma anzi la paura è volutamente più sottintesa, graduale, si vuole che cresca nello spettatore, che resti dall’inizio alla fine della visione e che non che sia legata a veloci e temporanei exploit. Un esempio perfetto di questo è come viene gestita la prima sequenza di possessione, quella in cui vediamo il primo spirito, che è terrificante sì, ma viene introdotto con semplicità inaspettata, alla luce, e per questo ha un effetto ancora più forte in chi guarda. L’orrore in Talk to Me è veicolato con scene estremamente potenti (tra tutte quella del rituale di Riley), in cui non si arriva mai al gore vero e proprio ma che non possono lasciare indifferenti. Talk to Me è stato realizzato utilizzando quasi esclusivamente effetti speciali pratici, cosa che rende anche i momenti più forti e spaventosi ancor più realistici.

Una storia terribilmente realistica

Frame tratto da Talk to me

Realismo sembra essere la parola d’ordine per Talk to Me, le entità mostruose incontrate dai protagonisti sono pesanti, materiche, grottesche, non gli spiriti che ci aspetteremmo di vedere ma creature maligne e crudeli che mostrano tutti i segni delle violenza subita.

Anche nella rappresentazione del mondo degli adolescenti, protagonisti di questa storia, i fratelli Philippou risultano estremamente convincenti: i personaggi sono ragazzi come siamo stati anche noi, spinti dal medesimo bisogno di sentirsi accettati e, come è normale oggi, desiderosi di documentare qualsiasi esperienza. Le scene delle possessioni in questo senso sono davvero emblematiche, tutto quello che succede è ripreso e subito caricato sui social, come se le conseguenze di quello che fanno passassero in secondo piano di fronte al bisogno di condivisione.

Ottimo tutto il cast, ma soprattutto Sophie Wilde

Una scena di Talk to Me

Questa sensazione di forte realismo è veicolata dalla ottime interpretazioni del giovane cast, in particolare da quella di Sophia Wilde e di Joe Bird, che danno vita a due personaggi per cui empatizziamo nel corso di tutto il film. Wilde mette in scena un’ampissima gamma di emozioni, utilizzando il suo corpo per esprimere al meglio quello che prova ed i cambi di tono nella narrazione: non possiamo che ricordare la sequenza in cui viene posseduta per la prima volta, l’attrice riesce ad essere assolutamente terrificante, perfetta per un ruolo caratterizzato da una forte ambiguità e da inaspettate oscillazioni.

Anche il resto del cast merita di essere citato, anche se i comprimari e i personaggi secondari non hanno ovviamente lo stesso tempo in scena della protagonista, ci hanno colpito per quanto sono convincenti nei ruoli. Tra loro, in particolare, oltre alla Sue di Miranda Otto citiamo anche i bravissimi Otis Dhanji e Alexandra Jensen.

Un’allegoria che funziona

Una scena di Talk to Me
Come vi abbiamo anticipato, la possessione a cui gli adolescenti del film vanno volontariamente incontro è una chiara allegoria della dipendenza da droghe: è qualcosa che fanno in gruppo per sentirsi accettati, per sentirsi più grandi della loro età, per superare il dolore e la solitudine (come la protagonista Mia). Anche i cambiamenti fisici a cui vanno incontro ricordano gli effetti dell’uso di stupefacenti, come le pupille dilatate e la sensazione di estremo piacere che provano ogni volta (e che li spinge a rifarlo).
Senza per forza leggere Talk to Me come un monito contro l’abuso di droghe, non possiamo che vedere nel suo finale così negativo e privo di speranza un parallelismo con ciò che accade nella realtà se si supera quel punto di non ritorno.

Il finale, di cui non vi riveleremo nulla per evitare spoiler (ma a cui abbiamo dedicato un dettagliato approfondimento) è forse il momento più sorprendete dell’intero film: non c’è salvezza per chi ha giocato troppo con il fuoco, per chi si è avventurato in un territorio – quello dell’aldilà, degli spiriti – senza preoccuparsi delle possibili conseguenze e mettendo in pericolo gli altri. Il destino che lo aspetta è davvero peggiore della morte.

La recensione in breve

8.5 Sorprendente

Talk to Me è un horror tra i più riusciti degli ultimi anni: i fratelli Philippou confezionano una storia estremamente convincente, spaventosa e ricca di spunti di riflessione interessanti. Perfetto anche il giovane cast.

  • Voto CinemaSerieTV 8.5
  • Voto utenti (0 voti) 0
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