Il film: Te l’avevo detto, 2023. Regia: Ginevra Elkann. Cast: Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Alba Rohrwacher, Danny Huston, Riccardo Scamarcio. Genere: Commedia. Durata: 101 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del Cinema di Roma 2023.
Trama: A Roma si registra un caldo senza precedenti nel mese di gennaio. Per le strade dove non c’è quasi visibilità si intrecciano le storie di diversi personaggi esilaranti e grotteschi.
Dopo il ritratto stralunato della famigliola protagonista nel suo esordio Magari, Ginevra Elkann torna con un nuovo affresco altrettanto sbilenco. Nella sezione Grand Public della Festa del Cinema 2023 viene presentato Te l’avevo detto, opera seconda che la regista scrive assieme a Ilaria Bernardini e ritrovando poi Chiara Barzini. Come vedremo in questa recensione di Te l’avevo detto, una planata collettiva sopra una Roma inondata da una calura senza precedenti, dove l’umidità impedisce la visibilità a un palmo dalla mano e le persone perdono la bussola.
La trama di Te l’avevo detto
Fanno 32° a gennaio. Affianco all’albero di Natale ci sono i ventilatori accesi tutto il tempo. Si suda all’inverosimile e tutti quanti partono in esodo verso i laghi, fantomatica meta senza precisa localizzazione che promette del fresco a chi proprio ne può più. Chi invece è costretto a rimanere incastrato nella capitale è poco a poco afflitto dai pensieri, dalle malinconie, dalla depressione.
Te l’avevo detto inizia su Gianna (Valeria Bruni Tedeschi), indice grottesco e quasi schizofrenico che fa da coordinata a tutto il film. È fissata con la religione e, per un motivo che si scopre solo più avanti, anche con Pupa (Valeria Golino), ex pornostar oramai in declino che tra botulino e miserabili esibizioni serali cerca di contrastare il passare del tempo.
Ha pure una figlia con la quale non ha buonissimi rapporti (Sofia Panizzi), la prima delle diverse figlie e figli che tracciano il tema della genitorialità come uno snodo già cruciale nel cinema di Elkann. Ci sono infatti anche i divorziati Caterina (Alba Rohrwacher) e Riccardo (Riccardo Scamarcio) alle prese con il loro di figlio, così come c’è poi il prete tossicodipendente Bill (Danny Huston), che assieme alla sorella Frances (Greta Scacchi) deve spargere le ceneri della madre defunta da poco.
Il barcollare nell’apnea di una Roma irriconoscibile
E i rapporti familiari che intercorrono tra tutti questi personaggi, ognuno afflitto ed acciaccato a modo suo, delineano un contesto tremendamente affaticato. L’apnea in cui Te l’avevo detto cala una Roma irriconoscibile è il contraltare di un’incomunicabilità buffa e rassegnata con piglio tragicomico, dove ci si trascina praticamente alla cieca sperando di imboccare lo svicolo giusto.
Elkann traduce queste ombre macchiate dal sudore – un altro film recente immagina una Roma quasi apocalittica e in cui si suda molto, Adagio – facendole barcollare senza giudizio. Anzi, le osserva con uno sguardo compassionevole, quasi affettuoso. Ad alcune riesce però a restare aderente più che ad altre.
Come già detto, ad essere il carburante propulsivo di questo moto concentrico è Gianna, nella performance di una Bruni Tedeschi lasciata duettare con grande ironia assieme ad una altrettanto ottima Golino. Si prendono un po’ più di spazio rispetto agli altri, dove solo i personaggi di Huston e di Rohrwacher tengono un passo sempre sopra le righe, ma più contenuto.
Disorganico, ma con un piglio intraprendente
Ne esce fuori un quadretto sì disorganico, ma disorganico nella maniera in cui la regista pare voler intendere questa fine del mondo che mette le radici tra gli strappi generazionali. Interpella con una comicità inclassificabile i peccati di un passato lontano e patinato che ricadono e incendiano – letteralmente – l’orizzonte di una vita dove i figli sono disillusi, cinici e in alcuni frangenti quasi gelidi.
Te l’avevo detto si fa fiabetta grottesca e anarchica, un secondo lavoro in cui si rintracciano i punti di contatto con l’incoraggiante esordio della regista e che decide con coraggio di scartare dal seminato, di tentare qualcosa di diverso. Non è tutto ora quel che luccica, complici alcune ridondanze – il sottolineare tante, troppe volte la persistenza di questo caldo – e delle sbavature di messe in scena – le felpe, con questo caldo di cui ci si lamenta? Ma si guarda al complesso e ci si addentra nella fitta nebbia senza punto di fuga, curiosi anche di vedere l’evoluzione di un cinema che qualcosa da mostrare sembra avercelo.
La recensione in breve
Ginevra Elkann arriva a una seconda opera grottesca e anarchica, dove già si intravedono i temi ricorrenti della famiglia e della genitorialità come colonne portanti di un cinema che prova ad esprimersi fuori dal seminato.
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Voto CinemaSerieTV