Il film: The Black Book, 2023. Regia: Editi Effiong. Cast: Richard Mofe-Damijo, Ade Laoye, Sam Dede, Alex Usifo Omiagbo, Olumide Oworu, Kelechi Udegbe, Shaffy Bello, Iretiola Doyle, Taiwo Ajai-Lycett. Genere: thriller, azione. Durata: 124 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: Un uomo decide di opporsi a un gruppo di poliziotti corrotti quando suo figlio viene accusato di un crimine che non ha commesso.
Da qualche anno ormai, Netflix punta al pubblico globale avvalendosi di produzioni e acquisizioni di genere dal mondo intero (tra i paesi più gettonati, come abbiamo approfondito nella recensione di Soulcatcher, c’è la Polonia). Tra le realtà teoricamente più affascinanti con cui collaborare in tal senso c’è Nollywood, l’industria cinematografica nigeriana (che in ambito streaming ha fatto parlare di sé per l’acquisizione netflixiana del film Lionheart, proposto per la corsa all’Oscar nella categoria del miglior lungometraggio internazionale ma squalificato perché aveva troppi dialoghi in inglese). Ed è da lì che proviene un nuovo racconto di vendetta disponibile direttamente sulla piattaforma, e di cui parliamo nella nostra recensione di The Black Book.
La trama: il codice della violenza
In un villaggio dominato dalla corruzione, Paul Edima vive pacificamente come diacono. Poi, un giorno, suo figlio viene accusato di aver preso parte a un sequestro di persona di cui in realtà è innocente, e Paul si rende conto che all’origine di tutto questo c’è un gruppo di poliziotti corrotti, legati in qualche modo al suo passato. E così, al fine di dimostrare l’innocenza del figlio, Edima si ritroverà a dover fare il vigilante, abbandonando la legge divina in favore di quella brutale degli uomini, senza alcuna pietà nei confronti di chiunque cercherà di ostacolarlo.
Il cast: il padre di tutte le vendette
Richard Mofe-Damijo, noto in patria anche come RMD, è l’interprete principale della pellicola e il più illustre membro del cast, avendo una carriera davanti alla macchina da presa iniziata nel 1998 e un percorso parallelo associato alla politica (dopo gli studi di recitazione si è anche laureato in giurisprudenza), e dal 2009 in particolare fa parte della commissione culturale e turistica del Delta, lo stato nigeriano che gli ha dato i natali. Per l’occasione diventa quasi una sorta di Liam Neeson nigeriano, nei panni di un uomo che si sarebbe lasciato alle spalle un passato violento e lo ritrova per difendere l’onore della famiglia e salvare il figlio. Principale antagonista della vicenda è Alex Usifo Omiagbo nei panni del perfido Generale Isa.
Algoritmo africano
Nel paragrafo precedente abbiamo tirato in ballo un paragone con la filmografia di Liam Neeson, ormai anch’essa piuttosto “algoritmica” pur non essendo a cura di Netflix (e nemmeno dello stesso studio cinematografico per tutti i film), con una formula consolidata che si ripete stancamente da un lungometraggio all’altro e la performance dell’attore irlandese come unico elemento di vero interesse nei casi più deleteri. Il medesimo principio è all’opera qui: cambiano il contesto culturale e, non senza un certo fascino estetico, la location, ma al di là del lavoro di Mofe-Damijo e di alcuni momenti ben congegnati nel reparto action c’è ben poco che non sia intriso di quel cinismo commerciale che attraversa molte di queste operazioni, mirate all’accontentare un pubblico che, abituato alle raccomandazioni delle piattaforme, accetta senza remore il minimo indispensabile. Sarà un minimo sufficiente per incuriosire gli utenti di Netflix circa altri esponenti più interessanti del cinema nigeriano, dopo due ore di azione blanda? All’algoritmo l’ardua sentenza.
La recensione in breve
Una premessa intrigante si ritrova annacquata nel mezzo dell'algoritmo di Netflix, con l'ennesimo prodotto di genere che mira al minimo indispensabile.
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Voto CinemaSerieTV