Il film: The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo (The Day After Tomorrow), 2004. Regia: Roland Emmerich. Cast: Dennis Quaid, Jake Gyllenhaal, Ian Holm, Emmy Rossum, Sela Ward, Arjay Smith, Austin Nichols, Kenneth Welsh, Nestor Serrano, Tamlyn Tomita.
Genere: fantascienza, catastrofico. Durata: 124 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Il cambiamento climatico comincia ad avere conseguenze disastrose per l’intero pianeta.
Al netto della sua fama associata al genere catastrofico, Roland Emmerich è uno che al pianeta Terra ci tiene, e mentre accumulava successi al box office alla fine degli anni Novanta cercava anche di farsi finanziare un progetto sui pericoli del cambiamento climatico. Dopo vari rifiuti, sua sorella – e co-produttrice dei suoi film – gli suggerì di rendere l’argomento più commercialmente appetibile, ed ecco che, dopo la parentesi storica de Il patriota, il cineasta tedesco di casa a Hollywood decise di trasformare le sue preoccupazioni per il futuro dell’umanità in ambizioso disaster movie. Ed è di quel film, uscito con successo nel 2004 (ma contestato dalla comunità scientifica per le sue numerose licenze poetiche), che parliamo in questa recensione di The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo.
La trama: un clima un po’ teso
Jack Hall, paleoclimatologo che lavora per il governo americano, teme che qualcosa stia andando storto con il pianeta durante dei rilevamenti in Antartide. Il collega scozzese Terry Rapson arriva alla medesima conclusione, che il cambiamento climatico stia conducendo a una nuova era glaciale, ma il vicepresidente degli Stati Uniti, Raymond Becker, ritiene che tutto ciò sia poco plausibile. Improvvisamente diversi cataclismi colpiscono varie località, e Jack si rende conto che le sue previsioni erano troppo ottimiste: il punto di non ritorno è già stato raggiunto, e la Terra sarà coperta dai ghiacci in brevissimo tempo. Tra le città che saranno colpite in maniera particolarmente brutale c’è New York, dove in quel momento si trova Sam, il figlio di Jack, per un torneo accademico.
Il cast: la famiglia allagata
Padre e figlio sono Jack Quaid e Jake Gyllenhaal, due facce di una stessa medaglia, con il pessimismo del primo che si contrappone all’atteggiamento più positivo del secondo, mentre Sela Ward (successivamente reclutata da Emmerich per Independence Day – Rigenerazione) completa la componente famigliare della pellicola nei panni della signora Hall, pediatra che deve occuparsi di alcuni pazienti mentre è in corso lo stravolgimento climatico. Ian Holm, all’epoca tornato a essere un caratterista molto richiesto dopo essere stato Bilbo Baggins, aggiunge un po’ di aura britannica all’operazione nel ruolo di Rapson, mentre Kenneth Welsh nutre il contenuto neanche tanto velatamente satirico a livello politico con la sua performance nella parte di Becker, un personaggio volutamente ricalcato sull’allora vicepresidente americano Dick Cheney (mentre il presidente, in quello che è l’inside joke più prevedibile della pellicola, ricorda visivamente Al Gore, il quale in seguito usò la sequenza dei titoli di testa di questo film, senza le scritte, per raffigurare l’Antartide nel documentario Una scomoda verità). Ovviamente, Emmerich dovette imporsi per mantenere questo aspetto nel film, poiché lo studio temeva che la frecciatina fosse eccessiva.
Tempesta di intrattenimento
Alla distruzione, spettacolare come sempre, il regista affianca questa volta un autentico desiderio di affrontare discorsi più elevati, costruendo il meccanismo attrazionale del disaster movie attorno a un sincero messaggio di coesistenza e salvaguardia del pianeta. Un ottimismo a tratti ingenuo (vedi l’immagine della Statua della Libertà ancora in piedi dopo lo tsunami, parte integrante del marketing del film nonostante nella realtà sarebbe stata rasa al suolo dall’ondata), ma con punte di humour stratificato (la scelta di quali libri bruciare quando il gelo si abbatte sulla New York Public Library) e abbastanza sincerità da conferire pathos e anima a quello che in altre circostanze poteva essere il solito giocattolone roboante ed estenuante. E a quasi due decenni di distanza, la frustrazione che portò Emmerich a voler girare il film è ancora più giustificata.
La recensione in breve
Roland Emmerich va oltre il puro intrattenimento per parlare di un argomento che gli sta a cuore, dando al suo film un'anima dietro la scorza del puro disaster movie.
- Voto CinemaSerieTV