Il film: Zucchero Sugar Fornaciari, 2023. Regia: Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano. Genere: Documentario, musicale. Cast: Zucchero, Bono, Sting, Brian May, Paul Young, Andrea Bocelli, Salmo, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Roberto Baggio, Jack Savoretti, Don Was, Randy Jackson, Corrado Rustici. Durata: 100 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima stampa alla Festa del Cinema di Roma.
Trama: Il film documentario racconta Zucchero Sugar Fornaciari attraverso le sue parole e quelle di colleghi e amici come Bono, Sting, Brian May, Paul Young, Andrea Bocelli, Salmo, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Roberto Baggio, Jack Savoretti, Don Was, Randy Jackson e Corrado Rustici. Un viaggio dell’anima che, grazie a immagini provenienti dagli archivi privati di Zucchero e dal “World Wild Tour”, il suo ultimo e trionfale tour mondiale, va oltre il ritratto di un musicista di successo arrivando fin dentro i dubbi e le fragilità dell’uomo.
C’è qualcosa in Emilia Romagna che fa crescere grandi musicisti. Qualcosa che fa somigliare le paludi del Po a quelle del Mississippi. E che evidentemente è un terreno di coltura perfetto per il rock, il blues, il cantautorato. Persino la lirica. È il primo pensiero che abbiamo avuto al termine della visione di Zucchero – Sugar Fornaciari, il documentario firmato da Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023, nella sezione Proiezioni Speciali. Un lavoro davvero bello, emozionante, genuino, che ci è piaciuto per la capacità di dar voce a un protagonista unico del nostro panorama musicale.
Un cantante che si è messo a nudo, raccontando anche gli anni terribili della depressione, e che pian piano è tornato alla vita grazie al potere alla musica e alla grande umanità dei suoi colleghi/amici. Come vedremo nella nostra recensione di Zucchero – Sugar Fornaciari, l’obiettivo dei due registi è stato centrato. Tra immagini delle campagne emiliane che sembrano quasi tratte da Novecento di Bernardo Bertolucci e arene traboccanti di gente, Zucchero, l’anima antica, il cappellaio matto dalla voce di cuoio, rivela le parti meno conosciute di sé e della sua vita.
La trama: tra il Po e il Mississippi
Adelmo Fornaciari è figlio della provincia emiliana. La stessa che ha dato i natali al più grande rocker di casa nostra Vasco Rossi, a Francesco Guccini e a Ligabue. Cresciuto in una famiglia contadina a Roncocesi, non lontano da Reggio Emilia, si innamora si da subito della musica, approfittando di ogni minima possibilità per strimpellare qualche strumento. Adelmo è un bambino sensibile e dolce, ecco perché la maestra lo soprannomina Zucchero. La musica diventa professione dopo il trasferimento della sua famiglia a Forte dei Marmi, un momento chiave dell’infanzia, che Adelmo vive con dolore. Non sa nemmeno nuotare e non capisce il motivo di quel trasferimento al mare. Infatti, porta sempre con sé infatti un vaso con la terra della vecchia casa e ogni tanto ne annusa l’odore. In questa città da ricche vacanze anni ’60 Zucchero inizia a collaborare con vari gruppi locali, anche come cantante.
Castrocaro prima e Sanremo poi lo proiettano, a dire il vero, senza troppa enfasi tra gli artisti che contano. Ma a un passo dal baratro, con dirigenti discografici che gli pongono aut aut terribili, Zucchero, pubblica il 45 giri che gli darà il successo, Donne. Frutto di una collaborazione con Randy e Jackson e Corrado Rustici, che lo affiancheranno nella sua salita all’empireo del rock, il pezzo ne mostra l’originalità e il talento. Da quel momento la carriera di Fornaciari si trasforma. Arrivano hit internazionali, collaborazioni con mostri sacri come Bono, Eric Clapton, Miles Davis, Luciano Pavarotti. Ma arriva anche la depressione che lo afferra al culmine della sua celebrità, quando, dice lui, avrebbe dovuto solo essere felice. Da lì inizia un altro percorso, per Zucchero. Che continua la sua marcia senza arrestarsi.
I’m Blues
Quando vediamo un documentario che prova a mostrare vita, opere e (o)missioni di un artista, facciamo subito la tara, eliminando tutto il superfluo e lasciando sedimentare solo ciò che conta davvero. Non è questione di verità o di bugia, ma di emozioni. Così, se cancellassimo dal documentario di Zanella e De Stefano la parte “agiografica”, con le interviste a Bono, Sting, Roberto Baggio, Francesco Guccini, Francesco De Gregori che raccontano quanto sia speciale il signor Fornaciari, la storia reggerebbe alla grande. E regge perché il suo protagonista mostra in maniera diretta e senza mediazioni la sua identità genuina.
Non ci interessa l’aderenza alla realtà, ma l’emozione che scaturisce dalle parole di Zucchero quando racconta la nascita di una canzone. O quando parla della sua depressione. “Mi sentivo annullato”, dice. “Anche l’idea di stare bene mi faceva stare male”. Oltre a essere una descrizione perfetta di un male che colpisce a ogni latitudine, senza tenere conto del censo, questa dichiarazione è l’istantanea perfetta di un musicista viscerale, genuino.
Che non a caso ha scelto come luogo da abitare un genere musicale impastato di tristezza, passione, amore, desiderio. Il blues, come il soul celebrato nei Commitments (citato in maniera gustosa nella sequenza in cui Zucchero suona A Whiter Shade of Pale con l’organo della sua parrocchia), è la musica dei proletari. Di chi lavora e a volte non vede un futuro, ma non rinuncia alla speranza. Le paludi del Po allora somigliano a quelle di New Orleans non solo a livello paesaggistico, ma perché vibrano di uno stesso suono. Per tornare a qualche riga fa, però, noi non vogliamo cancellare tutte le interviste con le testimonianze dei colleghi che hanno lavorato con Zucchero e che gli vogliono bene. Perché (e non è scontato), sono una grande ricchezza.
Il viaggio dell’eroe
In più di un momento ci sono passate davanti agli occhi le immagini della bellissima docuserie su Vasco Rossi di Netflix, di cui abbiamo fatto la recensione. Oltre a condividere la stessa radice geografica, il successo incredibile e anche i momenti bui, il Blasco e Zucchero hanno la stessa autenticità popolare. E nelle loro parole c’è quella scintilla di passione che li rende unici. Sono entrambi eroi e antieroi delle rispettive storie, per questo riescono ad ammaliare il pubblico ancora oggi (e con quale tenuta!).
Zucchero è un uomo che ha resistito al dolore, è riuscito a superarlo trovando nella musica una ragione per vivere. E Zanella e De Stefano sono bravissimi a farlo brillare, a inserirlo in un contesto che da lui trae forza e a cui lui dà forza. Il risultato è un’opera emozionante su più livelli, che seppur non distaccandosi dalla struttura del documentario-intervista, ci regala qualcosa di prezioso. Crediamo che questo quid sia la sua umanità, che Bono descrive benissimo come “bicchiere che non si svuota”. Un’immagine bellissima, totalmente credibile.
La recensione in breve
Zucchero è un bluesman coi fiocchi e il documentario di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano ne restituiscono in pieno la grandezza artistica e la fragilità umana, confezionando un racconto emozionante e in alcuni momenti anche doloroso.
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