Franco Califano non rinnegò mai l’amicizia con il boss della mala del Nord Francis Turatello, come mostrato dalla fiction trasmessa su Rai 1, anzi, fu sempre orgoglioso di essere suo sodale, anche quando nei primi anni ’80 finì in carcere con l’accusa di aver spacciato ingenti quantità di droga per conto del malavitoso e del capo della camorra, Raffaele Cutolo. Tuttavia Califano ha sempre ribadito di non essere mai stato coinvolto negli affari di Turatello. Un’amicizia che trova testimonianza anche nella copertina dell’album Tutto il resto è noia, in cui il Califfo appare con il figlio del boss, Eros.
Califano e Turatello si conobbero negli anni ’70, in occasione della prima detenzione di Califano, che finì in prigione per lo scandalo droga in cui rimasero coinvolti anche Walter Chiari e Lelio Luttazzi. Turatello era giovanissimo, ma aveva già un curriculum criminale di alto livello. Soprattutto nell’ambito delle bische clandestine, dei locali notturni e della prostituzione. Si diceva fosse il figlio illegittimo del mafioso americano Frank Coppola, detto “Frank Tre Dita” legato alla famiglia Gambino, ma la questione non è mai stata chiarita.
“A Milano conobbi Francis Turatello, il gangster” – raccontò il Califfo in un’intervista a Mangialibri – “Ero stato in carcere e mi ero comportato da uomo, senza lacrime, senza rompe li cojoni e soprattutto senza fare la spia. Mi stimava per questo, e diventammo amici”
Il cantautore frequentava con regolarità la famiglia del boss, legandosi in particolare al figlio di Turatello, Eros, il bambino che comparve sulla copertina dell’album Tutto il resto è noia del 1977. “Lui voleva aprire una società di produzione cinamatografica intestata proprio al figlio e a me, ma poi morì e nun se ne fece nulla”, raccontò Califano.
Lo stesso Eros Turatello, a Fronte del Blog, ha commentato come nacque quella copertina e l’incontro successivo con Califano, un po’ deludente: “Mio papà e Franco erano buoni amici, perché negarlo?” – spiegò l’uomo – “Quella foto, che poi finì sulla copertina di Tutto il resto è noia, venne scattata un pomeriggio in cui lui ci venne a trovare ed io, saltandogli addosso per salutarlo, venni immortalato da uno scatto provvidenziale. Oggi per me è strano rivedere quella copertina dopo tanti anni. Mi fa tornare bambino. Un po’ di anni fa mi capitò di assistere ad un concerto di Califano con un amico e pensai di andare a salutarlo in camerino alla fine dello spettacolo. Probabilmente era stanco, ma non mi parve particolarmente entusiasta di rivedermi”
Quello fu anche l’anno dell’arresto di Turatello a Milano, evento che di fatto segnò l’inizio della fine del suo impero. Nel 1978 a cadere per mano di alcuni criminali fu l’ex moglie Lia, madre del figlio. E di lì a breve tutta una serie di figure a lui legate. Non ultimo, lo stesso Turatello, ucciso nel carcere di Badu ‘e Carros, in Sardegna, nel 1981, con 42 coltellate. Con ogni probabilità per volere di Cutolo, desideroso di espandersi al Nord.
Proprio all’interno della faida tra Turatello e Cutolo si inserisce la vicenda giudiziaria di cui scrivevamo in apertura. Nel 1984, infatti, Califano venne arrestato, nell’ambito di un’operazione contro la Nuova Camorra Organizzata. L’accusa era di associazione per delinquere di stampo camorristico e traffico di stupefacenti. Il pentito Giovanni Melluso – che tra l’altro accusò anche Enzo Tortora di spaccio e altri reati – dichiarò che Califano avrebbe spacciato cocaina per conto di Cutolo e di Turatello. Le parole però si rivelarono del tutto infondate (come quelle a Tortora del resto).
Sull’esperienza carceraria, Franco Califano ironizzò come al solito: “Ho fatto tre anni e mezzo de galera per essere poi assolto, ero famoso ma i processi li hanno intitolati ad altri. Ahò, potevano almeno mettere “con la partecipazione straordinaria di Franco Califano”, ’na cosetta… In carcere? Ho dovuto chiede la cella singola perché me svejavano la notte pe chiedemme come sta messa là sotto Carmen Russo, robba der genere”