L’episodio: Wild Blue Yonder. La serie: Doctor Who, 1963. Regia: Tom Kingsley. Cast</>: David Tennant, Catherine Tate, Bernard Cribbins, Nathaniel Curtis.
Genere: fantascienza, azione. Durata: 55 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Il Dottore e Donna si ritrovano su una misteriosa astronave, senza possibilità di fuga perché il TARDIS è sparito.
Parlando dei tre speciali per il sessantesimo anniversario di Doctor Who, lo showrunner Russell T. Davies ha spiegato come si tratti di tre storie distinte fra loro, con The Star Beast descritto come un’avventura per famiglie, quasi alla Pixar, mentre gli altri due episodi sarebbero stati più strani. Promessa decisamente mantenuta nel caso del secondo di questi tre racconti, arrivato su BBC One e Disney+ con pochissime informazioni al riguardo, portando a teorie talmente astruse (molti pensavano che si sarebbe trattato di una storia con incarnazioni multiple del Dottore, come da tradizione per gli anniversari) che lo stesso regista, Tom Kingsley, ha dovuto smentire sui social che la mancanza di dettagli fosse dovuta a chissà quale sorpresa eclatante. Semplicemente, la produzione voleva che l’episodio, di cui parliamo nella nostra recensione di Doctor Who: Wild Blue Yonder, arrivasse al pubblico nella sua forma più pura, senza troppi spoiler a monte.
La trama: il corridoio della tensione
Donna ha rovesciato del caffè sui comandi del TARDIS, che di conseguenza è diventato ancora più imprevedibile. Dopo almeno una breve sosta (nell’Inghilterra del 1666), la macchina del tempo atterra a bordo di una astronave, e poi sparisce per ricaricarsi. Solo che molto probabilmente, così facendo, ha lasciato in pericolo Donna e il Dottore, perché quest’ultimo ha reimpostato una delle misure di sicurezza del TARDIS, che lo portano ad allontanarsi in caso di situazione ostile. Quale sia questa situazione rimane da capire, perché a bordo dell’astronave sembra non esserci anima viva, e questo da diverso tempo. C’è solo un robot che avanza, lentamente, lungo un interminabile corridoio. Eppure, qualcosa di inquietante è nell’aria, qualcosa che potrebbe mettere alla prova la fiducia reciproca tra il Dottore e colei che lui stesso ama definire la sua migliore amica.
Il cast: due anime solitarie
Dal 2006 in poi, per le esigenze produttive della serie e la lunga durata delle riprese di una singola stagione, è diventata prassi realizzare, una volta per ogni annata regolare con numero standard di episodi, un racconto cosiddetto “Doctor-lite” (con presenza ridotta del Dottore), dove il protagonista appare pochissimo, in modo da consentire al suo interprete di partecipare senza intoppi agli episodi più impegnativi (nel 2008 la strategia fu sdoppiata, con una storia in cui appariva quasi solo il Dottore, e un’altra tutta incentrata su Donna). Wild Blue Yonder è praticamente un’inversione di questo escamotage, poiché sono quasi sempre in scena solo David Tennant e Catherine Tate, con tutte le varie sfaccettature emotive in mostra (lei, in particolare, raggiunge vette puramente drammatiche raramente viste nella sua carriera fatta soprattutto di ruoli comici) mentre fanno i conti con il mistero dell’astronave. Sul fronte più leggero, nel prologo ambientato nel 1666 appare un certo Isaac Newton, interpretato da Nathaniel Curtis che ha già recitato per Russell T. Davies nella miniserie It’s a Sin.
In Loving Memory of Bernard Cribbins, 1928-2022
C’è un secondo ospite, al quale abbiamo voluto dedicare uno spazio a parte, per la sua importanza all’interno del franchise. Si tratta di Bernard Cribbins, a cui è anche dedicato l’episodio, poiché l’attore è venuto a mancare, all’età di 93 anni, poco dopo aver girato il suo cameo (era previsto che apparisse anche nello speciale successivo, ma stando a Davies quelle scene sono state riscritte poiché Cribbins non era più in condizione di partecipare). La sua prima apparizione nel mondo di Doctor Who risale al 1966, non nella serie ma in uno dei due film, considerati fuori dal canone ufficiale del franchise, che adattavano i serial televisivi incentrati sul Primo Dottore, con Peter Cushing al posto di William Hartnell. È poi diventato uno dei compagni d’avventura del Decimo (Tennant) tra il 2007 e il 2010, prima con sporadiche apparizioni secondarie nei panni di Wilfred Mott, il nonno materno di Donna, e poi – con lo stesso personaggio – come spalla a tempo pieno per il primo addio alla serie da parte di Tennant. Con questo breve, emozionante ritorno di Wilf, a cui aveva già accennato l’episodio precedente, si chiude in parte un’era, ed è un altro modo, dati i suoi precedenti con diverse versioni del programma, per festeggiare sei decenni di vita per una delle pietre miliari della fantascienza in lingua inglese.
Epico minimalismo
Come accennavamo in apertura, l’uso di tre speciali per il sessantennale anziché uno solo ha consentito a Davies di analizzare le diverse anime della serie, e dopo l’avventura adatta a tutti del primo episodio è passato a un racconto più cupo, più adulto, molto attento all’introspezione e al gioco con quelle che per il franchise sono due nozioni basilari, lo spazio e il tempo (il modo in cui il regista gestisce la tensione derivata da elementi sulla carta inoffensivi è esemplare). È un racconto che torna alle origini, a come le avventure del Dottore possano spaventare oltreché divertire (è un’immagine ricorrente nella cultura popolare britannica quella dei bambini che saltavano dietro il divano alla vista dei Dalek), ma anche nel senso che si prende ancora di più il tempo, dopo il ritmo leggermente più frenetico di The Star Beast, di scavare nella psicologia del Dottore, di ciò che lui è veramente, di quel mistero che lo accompagnava nei primi anni dello show (da cui anche il titolo del programma) e che il precedente showrunner Chris Chibnall ha recentemente ripristinato con un colpo di scena che, a giudicare da uno dei momenti più carichi di emozione in questo episodio, rimarrà parte integrante della serie negli anni a venire (cosa poco sorprendente se ricordiamo che Davies, durante la sua prima gestione, eliminò subito i Signori del Tempo dicendo che il Dottore era l’unico rimasto). Un concentrato di mitologia che nutre quello che è soprattutto un magnifico teatro di sperimentazioni recitative per Tennant e Tate, convocati su un palcoscenico mutevole e letteralmente senza limiti per riassumere, in meno di un’ora, perché il rapporto tra il Dottore e Donna era uno degli ingredienti più fortunati dello show. E perché, tra pochi giorni, sarà un grande dolore salutarli di nuovo.
La recensione in breve
Il secondo dei tre speciali per il sessantennale pensa "in piccolo" e indaga su quello che significa essere il Dottore, con un'ottima gestione della suspense in un ambiente minimalista e sterminato allo stesso tempo.
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