La serie: Jack Ryan, 2018. Creata da: Carlton Cuse, Graham Roland. Cast: John Krasinski, Wendell Pierce, Abbie Cornish, Michael Kelly, Betty Gabriel, Michael Peña.
Genere: azione, thriller, spionaggio. Durata: 60 minuti ca. /6 episodi. Dove l’abbiamo visto: su Prime Video (screener), in lingua originale.
Trama: Jack Ryan, ora vicedirettore della CIA, deve indagare sulla corruzione interna e scopre un complotto che mette a dura prova la sua fiducia nel sistema americano.
Sembra ieri che su Prime Video arrivava la terza stagione di Jack Ryan, tre anni dopo la seconda per cause di forza maggiore legate alla pandemia. Difatti stranisce un po’ che la quarta – e ultima – annata debutti in streaming appena sei mesi dopo quella precedente, ma con una formula diversa dal solito: laddove le prime tre stagioni abbracciavano la strategia della distribuzione in blocco di tutti gli episodi, la quarta opta per il sistema ibrido che da alcuni anni caratterizza piattaforme come Prime Video e Apple TV+. Pertanto, dopo aver visto i primi due capitoli, per gli altri quattro sarà necessario aspettare di settimana in settimana, due puntate alla volta, fino al 14 luglio. Un aspetto tra quelli di cui parliamo nella nostra recensione di Jack Ryan 4, per la quale abbiamo visto in anteprima la stagione completa.
La trama: venne, vide, vice
Jack è ora il vicedirettore della CIA, e in quanto tale deve indagare su casi di corruzione interna, aiutato dai soliti alleati come James Greer e Mike November. Tutto nella norma, o almeno così credeva Ryan, le cui ricerche in merito portano a una verità sconvolgente: un nuovo complotto, a base di terrorismo e narcotraffico in diretta collaborazione, le cui implicazioni toccano il team da vicino. Mentre cerca di sventare queste nuove, fenomenali minacce, Jack comincia a dubitare del sistema in cui ha sempre creduto e di cui è stato un elemento fondamentale negli ultimi anni.
Il cast: salvate la squadra di Ryan
Come da consuetudine, John Krasinski è di nuovo in azione nel ruolo di Ryan, con il supporto di Wendell Pierce in quello di Greer e Michael Kelly nei panni di November. Dopo una prolungata assenza ritorna Abbie Cornish nella parte di Cathy Mueller, la futura moglie di Jack nei romanzi, e dopo l’annuncio iniziale che lo voleva già nella terza annata questi sei episodi conclusivi segnano il debutto nella serie di Michael Peña nel ruolo del soldato Domingo “Ding” Chavez, noto alleato di Ryan e John Clark (assente nello show ma recentemente protagonista del film Senza rimorso, sempre su Prime Video) ma finora visto solo brevemente nel film Sotto il segno del pericolo, dove aveva le fattezze di Raymond Cruz (mentre Ryan era Harrison Ford). A lui potrebbe essere dedicato un eventuale spin-off, come annunciato ai tempi del casting qualche anno fa.
Pochi ma buoni
Dagli otto episodi a testa delle annate precedenti siamo passati a sei per questa ultima missione di Ryan e soci, la dimostrazione di come la rigidità quantitativa sia ormai una cosa del passato (basti pensare alle alte sfere di Netflix che dopo alcuni anni si sono resi conto che imporre tredici capitoli a stagione in alcuni casi era controproducente), e anche di come Carlton Cuse abbia intatto il suo istinto per ciò che è utile ai fini della narrazione (ricordiamo che per Lost, quando lui e Damon Lindelof proposero due stagioni per chiudere la storia e la ABC ne voleva tre, il compromesso fu lo stesso numero di episodi spalmato su tre anni invece di due).
Senza sbavature e digressioni, la stagione va dritto al sodo nel mettere a nudo il cuore marcio degli USA, seguendo a suo modo la struttura dei romanzi (dove era proprio nel quarto tomo che la minaccia arrivò almeno in parte dall’interno, dopo tre casi dal sapore più internazionale). Ed è forse anche per questo che ha senso salutare Ryan adesso, avendone raccontato l’ascesa all’interno della CIA e seguendo molto liberamente l’evoluzione di quelli che sono i libri più interessanti (il carisma del personaggio è andato un po’ in calando con la deriva presidenziale della saga letteraria).
L’arte del cliffhanger
La scelta della distribuzione settimanale denota anche ciò che nelle annate precedenti era forse un po’ meno evidente: Cuse, veterano della televisione lineare e quindi abbastanza allergico alla deformazione strutturale che può risultare con le serie destinate al bingewatching (come lo è il collega Eric Kripke, che per The Boys ha chiesto e ottenuto lo stesso approccio a livello distributivo), ha sempre concepito la serie in base al principio dell’episodio dotato di un’identità drammaturgica propria, distinguibile da quello precedente e quello successivo e non parte di una massa uniforme come lo erano, ad esempio, i capitoli di House of Cards (spesso con scene conclusive che palesemente non erano intese come tali).
E così, con tattica ibrida di due episodi alla volta, si ritrova anche il piacere della tensione che è parte integrante della spy story, una suspense che si manifesta al meglio nella forma del cliffhanger, fino al momento in cui, con un misto di malinconia e soddisfazione, viene il momento di salutare l’incarnazione più longeva di uno dei personaggi più popolari della letteratura di genere americana.
La recensione in breve
Jack Ryan ci saluta con sei episodi che sono la giusta chiusura del cerchio per uno show che ha saputo portare nel terzo millennio l'icona letteraria della Guerra Fredda ideata da Tom Clancy.
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Voto CinemaSerieTV