La serie: Supersex, 2024. Creata da: Francesca Manieri. Cast: Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Adriano Giannini, Saul Nanni, Enrico Borello, Vincenzo Nemolato, Francesco Pellegrino, Gaia Messerklinger, Jade Pedri, Linda Caridi, Nutsa Khubulava.
Genere: drammatico. Durata: 50 minuti ca. /7 episodi. Dove l’abbiamo visto: alla Berlinale (episodi 1-3) e su Netflix (screener, episodi 4-7), in lingua originale.
Trama: La vita di Rocco Siffredi, dall’infanzia a Ortona all’arrivo a Parigi e i primi passi nel porno, fino alla decisione di ritirarsi nel 2004.
Netflix continua la sua espansione seriale europea con un nuovo Original italiano, grande evento di marzo sulla piattaforma dopo che i primi tre episodi (che insieme formano una sorta di arco completo) hanno debuttato fuori concorso alla Berlinale, con proiezione di gala a cui ha assistito anche l’oggetto della miniserie: Rocco Siffredi, il pornodivo più famoso al mondo, qui reinterpretato quasi come un supereroe, fin dal titolo. La sua vita, o parte di essa, è alla base di un ambizioso progetto in sette episodi (che abbiamo visto in anteprima, tra proiezione in sala a Berlino e screener digitale, per scrivere questo articolo), prodotto da Grøenlandia, di cui parliamo nella nostra recensione di Supersex.
Ammazza che mazza!
La miniserie copre un arco temporale di circa trent’anni, con il 2004 a fare da cornice narrativa con l’annuncio-shock del ritiro di Siffredi dal mondo del porno (decisione su cui, com’è noto, è ritornato diverse volte da allora). Da lì si va a ritroso, con criterio piuttosto lineare sul piano cronologico, a cominciare dall’infanzia difficile a Ortona e la prima scoperta dei piaceri della carne tramite una rivista intitolata Supersex. E poi l’arrivo a Parigi e le prime esperienze (con inevitabile “Oh mon Dieu” quando la prima conquista vede con cosa avrà a che fare), l’ascesa nel mondo del porno, il rapporto professionale e umano con persone come Riccardo Schicchi e Moana Pozzi, e l’incontro con la futura moglie Rosza. Alla sua storyline si alterna a tratti quella del fratellastro Tommaso, coinvolto in affari loschi nella capitale francese.
Rocco e i suoi fratelli
Il trasformismo di Alessandro Borghi si riconferma eccezionale con la sua performance fisica, vocale ed emotiva nei panni di Rocco Siffredi, un ruolo che mette a nudo – in tutti i sensi – i lati euforici e disperati dell’industria a luci rosse (la serie allude a ciò che Siffredi ha svelato anni dopo il suo primo ritiro, ossia una vera e propria dipendenza dal sesso che nemmeno un matrimonio felice può tenere a bada). Con lui completano un bizzarro triangolo Adriano Giannini, anima tragica della miniserie nei panni di Tommaso (l’elemento più romanzato del progetto, con la componente crime che sembra uscita direttamente da uno dei film di Scorsese che sembrano aver ispirato l’approccio al mondo del porno, mostrandone gli apparenti pregi prima di concentrarsi sui difetti), e Jasmine Trinca nel ruolo di Lucia, l’unica donna che Rocco non poté e non potrà mai avere. Il vero Siffredi si concede un buffo cameo nel secondo episodio.
Rocco invade la piattaforma
La sceneggiatura è frutto del lavoro di Francesca Manieri, già collaboratrice di Matteo Rovere, che ha tratto ispirazione dalla vita di Siffredi per riproporne a grandi linee i tratti salienti, intrecciando elementi autentici con trovate di pura fantasia per fare un discorso completo, coerente e drammaticamente coinvolgente sulle conseguenze dei desideri e degli impulsi più basici dell’essere umano (un approccio approvato dallo stesso Siffredi, da qualche anno una delle maggiori voci della ragione sulla necessità di scindere ciò che si vede nei porno dalla sessualità nella vita di tutti i giorni, soprattutto in contesti come quello italiano dove l’educazione sessuale a scuola il più delle volte è un optional). Un discorso che si riflette nella triplice regia di Rovere (episodi 1, 4 e 6), Francesca Mazzoleni (2 e 5) e Francesco Carrozzini (3 e 6), quest’ultimo già sodale di Borghi dietro la macchina da presa per The Hanging Sun. Tramite loro entriamo in un mondo edonista che, quasi come una sorta di Boogie Nights italiano, sin dalle prime immagini cela una grande malinconia di fondo.
Rocco interrotto?
È un racconto appassionante e divertente quello messo in piedi dagli autori (anche se le licenze poetiche a volte sanno un po’ troppo di forzatura drammaturgica), il cui unico difetto è che si interrompe sul più bello, forse in vista di una seconda stagione che potrebbe coprire la “seconda era” del percorso artistico di Siffredi, il suo passaggio a una maggiore fama mainstream – chi si ricorda le mitiche pubblicità di Amica Chips? – e la consapevolezza di come lo strumento di lavoro possa essere un’arma a doppio taglio. Perché per ora, coerentemente con il genere supereroistico a cui si rifà parte dell’impostazione narrativa e iconografica, abbiamo essenzialmente visto la origin story, quella del grande potere associato al grande attributo fisico. Una seconda annata potrebbe approfondire ulteriormente le proverbiali grandi responsabilità, quelle che hanno portato Rocco a capire quale sia il vero superpotere nella sua vita. Non che manchi la componente più spettacolare, nei limiti di ciò che anche Netflix è in grado di mostrare: come dice Siffredi, tutto il resto è porno. Più o meno.
La recensione in breve
La vita di Rocco Siffredi diventa una serie che a volte pecca di eccesso con le licenze poetiche, ma restituisce un ritratto affascinante del celeberrimo pornodivo italiano.
- Voto CinemaSerieTV