La serie: The Witcher 3 parte seconda, del 2023 Creata da: Lauren Schmidt Hissrich. Cast: Henry Cavill, Anya Chalotra, Freya Allan. Genere: Fantasy. Durata: 55 minuti/3 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix.
Trama: Dopo il banchetto ad Aretuza, una tempesta incombe sul conclave dei maghi. Forze oscure sferrano un agguato sanguinario nel tentativo di catturare Ciri, e i sentieri di Geralt, Yennefer e della principessa di Cintra sono nuovamente destinati a dividersi…
Ci eravamo lasciati a fine giugno (qui la nostra analisi) con Dijkstra che puntava un pugnale alla gola di Geralt e, soprattutto, con la rivelazione che l’oscuro mandante della caccia a Ciri altri non è che Vilgefortz, l’amante di Tissaia.
Come già evidenziato nella scorsa recensione, questa terza stagione ha dovuto fare i conti con la pesante eredità lasciata sul campo da un brutto secondo ciclo di episodi, nonché con la notizia che la star protagonista Henry Cavill verrà sostituita da Liam Hemsworth.
Un annuncio giunto, evidentemente, con fin troppo anticipo: oltre il 15% degli spettatori non ha neppure intrapreso la visione della stagione tre, nella convinzione che il passaggio di testimone fosse già avvenuto.
Da parte sua, Netflix è corsa ai ripari con una campagna pubblicitaria volta a informare il pubblico del fatto che Cavill veste ancora i panni di Geralt, ma a questo punto forse sarebbe stato meglio riconsiderare del tutto la scelta del futuro interprete!
Comunque, al netto di queste spiacevoli vicissitudini extra-narrative, i primi cinque episodi di The Witcher 3 ci hanno convinti, e hanno segnato un gradevole riallineamento con la narrazione dei romanzi di Andrzej Sapkowski.
Ora, però, sia per Geralt quanto che la serie, è giunto il momento della resa dei conti: ecco la recensione di The Witcher 3, parte seconda.
Una trama densa di emozioni
Ancor più del solito, in queste poche righe cercheremo di darvi soltanto un assaggio di quel che vi attende su Netflix, senza addentrarci nel terreno degli spoiler.
La seconda parte di The Witcher 3, infatti, è formata soltanto da tre episodi che, come prevedibile, sono davvero affollati da colpi di scena, duelli e morti inattese.
Dopo aver catturato Geralt, nella torre di Aretuza le forze armate della Redania guidate da Dijkstra e Philippa cercano di fare la loro mossa contro i maghi traditori fedeli a Nilfgaard approfittando del favore della notte.
Qualcuno, però, ha anticipato i loro piani, e ben presto l’accademia della magia si trasformerà nel teatro di una sanguinosa battaglia senza quartiere.
Ben presto Geralt, Yennefer e Ciri dovranno combattere contro vecchi e nuovi nemici, e il precipitare degli eventi li costringerà a separarsi.
E così, rimasta sola e costretta a lottare per la sopravvivenza nel rovente deserto del Korath, Ciri dovrà fare i conti con il lato più oscuro della sua eredità prima di ricevere un aiuto inaspettato.
L’intero scenario politico del Continente, intanto, dovrà fare i conti con le conseguenze delle vicende di Aretuza, e la guerra tra l’impero di Nilfgaard e i regni del Nord diventerà inevitabile.
Vorrei… ma non posso!
Anzitutto, ammettiamo le nostre colpe: forse riponevamo fin troppe aspettative nella battaglia di Aretuza, che nei romanzi rappresenta un punto di svolta memorabile per le sorti dell’intera saga di Geralt.
Il budget a disposizione non era certo illimitato, e quasi sicuramente gli autori hanno dovuto fare i conti con i limitati mezzi tecnici a loro disposizione.
Non ha neppure giovato l’ambientazione diurna, che si traduce in una fotografia “patinata” mai così fuori luogo.
Ad ogni modo, il sesto episodio non funziona affatto nel migliore dei modi, ed almeno in parte finisce per tradire il solido lavoro di costruzione svolto nelle puntate precedenti.
Questa volta non stiamo puntando il dito contro eventuali scorciatoie o fantasiose digressioni degli sceneggiatori: per la verità, anzi, la serie segue alquanto fedelmente il sentiero tracciato da Sapkowski, ma è la regia a risultare molto affrettata e del tutto incapace di trasmettere la giusta enfasi al succedersi degli eventi.
La narrazione è congestionata, il montaggio approssimativo, e l’intero episodio fatica a rendere giustizia al proprio contenuto, finendo per sorvolare su personaggi ed eventi di cui avremmo voluto vedere di più, e precipitarsi affannosamente verso la sequenza finale.
In cuor nostro eravamo più che convinti che la battaglia avrebbe richiesto due puntate per dare il giusto peso a tutti i personaggi, e con il senno di poi ci tocca ribadire questa convinzione: la girandola di duelli, redenzioni e colpi di scena che affolla l’episodio avrebbe meritato un respiro narrativo assai più vasto, o quantomeno un uso molto più incisivo della macchina da presa e della colonna sonora.
Certo, il canovaccio viene rispettato, ma se alla fine vi ritroverete con l’amaro in bocca o con la sensazione di esservi persi qualcuno o qualcosa per strada, sappiate che non siete affatto soli!
Sorprese nel deserto
Superato questo primo passo falso, tuttavia, troviamo ad attenderci un episodio (il settimo della stagione) di tutt’altra qualità, che finalmente rallenta i ritmi, muta drasticamente la fotografia e ricomincia a narrare anche mediante la suggestione delle immagini, proprio come ai bei tempi della prima stagione.
Al centro dell’attenzione c’è un solo personaggio, ossia la povera Ciri, che si ritrova costretta a vagare nel torrido deserto del Korath.
Approfittando del momento di quiete, la serie Netflix si prende il giusto tempo per scavare nella mente e nell’anima della bionda principessa di Cintra, facendo emergere la sua umanità, le sue debolezze e, soprattutto, il suo lato oscuro.
Proprio nella sua ora più nera, The Witcher sfodera un episodio solido e convincente, che coniuga tecnica e narrazione, visioni oniriche e realismo per ristabilire un legame emozionale con lo spettatore dopo una resa dei conti assai sotto le attese.
E adesso?
L’ultimo dei tre episodi mantiene alta la qualità tecnica e narrativa, permettendoci di attribuire senza remore un verdetto ampiamente positivo anche alla seconda parte della serie, seppur con un po’ di amaro in bocca per la cattiva gestione dello showdown ad Aretuza.
Gli autori dimostrano di aver imparato dagli errori del passato e di aver ripreso saldamente le briglie della narrazione: più che un atto finale, l’ultima puntata sembra quasi un’introduzione alla prossima avventura, che – scioperi permettendo! – dovrebbe uscire tra qualche anno.
La matassa si dipana (anche grazie ad alcune morti inattese) e i nostri eroi ripartono per un viaggio: Geralt pare aver riacquistato la propria forma migliore, si trasforma definitivamente da cacciatore di mostri prezzolato a eroe riluttante, e il suo cammino sembra ora condurlo verso un orizzonte davvero avvincente.
Purtroppo, però, è già tempo di salutarci: negli ultimi minuti vengono gettate le basi per la quarta stagione e per una nuova miniserie spin off, ma ad ora nulla lascia intravedere il passaggio di consegne tra Cavill e Hemsworth.
L’unico problema è che questo passaggio è ormai realtà, e alla ripartenza occorrerà reinventare l’intera serie, nel tentativo di trovare un solido appiglio narrativo che consenta di giustificare il cambio di attore.
In definitiva, The Witcher 3 ha l’indubbio pregio di segnare un netto passo avanti rispetto alla stagione precedente e consentirci di celebrare nel migliore dei modi l’addio della sua star protagonista.
Resta però il grave demerito, da spartire equamente con la stagione scorsa, di non aver saputo gettare delle durevoli fondamenta narrative e iconografiche.
The Witcher resta un telefilm profondamente Cavill-centrico, forse troppo debole per sopravvivere al cambio di testimone. Da amanti della saga, ovviamente, speriamo di sbagliarci…
La recensione in breve
L’atto finale di The Witcher 3 incespica in partenza, svolta e chiude su una nota molto positiva, che traccia una nuova direzione per il futuro della saga. Resta però il rammarico per l’incapacità della serie di gettare fondamenta solide, in grado di sopravvivere all’addio di Henry Cavill.
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