In questi giorni, con l’uscita su Netflix di Copenhagen Cowboy, si sono riaccesi i riflettori mediatici sul regista danese Nicolas Winding Refn. La geniale ed enigmatica serie tv (di cui trovate qui la nostra recensione, e qui un’analisi dei contenuti), non è tuttavia la prima creazione per il piccolo schermo dell’autore danese.
Nel 2019, su un Prime Video ancora agli albori, aveva fatto il suo debutto Too Old to Die Young, una monumentale serie tv da 13 ore articolata in 10 puntate che, purtroppo, al tempo non ha riscosso l’attenzione mediatica che avrebbe meritato.
Per chiunque abbia apprezzato Copenhagen Cowboy e voglia vedere qualcosa di analogo, e, più in generale, per tutti gli amanti delle serie tv che intrecciano noir, mistero e simbologia, è sicuramente giunto il momento di scoprire (o riscoprire) questo tesoro nascosto.
Non sono certo tutti qua, ma ecco almeno sette motivi per recuperare al più presto Too Old to Die Young su Amazon Prime.
1. È un’odissea noir tra Messico e Los Angeles
Too Old to Die Young ci immerge nel sottobosco criminale americano e ci propone un’avvincente storia di sangue e vendetta nel segno del noir, articolata in più segmenti narrativi autonomi che si separano e si intrecciano a più riprese.
Martin è un giovane poliziotto di Los Angeles che si ritrova a fare i conti con l’improvvisa uccisione del suo partner, e finisce dapprima a lavorare come sicario per la malavita, e poi come “angelo della morte”, dedito a liberare l’America da abusi e pedofilia.
La sua nuova vocazione, però, lo porterà in rotta di collisione con il suo dipartimento, nonché con il corrotto padre cocainomane della sua fidanzata.
Come se non bastasse, una terribile minaccia incombe sulla sua vita: Jesus, il criminale che ha ucciso il suo partner, è deciso a vendicare l’ingiusta morte di sua madre Magdalena, e sta scalando i vertici del cartello al di là della frontiera messicana per tornare a esigere una sanguinosa resa dei conti.
A guidare le mosse di Martin c’è una stravagante assistente sociale e guaritrice New Age, Diana DeYoung, che sogna di guarire il mondo intero dai suoi mali, mentre al fianco di Jesus c’è una giovane messicana dalle origini misteriose, Yaritza, che si autodefinisce “l’Alta Sacerdotessa della Morte”, e intende seminare ovunque morte e distruzione a ogni costo.
Insomma, la serie ha davvero tutti gli ingredienti per offrirci un intreccio crime avvincente e mozzafiato…
2. È una serie surreale e misteriosa, degna di Twin Peaks
Too Old to Die Young, però, non si ferma al noir: nel corso dei suoi dieci episodi, la serie ci immerge in un’atmosfera surreale, densa di mistero e di elementi soprannaturali.
Sicuramente non è una serie per tutti – né intende esserlo – ma proprio per questo potrebbe rivelarsi capace di riaccendere la scintilla nel cuore di tutti coloro che, dopo l’insuperabile terza stagione di Twin Peaks, sono rimasti orfani del mistero, dell’assurdo e dei lunghi silenzi che caratterizzavano il capolavoro televisivo di David Lynch.
In Too Old to Die Young c’è davvero di tutto, e non manca neppure la comparsa di alcune, sfuggenti entità metafisiche che potrebbero ricordarci quelle che affollano la Loggia Nera.
Più in generale, la serie di Refn è profondamente intrisa di mistica, esoterismo e spiritualità, e attinge a piene mani all’immaginario cinematografico del suo mentore e amico Alejandro Jodorowsky: in particolare, a fare da filo conduttore sono i tarocchi, che compaiono in più occasioni nel corso dei vari episodi e fanno da titolo alle 10 puntate della serie.
Non stiamo a svelarvi di più, ma la sfida è ovviamente quella di provare a ricondurre il messaggio di fondo di ogni episodio alla carta di riferimento…
3. È un’esperienza televisiva e cinematografica unica del suo genere
Dal punto di vista del formato, Too Old to Die Young è un prodotto unico nel suo genere, ancor più originale e radicale della successiva Copenhagen Cowboy, e della quasi totalità delle altre serie televisive in circolazione.
Con l’eccezione dell’ultima puntata – che dura appena 30 minuti e rappresenta un soddisfacente epilogo della vicenda – gli episodi si estendono in media per 90 minuti ciascuno, e rappresentano veri e propri lungometraggi a sé stanti, che possono anche essere fruiti in maniera indipendente.
A riprova di questa peculiare caratteristica, che situa Too Old to Die Young in quella sottile zona di confine tra il cinema e la serialità, nel 2019 Refn scelse di proporre in anteprima mondiale al festival di Cannes non i primi due episodi, bensì il terzo e il quarto.
Non si tratta, però, di una serie antologica: le varie puntate sono profondamente interconnesse, condividono gli stessi personaggi e la medesima narrazione di fondo, e acquisiscono un significato ulteriore qualora vengano viste nella sequenza corretta.
Semmai, Too Old to Die Young rappresenta una drastica reazione alla (mala?) pratica del binge watching: con la sua durata volutamente ipertrofica, i suoi lunghi silenzi e la sua enorme quantità di dettagli, spunti e sottili allusioni, la serie ci invita a gustare a fondo e autonomamente ogni singola puntata, e a prenderci il tempo di osservarla con calma e con la giusta attenzione.
Ciascun episodio di Too Old to Die Young deve essere assaporato in condizioni di tranquillità, distesi sul divano, senza stanchezza e altre distrazioni. Con la sua cadenza ipnotica, la serie può offrirci la sensazione di una vera e propria meditazione: provare per credere!
4. È un capolavoro estetico
Se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, la visione di Too Old to Die Young rappresenta un’autentica festa per le nostre pupille e, in piena linea con lo stile distintivo di Refn, ci propone un capolavoro estetico senza pari.
La firma più tipica del regista danese è rappresentata dalle suggestive atmosfere cupe rischiarate a intermittenza dalle luci neon, ma non mancano anche altre soluzioni fotografiche davvero ambiziose, che immortalano il paesaggio del deserto americano e la città di Los Angeles con accostamenti cromatici mozzafiato e piani sequenza memorabili.
Con le sue radicali scelte artistiche, Refn crea un mondo fluorescente, artificioso, illusorio e quasi cyberpunk, che riflette alla perfezione i temi di cui intende parlarci sul piano narrativo.
Approfittando della massima libertà creativa da parte di Amazon Prime, il regista gioca con la luce, il colore e la telecamera, e va molto al di là di quanto già si è visto al cinema in Drive, Solo Dio Perdona e The Neon Demon.
Non c’è dubbio: Too Old to Die Young merita un’opportunità anche soltanto per la sua perfezione estetica, perché ci offre soluzioni visive davvero mozzafiato, di cui sarà molto difficile scordarsi.
5. Vanta un cast di grande qualità
Nel corso delle sue dieci puntate, Too Old to Die Young ci propone un enorme dedalo di storyline e personaggi.
Tuttavia, è comunque possibile tenere insieme tutti i fili con relativa facilità grazie alla solidità delle prove attoriali dei suoi interpreti, che si calano con sorprendente naturalezza nei ruoli archetipali concepiti da Refn, conferendo un’incredibile profondità ai personaggi.
Tra le figure più importanti spiccano alcuni volti molto noti del panorama di Hollywood, come Miles Teller (Footloose, Whiplash, Divergent), Jena Malone e William Baldwin, che riescono a catturare la nostra attenzione con performance davvero iconiche.
Attenzione, però, a non sottovalutare gli outsiders: anche i meno conosciuti Augusto Aguilera e Cristina Rodlo spiccano per l’ottima qualità delle loro prove, e danno vita a due antagonisti (o antieroi? Il dibattito è aperto…) a dir poco superlativi.
6. È una serie molto attuale, che intreccia filosofia e politica
Abbiamo parlato di noir, crimine e violenza, ma anche di mistero, esoterismo e spiritualità: se si guarda soltanto a queste parole d’ordine, Too Old to Die Young potrebbe sembrarci una serie distante anni luce dalla nostra realtà contemporanea, e pertanto troppo distante dal telespettatore che sia alla ricerca di un prodotto autentico e legato al mondo di oggi.
Nulla di più lontano dal vero. Anzi, a conti fatti, forse Too Old to Die Young è forse l’opera più politica di Nicolas Winding Refn: nel corso delle dieci puntate, l’autore prende di mira l’America di Donald Trump, il fanatismo della polizia, il machismo esasperato, la mercificazione del corpo femminile e le derive più pericolose della società contemporanea, ormai in preda all’isteria collettiva del sovranismo e alle derive autoritarie più radicali.
Anche la cosiddetta “sindrome di Nimby” (“not in my backyard”, ossia pressappoco “ovunque purché non nel mio giardino”) viene brutalmente stigmatizzata nell’ultimo episodio con l’apparizione di un grottesco pupazzo opinionista, Monkey Puppet, che ricorda molto da vicino certi sciagurati personaggi che popolano i dibattiti televisivi.
In definitiva, Too Old to Die Young è un autentico manifesto politico, arricchito da un discreto numero di elementi profetico-visionari.
La serie, però, va anche oltre, e ci propone pure una sorta di “filosofia universale”, con la sua nostalgia per l’innocenza perduta, la sua spasmodica tensione verso l’assoluto e la sua dura critica contro la superficialità e la volgarità dilagante.
Insomma, chiunque cercasse una serie tv ricca di spunti di riflessioni e di provocazioni a tema politico non rimarrà affatto deluso!
7. È un vero e proprio prequel di Copenhagen Cowboy
Come ha confermato lo stesso regista danese a margine della proiezione di Copenhagen Cowboy durante l’ultima Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, Too Old to Die Young costituisce un vero e proprio prequel della nuova serie Netflix.
I personaggi, l’ambientazione geografica e le vicende descritte nelle due opere sono del tutto indipendenti, ma dal punto di vista “cosmico” i due show riflettono una graduale evoluzione di un progetto narrativo molto più ampio, che sembra per davvero introdurre una sorta di “Nicolas Winding Refn Cinematic Universe” tuttora in corso di costruzione.
Per chi ha visto e apprezzato Copenhagen Cowboy diventa quindi quasi obbligatorio vedere – o, perché no, rivedere – anche Too Old to Die Young per cogliere le importanti connessioni che legano le due opere, e ci permettono di rileggere le avventure di Miu in un’ottica completamente nuova.
Premesso che il seguente articolo contiene pesanti spoiler sul finale di Too Old to Die Young, e pertanto dovrà essere letto solo dopo l’intera visione, potrete approfondire ulteriormente la questione cliccando qui.