Si è da poco conclusa con l’ultimo episodio della sua quarta stagione la popolarissima (e premiatissima) Succession. Targata HBO ed ideata dalla mente geniale di Jesse Armstrong, questa serie che mescola con grandissima sapienza drammi famigliari di natura shakespeariana e caustica satira all’emittente televisiva Fox News della famiglia Murdoch, negli anni ha conquistato veramente tutti. E non importa che ogni suo protagonista, dal più importante a quello secondario, siano viscidi e assolutamente deprecabili per le azioni che compiono, i personaggi di Armstrong sono talmente ben scritti che non si può che fare il tifo per loro, immedesimarsi nella loro lotta alla successione.
Del gran finale della serie ne avevamo parlato qualche giorno fa nella nostra entusiastica recensione, oggi invece (con la mente molto più fredda a proposito) vogliamo entrare a fondo negli avvenimenti dell’ultimissimo episodio ed entrare a gamba tesa nella spiegazione del finale di Succession. Nell’ultimo appuntamento scritto da Jesse Armstrong e diretto dal fido Mark Mylod, cosa accade ai tre fratell Roy dopo la dipartita del padre Logan? Riescono infine ad ereditare la guida della potente azienda multimediale del genitore oppure vanno incontro ad un destino tragico ed amaro? Facciamo chiarezza.
L’episodio finale: con gli occhi aperti
Il decimo episodio della quarta ed ultima stagione, scritto da Armstrong e diretto da Mark Mylod, si apre con le ultime strategie da mettere in campo per fermare l’avanzata di Lukas Matsson (Alexander Skarsgard) e l’inglobalmento della Wayster Royco alla svedese GoJo. Un passaggio che di lì a poco sarebbe diventato realtà, se non fosse che Kendall Roy (Jeremy Strong) è seriamente intenzionato a convincere la maggioranza del consiglio di amministrazione a votare per lui e rescindere così l’accordo con il giovane magnate europeo. Dalla sua, Kendall ha molti alleati, ma non il fratello Roman (Kieran Culkin) e la sorella Shiv (Sarah Snook). Il primo si è segretamente rifugiato a casa della madre dopo lo stress psicologico del funerale del padre e dopo una seria colluttazione fisica con dei manifestanti, la seconda sostiene la causa Matsson perché le era stata promessa una posizione di CEO americano se l’accordo fosse andato in porto.
Sia Kendall che Shiv sono alla ricerca della chiave di volta delle loro macchinazioni finali: il fratello Roman, che infine viene raggiunto prima dalla sorella e poi dal fratello, entrambi alla ricerca di un voto a loro favore. Non lo otterranno, perché quando si ritrovano tutti e tre a casa della madre, si fermeranno non solo per cena ma, in occasione di una significativa nuotata notturna di riflessione, verranno a scoprire da Greg (Nicholas Braun) che Lukas Matsson ha scelto di affidare il ruolo di CEO per le operazioni americane a Tom Wambsgans (Matthew Mcfadyen). Per una ragione molto semplice, e duplice.
Ritorno all’infanzia perduta
Lukas ripensa all’ultimo minuto all’accordo stipulato in gran segreto cin Shiv per due ragioni: dopo la firma dell’accordo, vuole nei panni di CEO statunitense un uomo senza scrupoli che non faccia parte della famiglia Roy e che sappia mettere a segno le operazioni da eseguire, un semplice burattino da manovrare; in secondo luogo, perché Lukas prova attrazione per Shiv, e non vuole quindi che il loro rapporto si trasformi in altro, compromettendo gli equilibri dell’accordo, senza contare che Shiv era ancora sposata (seppur in crisi nera) con Tom. La fatidica telefonata di Greg arriva a Kendall, che rivela l’informazione ai due fratelli. Ore, i tre faranno scudo comune contro Matsson, e cosi decidono di designare Kendall come possibile CEO della Waystar nel caso fossero riusciti a vincere il consiglio di amministrazione con i loro voti.
Non senza alcune ritrosie (Roman e Shiv erano ancora convinti che papà Logan avrebbe voluto uno di loro a capo dell’azienda invece che Kendall), si decide per la designazione del fratello maggiore, celebrando la scelta con una scena conviviale di grande impatto emotivo: i tre fratelli si ritrovano a notte fonda nella cucina della madre, mentre Roman e Shiv preparano un intruglio imbevibile con mille ingredienti da far bere a Kendall, un ironico e divertente “pasto per un Re”. Una marachella infantile che sembra riportare i fratelli Roy ai vecchi tempi dell’infanzia, un’infanzia perduta in cui il peso dell’avidità e della corona ancora non si facevano sentire. Prima di dirigersi però in direzione consiglio d’amministrazione per la votazione finale, i tre vanno a casa di Logan, dove Connor Roy sta cercando di disfarsi di alcuni oggetti di grande valore prima appartenevano al padre.
La scelta di Shiv Roy
A casa di Logan, i tre fratelli si ritrovano a versare lacrime di commozione quando guardano in tv un vecchio filmino in cui il padre defunto scherza allegramente a tavola assieme ai suoi colleghi d’affari, gli stessi che formavano adesso parte del board d’amministrazione da sconfiggere; un fugace saluto commosso alla memoria del padre prima di fare fronte comune per sconfiggere la concorrenza di Matsson e riprendersi l’azienda. Durante la tesissima fase della votazione, Shiv cambia idea all’ultimo secondo e decide di non votare a favore di Kendall, ribaltando gli esiti del risultato finale. Pe sette voti contro sei, la Waystar passa a GoJo, con un Kendall furioso e violento che si scaglia contro Shiv e poi Roman, quest’ultimo sempre più fragile, insicuro e rassegnato, che prima vota con diffidenza e poco entusiasmo per il fratello maggiore, ma poi prende le difese della sorella quando cambia idea, condannando l’eredità della famiglia Roy all’interno della storica azienda.
La scelta di Shiv può essere letta in due direzioni: da una parte decide di ribaltare il risultato perché in Kendall vede le stesse strategie, lo stesso atteggiamento e i modi violenti del padre deceduto; così, per non ripetere gli stessi errori del passato, “salva” l’anima avida e corrotta di Kendall uccidendo definitivamente la sua più grande ambizione. L’altra direzione di lettura invece, forse ancor più calcolatrice e ficcante per il personaggio, analizza la decisione di Siobhan Roy nel grande schema del futuro: con Tom nei panni del CEO, Shiv avrebbe svolto il ruolo di moglie e (futura) madre dietro le quinte solo apparentemente ubbidiente, quando invece avrebbe potuto giocare un ruolo nell’ombra più che decisivo; tanto che in quel momento la donna portava in grembo il seme di Tom, un figlio un giorno avrebbe potuto reclamare lo scranno più prestigioso dell’azienda, riportando così il nome dei Roy in alto ancora una volta. Una vera e propria Lady Macbeth della televisione contemporanea.
Cosa succede nel finale di Succession?
Eccoci quindi arrivati alla spiegazione del finale di Succession. Dopo la breve colluttazione con Shiv e Roman, Kendall prende atto della sconfitta e vaga con uno sguardo attonito e devastato tra le stanze e i corridoi del grattacielo, conducendo lo spettatore verso i minuti finali di Succession. In un emozionante montaggio alternato dove le parole e i dialoghi cessano di diventare preponderanti lasciando spazio al silenzio, assistiamo ai destini dei tre fratelli Roy: Roman si trova da solo a bere un cocktail al bancone di un bar, con un sorriso sornione e quasi liberatorio, Shiv sale in macchina con il neo-CEO Tom e si congratula con lui, poggiando meccanicamente la mano su quella del marito, verso un matrimonio infelice ma pur sempre strategico. E infine Kendall, il cui sguardo distrutto e perso verso l’orizzonte del mare chiude per sempre le vicende di Succession, esattamente come era stato il suo punto di vista e il suo volto ad aprire la primissima scena del primo episodio della prima stagione.
Gli occhi dello spettatore sulla serie di Jesse Armstrong si chiudono una volta per tutte con la sconfitta di Kendall Roy, il figlio di Logan che più assomigliava al padre nonostante tutto, e che è stato condannato (o liberato?) dal colpo di coda della sorella a una vita pregna di rimpianti e di sogni infranti per sempre. Alla fine, al gioco della successione al trono i tre fratelli Roy non hanno prevalso, vincendo però la carta della seconda possibilità, di una nuova vita lontani dal potere e dalla sete di avidità che sin da piccoli li aveva nutriti e consumati. E forse, dopo tutto quello che hanno passato, di quello che gli accadrà dopo non ci interessa sapere altro.