Di True Detective: Night Country si parlerà per tutto il 2024. E a ragione. La miniserie HBO – disponibile dal 15 gennaio su Sky e Now – è tornata ai fasti del passato e per farlo ha dovuto trasformarsi nel profondo. Cambiando showrunner (anche di Issa López sentiremo parlare a lungo), ma soprattutto cambiando identità. Diventando cioè un racconto di donne. Vitale e tormentato come le due protagoniste, una straordinaria Jodie Foster (agente Danvers) e la brava Kali Reis (agente Navarro). Quanto e come è servito questo grande slittamento di prospettiva per rendere grande uno show che nelle due precedenti stagioni aveva zoppicato un po’? Lo vediamo in questo approfondimento.
Issa López, mente e cuore di True Detective: Night Country
Parte della riuscita di Night Country, nato per essere uno show a sé e solo dopo confluito in True Detective per volere di HBO, è legata alla sua creatrice. Una donna che si è nutrita in maniera vorace di tante cose per costruire una personalità unica, temeraria. Issa López, messicana, produttrice e regista, si è fatta conoscere dal grande pubblico per il film Tigers are not afraid, una sorta di horror-crime del 2017 che ottenne la benedizione di Stephen King, Neil Gaiman e Guillermo Del Toro, non proprio tre personaggi qualunque.
Tra le altre cose, quest’ultimo produrrà il prossimo lavoro della regista, un western dedicato alla mitologia dei licantropi. Figlia di un docente di semiotica, che l’ha cresciuta da solo dopo la morte della madre, avvenuta quando Issa aveva solo 8 anni, López non naviga nell’oro da bambina. Nonostante questo, lei e la sorella vivono un’infanzia serena, densa di stimoli culturali.
Non sono inusuali le maratone di b-movies, dagli horror ai film di arti marziali, come anche i viaggi nei posti più particolari del Messico e dei suoi siti archeologici. Da un lato la cultura pop, dunque, dall’altro le radici culturali di una nazione dalla grande storia. Solo per poco non diventa archeologa. Molla solo quando sente che l’amore per il cinema è troppo più grande.
Dal rosa al nero (e ritorno)
È proprio Issa López a definire True Detective 4: Night Country “Cold, dark and female“. E non solo perché la storia ha un forte imprinting femminile. Sono gli aspetti freddi e oscuri ad attirarla. Ancora di più se accostati a un mondo, quello delle donne, energeticamente opposto. E in tutti gli episodi della miniserie, che abbiamo recensito qui, è il gioco di contrasti a farla da padrone. Una sorta di ossatura in cui accoglienza e respingenza, amore e rabbia si alternano senza sosta. Altro che dolcemente complicate: le donne di True Detective: Night Country sono dei veri enigmi, madri e sorelle imperfette.
Innamorate di uomini fragili. Sciamane in contatto con l’aldilà, legate a un passato pieno di fantasmi. Eppure, fanno fronte comune davanti alla violenza, costruendo una sorta di cerchio che protegge la vita che nasce e accompagna quella che muore. Il femminile, allora, è un tema cardine che si lega a quello dell’irrazionalità delle donne. Irrazionale non è sinonimo di isterico o folle, ma rappresenta l’elemento più puro dell’essere umano: quella capacità di vivere senza scendere a patti con l’utile. Di immaginare mondi, di infiammare la fantasia. Una dimensione così potente e ancestrale da essere sempre stata minacciata nei secoli.
Tutto cambia
Quando il 12 gennaio 2014 vide la luce la prima stagione di True Detective, ideata da Nic Pizzolatto per HBO, la serialità cambiò per sempre. In effetti è una cosa che diciamo sempre quando ci troviamo davanti a show che ti si incollano nella testa e non vanno più via, ma nel caso specifico era tutto vero. L’indagine dei due eroi, Cohle e Hart (Matthew McConaughey e Woody Harrelson) quasi non aveva a che vedere con il crime classico, ma di puntata in puntata diventava l’analisi profonda della loro crisi esistenziale. Una novità assoluta, resa possibile dalla libertà d’azione di Pizzolatto e dalla devozione del duo di interpreti. Quel True Detective era il trionfo dell’energia maschile.
Oggi, Night Country non cambia solo il genere dei personaggi principali, trasforma la sua essenza. “Pensando alla prima stagione, due uomini con i loro demoni nel caldo e nella luce dell’Alabama, l’idea di virare tutto al femminile nella lunga e fredda notte d’Alaska, con in più l’aggiunta di un forte elemento soprannaturale, mi è sembrato il contrasto perfetto“, ha spiegato Foster. True Detective: Night Country è donna, allora, non certo perché le sue protagoniste sono delle formidabili figure femminili, ma perché riesce a inserire nel suo tessuto narrativo l’unicità e la condanna di essere donne. Prime a subire la brutalità di certi uomini. Punite per la loro diversità, eppure detentrici di un potere inscalfibile.
Agenti speciali
Quanto sono cambiate le donne poliziotto nelle serie televisive? Dalle agenti tutto pepe come la Angie Dickinson di Agente Speciale o le Charlie’s Angels siamo approdate pian piano alle strepitose Cagney e Lacey, protagoniste di New York New York. All’inossidabile Mariska Hargitay di Law and Order: Special Victim Unit (25 stagioni quest’anno). E, sfrondando al massimo tutto l’aspetto glamour, alla dolente e meravigliosa Kate Winslet di Omicidio a Easttown, ultima stella, in ordine di tempo, in un pantheon quanto mai ricco. A lei, protagonista della miniserie che ha incantato Steven Spielberg, e più in generale alle eroine di molte produzioni crime scandinave, come L’uomo delle castagne e I delitti del Walhalla, si rifanno Danvers e Navarro. Donne braccate da un passato angosciante, sessualmente libere, timorose di lasciarsi andare del tutto, empatiche e ineccepibili sul lavoro.
Con un elemento in più che riguarda il personaggio interpretato da Jodie Foster: il collegamento diretto alla Clarice Starling de Il silenzio degli innocenti. Un riferimento che, anche se non pianificato, è venuto naturale allo staff creativo di Night Country. Così come naturale, però, è stato sovvertirlo totalmente da parte di López. In in un’intervista a The A.V.Club, la showrunner ha spiegato che sia lecito accostare Liz Danvers alla giovane agente dell’FBI del cult movie di Jonathan Demme. Ma con tantissime differenze. A partire dall’età. Danvers è una donna matura, madre adottiva di un’adolescente problematica. Ha un senso dell’umorismo graffiante, non è una poliziotta abituata a subire, ma un capo anche feroce, quando necessario. Non è certo glaciale come l’eroina che le fece guadagnare il secondo Oscar in carriera. Ed è logico che sia così. Brava è stata Issa López a non calcare troppo su questo aspetto e ad aver dato al pubblico solo un punto di contatto: una gigantesca Jodie Foster. Qui impegnata forse in una delle prove più mature e complesse della sua carriera. Più lanciata che mai.