Mentre Barbie continua a conquistare i botteghini cinematografici di tutto il mondo divenendo non solo il più alto incasso del 2023 in termini globali ma anche il più alto mai registrato da una filmaker donna dietro la macchina da presa, anche il suo “rivale” Oppenheimer (a cui abbiamo dedicato una recensione) non scherza con i suoi oltre 700 milioni di dollari conquistati sul mercato mondiale. La “guerra” fratricida tra i film-evento di Greta Gerwig e Christopher Nolan ha un nome ed è Barbenheimer, fenomeno divenuto nei mesi passati un tam tam social dalle proporzioni incontrollabili e di cui vi avevamo spiegato le sue origini e la sua portata qualche tempo fa.
Con dei numeri da capogiro del genere e con un profitto economico altissimo per le major di distribuzione (in questo caso, Warner per Barbie, Universal per Oppenheimer), ci appare altamente improbabile che il prossimo anno l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che ogni anno assegna i prestigiosi Oscar, ignori i traguardi storici di due lungometraggi ambiziosi che hanno miracolosamente intercettato i gusti e il gradimento sia della critica di settore che di un pubblico stavolta veramente trasversale.
Una bambola alla conquista di Hollywood
E chi l’avrebbe mai detto. Il successo commerciale era di certo nell’aria grazie ad un massiccio e geniale battage pubblicitario da antologia, eppure che il terzo film dietro la macchina da presa per Greta Gerwig ed ispirato alla celebre bambola Mattel diventasse vero e proprio fenomeno di costume trasversale era il sogno proibito di chiunque avesse partecipato alla realizzazione dell’opera. Nel momento in cui stiamo scrivendo sono più di 1,3 miliardi i dollari incassati da Barbie, il risultato più alto del 2023 sul grande schermo, fino ad ora; un’occasione propizia per Warner Bros. Pictures di mettere in moto la macchina del marketing e della campagna premi del prossimo autunno, ora che il suo altro cavallo da corsa Dune: Parte II è stato ufficialmente rimandato a marzo 2024.
In uno scenario in cui la major che ha distribuito Barbie elimina la sua competizione interna, il film da record di Greta Gerwig sembra destinato volente o nolente a farla da padrone ai prossimi Oscar, quanto meno in termini di candidature. A partire dai favolosi costumi e dalle mirabolanti scenografie, forse le categorie in cui ci sentiremmo di scommettere con maggiore sicurezza; ma oltre a queste, Barbie sarà formidabile contender anche in altre categorie, come quella per la miglior canzone originale, ad esempio. L’Academy difatti potrebbe avere l’imbarazzo della scelta tra la commovente ballata triste “What Was I Made For?” di Billie Eilish, la trascinante e danzereccia “Dance the Night” di Dua Lipa o l’ormai iconica “I’m Just Ken” cantata da Ryan Gosling.
Sarà finalmente Oscar per Ryan Gosling?
Tutte possibilità concrete che si andrebbero ad addizionare a candidature piuttosto scontate al miglior film e alla sceneggiatura adattata (lo script curato da Greta Gerwig e Noah Baumbach è totalmente originale, ma regola dell’Academy vuole che se i personaggi principali del film in questione appartengono ad un brand già esistente, la sceneggiatura può competere solo in Adapted), fino a quelle ad alcuni membri dell’ottimo cast. E dunque, possibile terza candidatura alla statuetta per Margot Robbie nei panni della titolare bambola in crisi esistenziale, o alla sorprendente America Ferrera protagonista del monologo femminista più potente del film, senza dimenticare però lo straordinario Ryan Gosling nei panni di Ken.
In Barbie, l’amatissimo attore canadese dà sfoggio di tutta la sua versatilità recitativa, completamente asservita ad un personaggio fittizio solo apparentemente ingenuo: nelle vesti sgargianti di Ken, Gosling è un fulmicotone di dialoghi e battute da antologia, canta, balla, si strugge, passa da spalla maschile della bionda protagonista per divenire improbabile villain patriarcale, ed infine redimersi una volta per tutte. Un ruolo sfaccettato e complesso che potrebbe regalare a Ryan Gosling la sua terza nomination all’Oscar e una prima statuetta.
Christopher Nolan e il peso dell’atomica
Un numero di possibili candidature che potrebbe essere addirittura superato da Oppenheimer, chiacchieratissimo nuovo film scritto e diretto da Christopher Nolan dedicato alla controversa figura del titolare papà della bomba atomica. Un lungometraggio biografico dalla durata impegnativa (siamo sulle tre ore), che fa della sua complessa matassa narrativa tra passato, presente e futuro del racconto il suo punto di forza e al contempo la sua croce. Oppenheimer difatti, nonostante il fenomeno pop del Barbenheimer in cui si è trovato coinvolto e che gli ha donato senza dubbio maggiore visibilità e ottimi incassi in madrepadria, non è il film che ti aspetteresti da Nolan; lontano dalle trame fantascientifiche dei suoi precedenti successi e dei colpi di scena da manuale che lo hanno da tempo contraddistinto come regista, il biopic dedicato allo scienziato americano richiede molta più attenzione al suo spettatore di quanto ci si potesse aspettare.
Sorretto da una sceneggiatura adattata dal libro di Martin Sherwin e Kai Bird dove l’azione si sposta sul potere venefico e decisivo dei dialoghi e delle (tante) parole, Oppenheimer ha incontrato tuttavia il plauso deciso ed unanime della critica mondiale, mentre il pubblico internazionale lo sta insospettabilmente premiando con incassi al di sopra di ogni rosea aspettativa per un lungometraggio del genere. Impossibile quindi che l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences non prenda nota del successo dell’ultimo Nolan e non lo incensi di una pioggia di candidature alla statuetta, tra categorie artistiche e quelle considerate, un po’ ingiustamente, “solo” tecniche.
Oppenheimer è il trionfo tecnico dell’anno
Facile quindi aspettarsi un risultato sorprendente agli Oscar del prossimo anno per l’Oppenheimer di Christopher Nolan: oltre alle scontate nomination al miglior film, alla regia e alla sceneggiatura non originale, sarebbero da tenere bene in conto anche le ottime performance dei suoi interpreti principali. A partire dal complesso e taciturno J. Robert Oppenheimer di Cillian Murphy, passando per la enigmatica moglie interpretata da Emily Blunt, fino al luciferino e controverso Lewis Strauss, personaggio decisivo per gli equilibri del film qui con il volto di Robert Downey Jr, in odore di anche lui di una terza candidatura alla statuetta.
Un computo già di per sé impressionante a cui si dovrà doverosamente aggiungere tutto l’eccezionale comparto tecnico del film: miglior fotografia, scenografie, montaggio, colonna sonora, suono ed effetti visivi ci sembrano tutti obiettivi realisticamente raggiungibili, che lo renderebbero sulla carta uno dei lungometraggi più candidati dell’edizione 2024 degli Academy Awards. Se proprio però non vogliamo fare i conti con l’elefante nella stanza degli Oscar dei prossimi mesi, il Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese che all’ultimo Festival di Cannes aveva mandato in visibilio pubblico e critica. Ma di questa eventualità, avremo tempo di riparlarne.