Ogni anno, il Festival Lumière, manifestazione dedicata al cinema classico e organizzata a Lione, la patria del cinematografo, assegna il Prix Lumière a una personalità importante della settima arte, tendenzialmente registi ma a volte anche attori. Una ricorrenza iniziata nel 2009, anno della prima edizione, con Clint Eastwood, e continuata con Milos Forman, Gérard Depardieu, Ken Loach, Quentin Tarantino, Pedro Almodóvar, Martin Scorsese, Catherine Deneuve, Wong Kar-wai, Jane Fonda, Francis Ford Coppola, Jean-Pierre e Luc Dardenne, Jane Campion e Tim Burton. Per il 2023 è stato deciso di premiare Wim Wenders, reduce dal duplice successo a Cannes con Anselm e Perfect Days (quest’ultimo premiato per la migliore interpretazione maschile). Una scelta coerente con gli obiettivi del festival, che va a omaggiare una figura dal percorso variegato e discontinuo ma indubbiamente affascinante.
I tre volti di Wim
Come da consuetudine, Wim Wenders si è prestato alle attività solitamente previste per il vincitore del Prix Lumière, ossia la consegna del premio stesso, una masterclass aperta al pubblico e la realizzazione di una propria versione del primo film dei fratelli Lumière, quello dell’uscita dalla fabbrica (oggi l’Hangar du Premier Film, una delle due sale dell’Institut Lumière).
E poi, ovviamente, la presentazione di determinate proiezioni, non solo delle pellicole che ha diretto (non tutte, aspetto su cui torneremo) ma anche di film altrui, tra titoli del cuore e un sentito omaggio al compianto amico Sam Shepard (per l’occasione è stato scelto I giorni del cielo di Terrence Malick). Il Wenders regista e il Wenders cinefilo, quest’ultimo anche autore della prefazione di un nuovo libro sul suo cineasta prediletto, Yasujirō Ozu, pubblicato proprio in occasione del festival e a firma di uno dei massimi esperti di cinema giapponese, Pascal Alex-Vincent. E non poteva mancare il terzo lato della sua personalità, il Wenders fotografo, con ben tre mostre allestite in vari spazi in giro per la città.
Filmografia parziale
Come può capitare in occasione di grandi retrospettive, anche quelle dedicate ai vincitori del Prix Lumière sono talvolta prive di alcuni titoli, per questioni di diritti, reperibilità delle copie o scelta personale del diretto interessato (lo scorso anno, ad esempio, il pubblico del festival ha potuto vedere tutti i film di Tim Burton, cortometraggi inclusi, salvo Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie). Nel caso di Wenders, che ha una propria società per la gestione del suo corpus artistico, c’erano delle omissioni nei primissimi anni di carriera (e queste sono ascrivibili a eventuali problemi di diritti o impossibilità di avere copie sottotitolate in francese, conditio sine qua non per le proiezioni a Lione), e poi un buco colossale dopo il 2005 fino al 2023. E lì probabilmente è voluto, con parziale mea culpa di Thierry Frémaux – direttore dell’Institut Lumière e del festival ma anche delegato generale di Cannes – che nel 2008 selezionò sulla Croisette quello che è considerato uno dei punti più bassi del percorso wendersiano, Palermo Shooting, ma così facendo omette anche due titoli molto apprezzati come Pina e Il sale della terra (che però ovviamente erano disponibili, scontati, in DVD e Blu-ray nell’apposito Village du Festival, allestito nei giardini della cineteca lionese).
Il riscatto di un autore altalenante
Al momento dell’annuncio del programma di Cannes 2023, e anche in loco a festival iniziato, non mancavano le battutine su quanto fosse scarso l’entusiasmo per il nuovo film di Wenders in concorso (poiché i suoi titoli di finzione sono stati generalmente al di sotto delle aspettative per circa trent’anni), per poi cedere il posto a genuina gioia sia per Perfect Days in generale che per la sua vittoria del premio per il miglior attore nello specifico. L’inizio di un percorso di tutto rispetto (inclusa la scelta di rappresentare il Giappone nella corsa agli Oscar per i lungometraggi internazionali), di cui la tappa lionese è per certi versi il culmine: una celebrazione – al netto della curatela un po’ troppo edulcorante – di tutto ciò che riguarda Wim Wenders, non solo come uomo di cinema ma come appassionato dello stesso.
“Tutti quelli che vengono qua, che siano spettatori o registi, lo fanno perché amano il cinema”, ha ribadito Frémaux introducendo una delle tante proiezioni del festival. E il regista tedesco, che si è espresso con eloquenza su vari argomenti tra cui la sua preoccupazione per il futuro della settima arte in un mondo dove gli studios rigurgitano in continuazione la stessa identica manciata di idee, ha dimostrato di essere all’altezza di quella descrizione, e il suo entusiasmo – “Grazie di aver riempito le sale”, ha detto al pubblico presente – è una ragione in più per ritrovarlo, con rinnovata curiosità, al cinema nei prossimi mesi quando i nuovi film saranno disponibili su larga scala. Forse non saranno perfetti, a seconda dei gusti del singolo spettatore, ma sono perfetti i giorni in cui non mancano nuove uscite per il grande schermo.