Dal momento in cui le luci della sala si sono accese, testa e cuore non hanno fatto altro che ripensare alla scena finale di Past lives di Celine Song. Un film d’amore nel senso più puro della parola, perché non parla solo di rapporti di coppia, di relazioni, di sentimenti, ma di quel grande mistero che lega due esseri umani tra loro. Candidata ai prossimi Oscar come miglior film e migliore sceneggiatura, quella di Song è un’opera semplice e complessa al tempo stesso. Semplice perché non ci sono parole o inquadrature superflue. Complessa perché anche il più piccolo dettaglio contiene una gigantesca riflessione sulla vita, sulle scelte che si fanno o non si fanno. Su quanto in realtà essere nel presente, corpo e anima, sia la sfida più grande per tutte e tutti noi. Ecco perché Past lives è il film che dovete assolutamente vedere.
Il filo rosso
Presentato all’ultima Festa del cinema di Roma (qui potete leggere la recensione), Past lives racconta la storia di Nora Moon e Hae Sung. Sono amici si dall’infanzia. Anzi, si amano come possono amarsi due ragazzini che considerano quel rapporto come la cosa più naturale al mondo. Quando la famiglia della ragazza si trasferisce in nord America per questioni di lavoro, Nora e Hae Sung devono dirsi addio. Anni dopo si ritrovano su Facebook. La loro relazione riprende seppur a distanza. Skype, e-mail, telefonate, tutto serve per accorciare le distanze. Dopo qualche tempo, però, è Nora ad avere dubbi e a interrompere la frequentazione per concentrarsi sulla carriera artistica. Le loro strade si dividono di nuovo. Nora sposa felicemente lo scrittore Arthur. Hae Sung lavora come un dannato per arrivare al successo e ha una relazione con una ragazza che però lascia. Decide allora di andare a trovare Nora a New York per qualche giorno. E riallacciare così quel filo spezzato.
Leggerezza
Past lives ha una dote rata: è un film scritto con incredibile leggerezza. Se la prima parte soffre per un ritmo eccessivamente dilatato, nel momento in cui Hae Sung arriva a New York riparte in maniera travolgente. Non esiste trivialità in questo racconto. Neanche per mezzo secondo Song pensa di intraprendere la strada banale dell’infedeltà coniugale, ma preferisce esplorare con minuzia ogni sfumatura di quel sentimento indecifrabile. Un amore pudico, tenero, forse predestinato, ma che semplicemente non esiste nel tempo giusto. Non ci chiediamo “Cosa faranno adesso Nora e Hae Sung, qual è il loro destino?“, perché in cuor nostro sappiamo che la curiosità non sarà soddisfatta (e non deve esserlo). Possiamo solo assistere all’atto conclusivo in silenzio. E rispondere così a quell’indimenticabile sguardo in camera che Nora ci rivolge all’inizio del film.
Le piccole cose
Past lives dimostra che il grande cinema si faccia con piccole cose, con pennellate leggere di colore, sguardi fugaci, mani che si sfiorano. Non serve, non sempre almeno, fare di più, mostrare di più, dire di più. Tutto ciò che è rilevante per la storia sono i silenzi dei tre protagonisti. Nora (Greta Lee) e Hae Sung, certo, ma anche Arthur la cui presenza è un elemento narrativo chiave del film. Lo è per l’amore che nutre per Nora. Per come si rapporta a quell’estraneo che potrebbe mandare in corto circuito tutta la sua vita e che invece accoglie con profondo rispetto. E per il suo essere testimone di uno “spettacolo” bellissimo.
Un finale perfetto
Past lives ha un finale magnifico. Anzi, definirlo perfetto è forse fargli un torto. La scrittura di Song condensa nell’epilogo tre vite, senza facili colpi di scena, urla e strepiti. Il tempo, il fattore decisivo di questa storia, scorre in un unico, lunghissimo sguardo. E in una domanda che ovviamente non vi riveliamo, ma che in qualche modo chiude il cerchio della storia. Restituendo a ogni protagonista il suo spazio.
Oriente e occidente
Immerse nella visione di Past lives abbiamo spesso pensato a un altro film che abbiamo amato, Perfect days di Wim Wenders (qui trovate la recensione). Non sono opere gemelle, non fraintendeteci. Né possiamo parlare di similitudini solo perché i protagonisti sono degli orientali. Eppure è vero che l’approccio alla vita degli orientali ci affascina e spaventa allo stesso tempo. Nora è emblematica da questo punto di vista, poiché si pone a metà tra i due universi. Vicina ad Arthur si sente coreana, ma con Hae Sung al suo fianco sente di non esserlo abbastanza. Anche questo spaesamento della protagonista è un grande tema, una sorta di basso continuo del film. E va al di là della classica opposizione tra due universi agli antipodi. Se in Occidente il mondo sembra a portata di mano, così come i piatti etnici che si possono comprare a ogni ora del giorno, l’Oriente oscilla tra una spiritualità commovente e una sfrenata corsa al guadagno, al lavoro ossessivo.
Due figure maschili commoventi
In tempi come i nostri in cui si pensa di possedere la persona amata, anzi, in cui lo si ritiene normale, un personaggio come il marito di Nora (l’eccellente John Magaro) rappresenta l’immagine bellissima di un uomo che non solo ama la sua donna, ma ne ama anche la libertà. A dispetto di una paura che si insinua nei momenti più impensabili. Il suo contraltare Hae Sung (Teo Yoo) è affettivamente allo stesso livello. E mantiene quella virilità che aveva fatto innamorare la Nora ragazzina, senza mai diventare spavaldo. Queste due figure così ricche, vitali, generose, dimostrano come sia possibile raccontare un mondo maschile gentile. Non sappiamo se siamo riuscite a convincervi ad andare al cinema, ma credeteci se vi diciamo che Past lives (firmato da una regista esordiente, ribadiamolo) è il film più palpitante e intimo che possiate vedere in sala. Non perdetelo.