Il film: Diva Futura, 2024. Regia: Giulia Louise Steigerwalt. Cast:Pietro Castellitto, Barbara Ronchi, Denise Capezza, Tesa Litvan, Lidija Kordić, Davide Iachini, Marco Iermanò. Genere: drammatico. Durata: 128 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in lingua originale.
Trama: Riccardo Schicchi fonda l’agenzia Diva Futura, che cambierà per sempre l’ambiente del porno in Italia.
A chi è consigliato? A chi si interessa ai retroscena del mondo dello spettacolo, anche quelli più sordidi.
Ne avevamo già avuto un accenno in Supersex, altra produzione di Grøenlandia ambientata nel mondo del porno, nella fattispecie nell’universo di Rocco Siffredi: la figura di Riccardo Schicchi, l’agente che negli anni Ottanta, insieme a Ilona Staller, fondò la prima agenzia italiana specializzata nelle produzioni a luci rosse. Una storia che, qualche mese dopo la miniserie, ha diritto a un film tutto suo, presentato in anteprima mondiale e in concorso all’edizione 2024 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per la regia di Giulia Louise Steigerwalt (al secondo lungometraggio dopo Settembre). È di questo film che parliamo nella nostra recensione di Diva Futura.
Chiavami, o Diva
Sin dall’infanzia, Riccardo Schicchi è affascinato dalle forme femminili, ed eredita dal padre il vizio di spiare le vicine di casa (all’inizio del film il genitore gli regala addirittura lo strumento adatto, che sembra uscito direttamente da Omicidio a luci rosse di De Palma, tanto per restare in tema). Anni dopo, questa passione lo porta a fondare un’agenzia, Diva Futura, con la quale diventa il nome di punta nell’ambito dell’eros e del porno in Italia. Storica la prima collaborazione con Ilona Staller, seguita da quella con Moana Pozzi e poi con Eva Henger, che diventerà sua moglie. Altra presenza fondamentale quella della segretaria Debora Attanasio, la più dominante delle diverse voci narranti della pellicola, nonché autrice del libro che ha ispirato il progetto, Non dite alla mamma che faccio la segretaria, racconto in prima persona della sua esperienza in seno all’azienda dagli inizi fino alla chiusura dovuta a problemi giudiziari.
Le donne di Riccardo
Schicchi ha il volto di Pietro Castellitto, che restituisce in modo convincente tutte le fasi della sua vita adulta (si è spento nel 2012 a 59 anni, quasi il doppio di quelli dell’attore) ed è circondato da un gruppo eterogeneo di comprimarie tra cui Tesa Litvan, già nel film precedente di Steigerwalt, nei panni di Eva Henger. La vera anima del lungometraggio, anch’ella già alla corte della regista, è Barbara Ronchi, alter ego del pubblico nel ruolo di Debora e osservatrice di quel mondo caotico e a volte deleterio della pornografia italiana (e non solo), una performance che conferma il suo statuto come uno dei volti più magnetici e carismatici del cinema italico odierno.
Tutto in due ore
Al netto di una certa agiografia, il film ha il merito di esplorare una tematica nota concentrandosi sulla sfera intima, anche sentimentale, sottolineando il genuino affetto che legava le principali figure mostrate nella ricostruzione della vicenda, lasciando quasi in secondo piano il mondo del porno in senso stretto. Lo fa in modo a volte frammentario (la struttura non lineare incide un po’ sul ritmo), a volte sbrigativo (due ore circa sono poche per l’ampio respiro che questo racconto merita e suggerisce), ma sempre onesto, mettendo al centro la componente umana del settore senza spettacolarizzare troppo (la parte più pruriginosa è forse il poster, con Moana inquadrata di spalle), e mostrando con empatia ma senza nostalgia un periodo in cui, in assenza di internet, lo sforzo produttivo era maggiore. Un mondo che, come dice bene Debora, era amorale ma non immorale, con una certa poetica dietro la parata di corpi nudi.
La recensione in breve
Giulia Louise Steigerwalt racconta l'anima umana del porno italiano negli anni Ottanta e Novanta, con fare semplice ma sincero, supportata da un grande cast.
Pro
- Gli attori sono molto bravi, soprattutto Barbara Ronchi
- La ricostruzione d'epoca è fatta bene
- L'approccio più intimo, meno pruriginoso, è interessante
Contro
- Il respiro del racconto è forse troppo ampio per appena due ore di film
- Voto CinemaSerieTV