Il film: Harry Potter e l’Ordine della Fenice (Harry Potter and the Order of the Phoenix), 2007. Regia: David Yates. Cast: Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Helena Bonham Carter, Robbie Coltrane, Ralph Fiennes, Michael Gambon, Brendan Gleeson, Richard Griffiths, Jason Isaacs, Gary Oldman, Alan Rickman, Fiona Shaw, Maggie Smith, Imelda Staunton, David Thewlis, Emma Thompson, Julie Walters. Genere: fantastico, avventura. Durata: 138 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: Il quinto anno a Hogwarts si complica con l’arrivo della nuova insegnante Dolores Umbridge, che sposa la linea negazionista del Ministero della Magia circa il ritorno di Voldemort.
Nel 2002, da un libro relativamente breve era stato tratto Harry Potter e la camera dei segreti, il più lungo dei film basati sulla saga letteraria di J.K. Rowling. Cinque anni dopo, complice una politica di non aderire pedissequamente ai minimi dettagli dei romanzi, dal tomo più corposo di tutti è derivato il film più breve in assoluto della serie principale (se si considerano le due parti de I doni della morte come entità singola). Un adattamento che ha anche segnato l’esordio nel franchise del cineasta inglese David Yates, presenza fissa dal 2007 in poi per le avventure del maghetto e le successive incursioni nel mondo degli animali fantastici. Di questo esordio parliamo nella nostra recensione di Harry Potter e l’Ordine della Fenice.
La trama: un ritorno contestato
Lord Voldemort è tornato, un fatto che il protagonista ha vissuto sulla propria pelle al termine di Harry Potter e il calice di fuoco. Peccato che il Ministro della Magia, convinto che sia una trovata di Albus Silente per sostituirlo, abbia passato l’intera estate a screditare il preside di Hogwarts e lo stesso Harry. Dal canto suo, Silente ha ricostituito l’Ordine della Fenice, organizzazione che si oppose a Voldemort la prima volta, e Harry vorrebbe farne parte. Non che ci sia molto che lui può fare durante l’anno scolastico, soprattutto quando l’insegnamento di difesa contro le arti oscure viene affidato a Dolores Umbridge, che crede esclusivamente nell’apprendimento teorico ed è stata mandata apposta dal Ministero per sorvegliare Harry e Silente e assicurarsi che la linea ufficiale a base di negazionismo resti in vigore.
Il cast: una new entry particolarmente odiosa
La grande novità di questo episodio è, ovviamente, l’ingresso nel cast dell’acclamata attrice Imelda Staunton, scritturata per il ruolo di Umbridge e fin da subito perfettamente in parte nei panni dell’odiosa bigotta che ha come vocazione un approccio più autoritario alla gestione del sistema scolastico nel mondo dei maghi. Una performance che è sicuramente il punto più alto del film, uno dei pochi elementi su cui anche i detrattori concordano. Lo stesso si può dire per l’altro esordio di prestigio, quello di Helena Bonham Carter nella parte di Bellatrix Lestrange, cugina di Sirius Black e tra le più fanatiche seguaci di Voldemort, con un’abbondante dose di follia mescolata alla solita eccentricità a cui la caratterista inglese ci ha abituati.
Harry Potter e l’ormone della Fenice
Dopo il film precedente, questo continua il filone “ormonale” del franchise, accentuando la componente teen in modo purtroppo maldestro, come nella famigerata scena del bacio tra Harry e l’amata Cho Chang (un momento che ha richiesto una dozzina di ciak, di cui quello visto sullo schermo sarebbe, in teoria, il più riuscito), dove l’imbarazzo dei personaggi si traduce in titubanza registica.
Conseguenza del reclutamento di Yates, venuto dal mondo della televisione e dalla personalità direttamente proporzionale alla qualità della sceneggiatura affidatagli, e del passaggio di consegne – per fortuna limitato a questo episodio – da Steve Kloves a Michael Goldenberg, che al netto di alcuni momenti veramente forti è un po’ troppo approssimativo nel suo approccio alla prosa di Rowling, con l’aggiunta della presenza ingombrante dell’autrice (una scena che in questa sede è prossima all’inutilità assoluta è stata aggiunta solo per avere un legame con gli eventi del settimo film). Si ha l’impressione, accentuata dal background catodico del regista, di avere a che fare con un lungo trailer in vista del gran finale. Spettacolare e in alcuni punti anche dotato di un certo pathos, ma pur sempre trailer.
La recensione in breve
Al quinto giro, la saga scricchiola un po' per via di un connubio di regia e scrittura incerta, nel momento in cui la storia rinuncia completamente alla componente autoconclusiva.
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