Il film: Room 999 (Chambre 999), 2023. Regia: Lubna Playoust. Cast: Wim Wenders, Audrey Diwan, Claire Denis, Albert Serra, Kleber Mendonça Filho, Ruben Östlund, Olivier Assayas, Davy Chou, Arnaud Desplechin, David Cronenberg, Nadav Lapid, Paolo Sorrentino, Alice Rohrwacher.
Genere: documentario. Durata: 85 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: Durante l’edizione 2022 del Festival di Cannes, Lubna Playoust intervista vari registi sul futuro del cinema.
Correva l’anno 1982, e a Cannes veniva girato Room 666, documentario con cui Wim Wenders (in concorso quell’anno con Hammett) si interrogava sul futuro della settima arte, intervistando al riguardo colleghi del calibro di Werner Herzog, Steven Spielberg, Michelangelo Antonioni, Yilmaz Güney (vincitore della Palma d’Oro, intervistato a distanza e di nascosto poiché era clandestino in Francia dopo essere fuggito da una prigione turca), Jean-Luc Godard e Rainer Werner Fassbinder, quest’ultimo in una delle sue ultime apparizioni pubbliche prima di morire il mese successivo. Quarant’anni dopo, la cineasta Lubna Playoust ha voluto ripetere l’esperimento e omaggiare Wenders, con un film che ha debuttato a Cannes 2023 nella sezione Cannes Classics e ha poi presenziato a manifestazioni come il Festival Lumière (dove Wenders era ospite d’onore) e la Festa del Cinema di Roma. Di questo film parliamo nella nostra recensione di Room 999.
La trama: quattro decenni dopo
Cannes, maggio 2022: è in corso l’edizione numero 75 del festival, che si concluderà con il trionfo di Triangle of Sadness di Ruben Östlund, per la seconda volta vincitore della Palma d’Oro. E il cineasta svedese è uno dei tanti colleghi a cui Lubna Playoust fa la stessa domanda che nel 1982 Wenders – ora uno degli intervistati – aveva fatto ai partecipanti di quella edizione: come vede il futuro del cinema? Tutti rispondono a modo loro, tutti filmati nella stessa stanza d’albergo sulla Croisette, tra un impegno promozionale e un altro, o doveri protocollari (alcuni erano membri delle giurie, altri avevano film in programma, altri ancora erano lì per delle masterclass).
Il cast: registi di tutto il mondo, unitevi!
Quattro decenni dopo è aumentato esponenzialmente il numero di registi a disposizione per una chiacchierata con Playoust, come testimonia anche la durata leggermente più generosa del progetto (85 minuti, contro i 50 del prototipo wendersiano). Al già citato Östlund si aggiungono, tra coloro che erano in lizza per la Palma d’Oro quell’anno, Claire Denis, David Cronenberg, Cristian Mungiu, Albert Serra, James Gray e Arnaud Desplechin. Tra gli altri nomi coinvolti possiamo citare Baz Luhrmann, Audrey Diwan, Kleber Mendonça Filho e, per l’Italia, Paolo Sorrentino e Alice Rohrwacher.
Futuro incerto
Se la rosa di papabili da intervistare è aumentata, rispetto al 1982 si è però fatta più ristretta e prevedibile la gamma delle risposte alla domanda sul futuro del cinema: quasi tutti, complice il contesto post-pandemico e la cornice cannense dove Netflix è più o meno persona non grata (il regolamento impedisce la selezione in concorso per film non destinati a una distribuzione regolare in sala in Francia, le cui leggi rendono impossibile il day-and-date o l’uscita limitata subito prima del debutto in streaming), parlano della fruizione domestica e delle piattaforme, chi in termini più interessanti (Östlund, come da copione, si fa un po’ provocatore), chi con toni decisamente apocalittici. Una situazione talmente ripetitiva – e quindi per certi versi pertinente come critica alla logica algoritmica del sistema produttivo delle piattaforme – che a uscire dal mucchio sono proprio le interviste che deviano maggiormente da quella linea di pensiero, come l’intervento di Albert Serra che è magnificamente surreale. Rimane soprattutto una bella galleria di personaggi, i cui commenti – brevi, talvolta semplici, ma mai completamente privi di interesse – ricordano quanto sappia essere variegato e ricco il cinema concepito per il grande schermo, lontano dal minimo comune denominatore di chi – produttore o spettatore che sia – ragiona prevalentemente in funzione del divano di casa.
La recensione in breve
Al netto dello schema che si fa - volutamente - ripetitivo, l'idea di riprendere, quarant'anni dopo, l'indagine di Wim Wenders sull'avvenire della settima arte ha un certo fascino, e la galleria di personaggi coinvolti è indubbiamente affascinante.
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Voto CinemaSerieTV