Il film: Yannick, 2023. Regia: Quentin Dupieux. Cast: Raphaël Quenard, Pio Marmaï, Blanche Gardin, Sébastien Chassagne.
Genere: commedia. Durata: 67 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Locarno Film Festival, in lingua originale.
Trama: Uno spettacolo teatrale viene bruscamente interrotto da uno spettatore deluso, Yannick, e la serata si evolve in maniera inaspettata.
Può esistere un film “normale” nel percorso di Quentin Dupieux, il cineasta francese che ha fatto del non-senso la sua principale ragion d’essere sul grande schermo? È una domanda a cui cerca di rispondere l’undicesimo lungometraggio del regista, girato in gran segreto (la sua esistenza è stata svelata un mese prima dell’uscita nelle sale francesi) e presentato in concorso al Locarno Film Festival, la prima volta che Dupieux ha accettato di partecipare in maniera competitiva a uno degli eventi cinematografici maggiori. Indicativo, forse, anche questo di un cambio di rotta, per quanto provvisorio, per una delle firme più eccentriche e divertenti del cinema transalpino contemporaneo, che anche in questo caso non ha potuto rinunciare a una trovata bislacca: durante la prima settimana di programmazione in patria, l’ingresso era gratuito per chiunque si chiamasse come il protagonista. Un elemento curioso dell’opera di cui andiamo a parlare nella nostra recensione di Yannick.
La trama: tutto il mondo è palcoscenico
Parigi, una sera. La gente è a teatro (il film è stato girato in uno dei teatri più longevi della capitale francese, il Déjazet), e sul palco si consuma un dramma interpretato da tre attori. Durante quello che dovrebbe essere il momento clou dello spettacolo, una voce si fa udire dalla platea. Uno spettatore, tale Yannick, si scusa per l’interruzione ma semplicemente non ce la fa più. Si è preso apposta un giorno di ferie, e per arrivare al teatro c’ha messo un’ora (45 minuti coi mezzi, più un quarto d’ora a piedi), quindi trova intollerabile che lo spettacolo, a suo modesto parere, sia una noia mortale. E se inizialmente sembra che basti convincerlo ad andare a casa, con rimborso del biglietto, ben presto attori e spettatori si rendono conto che non sarà così semplice, perché Yannick ha deciso di prendere in ostaggio l’intero edificio e dettare legge su come si concluderà la serata…
Il cast: tre personaggi in cerca di nuovo autore
Dopo aver avuto dei ruoli minori in altri film di Dupieux, Raphaël Quenard è promosso a protagonista assoluto nei panni dell’inquietante Yannick, perfetta creazione umoristica dell’assurdo che sotto la scorza comica nasconde un’anima riconoscibilmente tragica. A interagire con lui sono soprattutto, nei panni dei tre attori, Blanche Gardin, già nel precedente film del regista; Pio Marmaï, recentemente apprezzato nel ruolo di Porthos ne I tre moschettieri – D’Artagnan, e alla prima di due collaborazioni consecutive con il cineasta; e Sébastien Chassagne, caratterista che appare spesso in commedie di ogni tipo in parti minori, anch’egli per la prima volta coinvolto nello strambo universo di Dupieux.
L’attesa del sipario
Per gli standard del regista, questo è un film relativamente normale. Certo, la premessa rientra nella tradizione della commedia dell’assurdo, con tocchi beckettiani man mano che la situazione si fa più grottesca, ma è tutto contenuto in un luogo riconoscibilmente convenzionale, con personaggi completamente umani: non ci sono mutanti, o stanze segrete che conducono verso altri mondi, o oggetti curiosi come una sveglia con le cifre errate. Non c’è neanche quella propensione, presente in alcuni dei film recenti di Dupieux, a perdersi in inutili digressioni: con fare aristotelico (le unità di tempo, spazio e azione), il tutto dura poco più di un’ora, il tempo necessario per conoscere Yannick e il suo mal di vivere espresso tramite quell’intrattenimento che lui stesso si sarebbe voluto godere quella sera. Il suo è un percorso amaro, che il cineasta affronta con grande maturità, ma senza perdere di vista l’appiglio umoristico un po’ perverso per lo spettatore: chi, nei limiti della ragione, non ha mai sognato di almeno parzialmente reagire come questo antieroe parigino?
La recensione in breve
Quentin Dupieux rinuncia provvisoriamente al surrealismo più esplicito per raccontare una storia più apertamente umana, trasformando il teatro in confessionale di frustrazioni.
- Voto CinemaSerieTV