All’interno della sua autobiografia, Matthew Perry aveva raccontato con dovizia di particolari delle sue sedute di terapia da infusione di ketamina, durante le quali il paziente assume il farmaco per via endovenosa, a rilascio prolungato; farmaco che nel caso di Perry, anni dopo, avrebbe finito per ucciderlo, come si è evidenziato dai test tossicologici post mortem. Il rapporto dell’autopsia condotta sull’attore di Friends infatti ha stabilito che l’attore è deceduto a causa degli effetti acuti della ketamina, che è un potente anestetico, avente proprietà allucinogene, usato negli Stati Uniti per trattare disturbi post – traumatici da stress, depressione e ansia.
Tra le pagine di Friends, Amanti e La Cosa Terribile, Perry descrive senza troppe remore le sensazioni provate durante la terapia, accostandole a qualcosa di simile alla morte. Leggiamo insieme il racconto di quei momenti nella traduzione di Chiara Spaziani per La Nave di Teseo
“La ketamina era una droga di strada molto popolare negli anni Ottanta. Ora ne esiste una forma sintetica, e viene utilizzata per due scopi: per alleviare il dolore e curare la depressione. C’è scritto sopra il mio nome – avrebbero benissimo potuto chiamarla “Matty”. La ketamina era simile a emettere un lunghissimo respiro”.
“Nell’agocannula mettevano una goccia di Ativan – che riuscivo a percepire benissimo – e poi mi veniva iniettata la ketamina per un’ora. Mentre me ne stavo lì nel buio pesto, ad ascoltare Bon Iver, mi dissociavo, avevo delle visioni. E spesso durante quell’ora pensavo di morire.
Ah, pensavo, è questo quello che succede quando muori. Eppure mi sarei risottoposto a quella merda all’infinito perché era una cosa diversa, e ogni cosa diversa è un bene. Prendere la K è come essere colpito in testa da un gigantesco, felice badile. Ma i postumi erano atroci e più pesanti del badile. La ketamina non faceva per me”
Secondo il medico legale che ha condotto l’autopsia, la ketamina rinvenuta nell’organismo di Perry al momento del decesso non poteva però essere un residuo dell’ultimo trattamento, svolto dieci giorni prima della morte, in quanto le tracce del farmaco nell’organismo scompaiono dopo quattro ore dall’assunzione. L’esame ha inoltre rilevato la presenza, nel corpo di Perry, di buprenorfina, un antidolorifico utilizzato nei programmi di disassuefazione da oppiacei.
Una compresenza, quella tra ketamina e buprenorfina, molto sospetta, almeno secondo il parere del dr. Bankole Johnson, noto psichiatra, che, intervistato da Page Six, afferma: “Somministrare ketamina a un paziente che sta assumendo buprenorfina sarebbe deontologicamente discutibile; diciamo che sarebbe un disastro annunciato. Per questo, credo che la ketamina in oggetto fosse stata assunta a scopo ricreativo“.
Perry ha raccontato proprio nella sua biografia la lunga lotta contro le dipendenze, e pochi giorni fa, l’amica Jennifer Aniston aveva confidato a Variety di essersi sentito con lui proprio il giorno della morte, e di averlo trovato felice.