L’omicidio della dodicenne Asunta Basterra, un caso di cronaca nera che nel 2013 appassionò la Spagna, a tuttoggi non ha un movente ufficiale, e i genitori adottivi della ragazzina, condannati a 18 anni di carcere, si sono sempre proclamati innocenti. Tuttavia, uno dei giudici che guidò il processo a Rosario Porto e Alfonso Basterra, nel 2014 condivise tre ipotesi sul motivo per il quale i due potessero averla uccisa. La prima suppone che Asunta potesse essere diventata un “fastidio” per la coppia che l’aveva adottata nel 2001. La seconda e la terza invece, riguardano il padre della ragazza Alfonso, e si riferiscono al suo rapporto con la ex moglie o a presunti segreti di natura sessuale cancellati dal suo computer.
Prima di illustrarvi nel dettaglio le ipotesi del giudice José Antonio Vázquez Taín, ricordiamo che Asunta era una ragazzina di origine cinese che fu adottata da una coppia di Santiago di Compostela, Rosario Porto e Alfonso Basterra quando aveva appena nove mesi. Come racconta anche la nuova serie Netflix che si intitola Asunta, il corpo della bambina fu trovato da due automobilisti il 22 settembre 2013 abbandonato in un terreno che costeggiava una strada di campagna nei pressi della residenza estiva della famiglia Porto. Era stata uccisa tramite asfissia e prima della morte le erano state somministrate dosi massicce di Lorazepam. I polsi e le caviglie erano segnati da lacci che erano stati ritrovati sulla scena del crimine e nel cestino del bagno della casa di campagna. Inoltre, fu dimostrato che anche nei tre mesi precedenti all’omicidio, ad Asunta furono somministrate forti dosi di Lorazepam che la rendevano letargica.
1. Asunta era diventata un peso per i genitori
Secondo il giudice Tain, è possibile che dopo il divorzio tra Rosario e Alfonso, Asunta fosse diventata di troppo, nel rapporto tra i due coniugi, tanto che fu “abbandonata” a sé stessa e spesso trascorreva giorni e notti da sola. Questo a dispetto dell’immagine idilliaca che i Basterra Porto vollero dare della loro famiglia e nonostante Asunta fosse una ragazzina molto dotata e studiosa. L’estate prima di essere uccisa, spiega il giudice, Asunta è stata affidata per un mese e dodici giorni ad altre persone, tra cui la sua madrina e una collaboratrice di sua madre. Se questo allontanamento poteva essere giustificato in parte dalle condizioni di salute di Rosario, che a fine giugno 2013 richiesero un ricovero in ospedale, Tain non si spiega perché “nessuno dei due genitori, intorno al 15 agosto non ha avuto qualche giorno per stare con la vittima, pur non lavorando”.
A sostegno di questa ipotesi, spiegò il giudice, risultava evidente che per Rosario qualsiasi incombenza banale legata ad Asunta era uno “stress”. Ad esempio, su una bacheca nell’appartamento di Rosario, c’era un promemoria per il rinnovo della carta d’identità della ragazzina, che era lì da nove mesi. Prima del divorzio, del resto, di queste incombenze si occupava Alfonso e negli accordi tra i due coniugi, in più di un’occasione, Rosario ha accettato di aiutare economicamente il marito, purché Alfonso si occupasse di lei e Asunta.
2. Alfonso cercò di vincolare a sé sua moglie con il segreto sull’omicidio?
Secondo questa ipotesi, Alfonso Basterra avrebbe cercato di legare defiitivamente a sé la sua ex moglie tramite il segreto dell’omicidio di Asunta, non per amore, ma perché si sentiva umiliato per essere stato tradito. In questo modo inoltre, lei avrebbe continuato a mantenere il marito, sollevandolo anche da qualsiasi preoccupazione economica. Basterra infatti era un giornalista, ma non aveva un lavoro stabile, sua moglie invece era di famiglia ricca e dopo la morte dei suoi genitori aveva ereditato tutto.
Condividere con Rosario un piano comune per l’omicidio della loro figlia adottiva, avrebbe permesso ad Alfonso di riprendere definitivamente il controllo su sua moglie, che riteneva di aver perduto dopo aver scoperto che la donna aveva un amante. In più occasioni infatti, Basterra avrebbe cercato di convincere Rosario a chiudere la relazione con l’altro uomo, ma non ci era riuscito, tanto è vero che lei incontrò il suo amante anche il giorno prima della morte di Asunta. Lei stessa aveva confermato che lui si era offerto di aiutarla nelle incombenze quotidiane, a patto che chiudesse con l’amante.
3. I segreti nel computer di Alfonso alla base di un movente di natura sessuale?
Un’altra ipotesi del giudice Tain riguarda il computer di Alfonso Basterra, ritrovato misteriosamente alla terza perquisizione del suo appartamento, mentre il giornalista era in carcere. Il computer fu manomesso da qualcuno che aveva cancellato numerosi file in modo professionale. Oltretutto sulla tastiera non c’erano nemmeno le impronte di Basterra – un dettaglio molto strano, visto che per scrivere avrebbe dovuto usare le dita. Le uniche impronte furono trovate in aree non facilmente accessibili del PC, come il disco rigido, ed erano quelle di una persona non identificata che probabilmente aveva aiutato Alfonso.
In merito ai contenuti recuperati dal computer però, si è creata un po’ di confusione: si è detto infatti che Basterra aveva visitato numerosi siti hard con ragazze asiatiche, mentre successivamente è stato stabilito che i suoi accessi riguardavano anche siti hard di altro genere. Si è parlato tanto anche delle foto di Asunta in pose discinte contenute nel computer di Alfonso, ma in realtà erano nel telefono di Asunta, precedentemente appartenuto a Rosario. Le foto in questione raffigurano Asunta con un costume da danza (make up vistoso, corpetto, braccia scoperte, calze a rete e piedi scalzi) che era stato indossato anche dalle altre allieve del corso, ma le sue pose, sdraiata in poltrona a gambe divaricate, erano state giudicate equivoche.
Tra le altre ipotesi condivise dai media spagnoli negli ultimi anni, la possibilità che Asunta sia stata eliminata perché aveva scoperto qualche segreto sui suoi genitori, tra cui la strana morte dei nonni materni, a cui era legatissima e che morirono nel sonno a nove mesi di distanza l’uno dall’altro. Oggi Alfonso Basterra è ancora in carcere e ha inviato una lettera inquietante ad uno degli autori della serie Asunta, ma non ha mai rivelato nulla in merito all’omicidio – anzi si dice convinto che l’assassino di sua figlia sia ancora lì fuori. Invece sua moglie Rosario Porto si è uccisa in prigione nel 2020 e ha portato con sé i segreti di Asunta nella tomba.
A dieci anni da queste ipotesi, il giudice Tein ha condiviso in un’intervista a 20 minutos alcune riflessioni sul processo e sui possibili moventi, spiegando che il caso Asunta Basterra “è un mosaico con dei pezzi mancanti” ma al tempo stesso secondo lui la sentenza è ineccepibile: “Più si mette in discussione il processo, sostenendo che ci fossero delle lacune o dei difetti, più ci rendiamo conto, in dettaglio, che tutto era perfetto. Con la fretta e il poco tempo non ci si rende conto di quello che si è fatto, solo in un secondo momento si capisce quanto sia stata approfondita l’indagine. (…) Abbiamo cercato corde della stessa fattura e tipologia, quando sapevamo esattamente che queste corde erano state prodotte solo in un posto. Abbiamo fatto un lavoro spropositato, ma all’epoca credevo che anche la difesa avesse il diritto di avere i suoi strumenti per poter andare al processo in condizioni di parità. Non mi pento di nulla, anzi, penso che sia stato fatto tutto in maniera molto approfondita e molto tecnica.”
“Avevano un piano predefinito per l’uccisione di Asunta, in cui ognuno dei due avrebbe svolto esattamente il ruolo che gli era stato assegnato”
Su Alfonso Basterra e Rosario Porto, il giudice spiega che hanno pianificato tutto con la massima attenzione e se si fosse trattato di un delitto improvvisato, forse avrebbero lasciato più tracce. “Sono stati molto attenti almeno per alcuni aspetti. Alfonso Basterra ha prestato molta attenzione a non sporcarsi, quindi, avremo sempre delle lacune. Ciò di cui non dubitiamo è che i due avessero un piano predefinito per l’uccisione di Asunta, in cui ognuno avrebbe svolto esattamente il ruolo che gli era stato assegnato. Chi ha pianificato il tutto, chi è stato l’esecutore, chi il mandante? Ognuno di noi ha le proprie teorie e questa è una sorta di valutazione soggettiva. Sostanzialmente, la teoria che abbiamo quasi tutti noi che ci occupiamo del caso, è la stessa, con piccole variazioni”
Con quest’ultima affermazione a seguire però, il giudice contraddice un po’ ciò che disse riguardo la seconda teoria sul movente: “In questo caso non si può parlare di prevaricazione, come nel caso della violenza di genere, non c’è una condizione né morale né personale, per cui Charo è stata costretta a fare quello che ha fatto. Quello che stiamo cercando di chiarire è un’altra cosa: se una delle persone era la mente e l’altra l’esecutore. Nel fascicolo del caso c’è tutto, ma la stampa si limita a cogliere ciò che colpisce di più e non va oltre. Continua a chiedersi cosa hanno fatto e perché, senza rendersi conto che ognuno di loro aveva le proprie ragioni. L’unica cosa che la giustizia deve fare è mostrare i fatti. Non giudichiamo se lo hanno fatto per vendetta, per disgusto, per astio o per istinto sessuale”