Le avventure senza capo né coda di Dick Turpin, la recensione: l’arte della rapina

Continua la graduale e ponderata espansione del catalogo di Apple TV+, che rispetto ad altre piattaforme streaming più blasonate ha optato per un approccio basato sulla qualità, anziché offrire ai suoi abbonati almeno un nuovo Original ogni settimana. Una strategia che, unita alla scelta di presentare gli episodi delle sue serie a cadenza settimanale (raggruppando solo i primi due o tre nel giorno di lancio), ha fatto sì che non ci sia quella sensazione di eccesso e bulimia che accompagna le nuove uscite di altri servizi ancora dediti alla filosofia del binge-watching. A questo giro la piattaforma di Apple va in Inghilterra, per un progetto dall’impostazione spudoratamente comica, di cui parliamo nella nostra recensione de Le avventure senza capo né coda di Dick Turpin (abbiamo visto in anteprima tutti e sei gli episodi, ed eviteremo di scrivere spoiler in questo articolo).

Criminale da strapazzo

Dick Turpin è esistito per davvero, nell’Inghilterra del Settecento, e dopo aver inizialmente considerato di ereditare l’attività di famiglia (il padre era macellaio) si diede al crimine, diventano un cosiddetto highwayman, un individuo che derubava i ricchi mentre questi si spostavano in carrozza. La serie parte dalla medesima premessa (con il dettaglio che Dick non ne vuole sapere di diventare macellaio perché è vegano) e, come suggerisce il titolo originale dello show, si inventa di sana pianta varie situazioni che si rifanno in parte alle ballate sulle gesta di Turpin e la sua banda (ma nella realtà questi racconti orali iniziarono a circolare dopo la morte del diretto interessato). Situazioni che spesso coinvolgono altri briganti che vogliono eliminare la concorrenza, ma anche presunti atti di stregoneria e la rivalità con il poliziotto doppiogiochista Jonathan Wilde.

Commedia corale

Il personaggio di Turpin è stato (ri)scritto su misura per Noel Fielding, comico inglese noto per il suo stile stralunato che lo rende perfetto per la parte di un pesce fuor d’acqua che si crede eccezionale ma non sa adattarsi ai contesti in cui opera. Attorno a lui è stato costruito un universo di comprimari altrettanto divertenti, molti dei quali interpretati da alcuni dei grandi nomi della comicità britannica come Greg Davies e Diane Morgan, la mitica Philomena Cunk. Il ruolo di Wilde è stato affidato a Hugh Bonneville, strepitoso nei panni di un uomo della legge che sotto sotto è criminale pure lui, e Connor Swindells, uno dei talenti lanciati da Sex Education, ha una parte minore nei panni di un ladro più giovane che vuole battere Turpin a livello di popolarità.

Simpatiche bugie

Epico nelle intenzioni e ridicolo nell’esecuzione: questo è il Dick Turpin nella versione “riveduta e corretta” per il piccolo schermo, e il tono della serie riflette questo spirito con un’estetica che riproduce la realtà storica in modo fedele, a volte anche spettacolare, ma senza mai perdere di vista che stiamo seguendo le avventure completamente inventate di un ladro incompetente che ama trasmettere un’immagine di sé decisamente più lusinghiera. Avventure che, di settimana in settimana, mettono alla berlina un aspetto diverso della società di allora (inclusa la caccia alle streghe, con la deformazione umoristica dei luoghi comuni associati ad essa), applicando l’ironico filtro moderno tramite la performance di Fielding che è al contempo perfettamente calata nell’epoca e fuori da ogni era. Tutto inventato, ma eseguito con sincerità mista a irriverenza.