La serie: Slow Horses 3, del 2023 Creata da: Will Smith. Cast: Gary Oldman, Jack Lowden, Kristin Scott. Genere: Spionaggio. Durata: 50 minuti/6 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Apple Tv+.
Trama: Il capo della sicurezza dell’ambasciata britannica a Istanbul vede precipitare in tragedia una missione segreta per impedire una pericolosa fuga di notizie. Deciso a vendicarsi, entrerà in rotta di collisione proprio con gli agenti di Jackson Lamb…
In un periodo in cui il nuovo standard di durata delle serie tv è ormai ridotto a un paio di stagioni, la conferma di Slow Horses per un terzo e un quarto ciclo di episodi ha rappresentato un segnale molto forte da parte di Apple Tv+. Nelle scorse due annate, l’avvincente spy story con Gary Oldman tratta dai romanzi dello scrittore britannico Mick Herron ha superato anche le più rosee aspettative (qui la nostra recensione della stagione 2), e ha saputo conquistare quel trono del filone lasciato vacante dagli eccellenti Homeland e The Americans.
Più si alza l’asticella, tuttavia, e più diventa elevato il rischio di tradire le attese.
Se la prima stagione aveva saputo emergere per originalità, adottando il suggestivo punto di vista di una banda di spie fallite e proponendoci un inedito mix di dark humor e spionaggio old school rigorosamente britannico, la seconda invece ha rilanciato in grande stile, proponendoci una storia di stretta attualità all’ombra della crisi russa. Dopo una morte inattesa, tanti colpi di scena e un solido finale, in questa recensione della terza stagione di Slow Horses scopriamo se Jackson Lamb e i suoi scalcinati agenti della Casa del Pantano sono riusciti – almeno in questo! – a non fare fiasco, e a mantenersi così irresistibili come li ricordiamo.
Una trama ricca di emozioni e adrenalina
A differenza delle scorse stagioni, Slow Horses 3 si apre con un antefatto alla James Bond: una località esotica (Istanbul), un dossier segreto (nome in codice Footprint), un inseguimento concitato e una misteriosa uccisione.
Non facciamoci ingannare, però. Ovviamente, nessuno dei “ronzini” di Jackson Lamb è coinvolto nell’azione.
Il povero River è impegnato in un’assai meno emozionante attività di catalogazione e indicizzazione di dossier di “livello Ringo” (se quelli di “livello Lennon” e “livello McCartney” sono le due fasce più importanti, questi invece rappresentano invece il fondo del barile!). Da parte sua, Lamb continua a ricevere brutte notizie a ogni visita medica, e a infischiarsene imperterrito, mentre Louisa continua a fare i conti a modo suo con la tragica morte di Min e a tenere nascosto il diamante che ha trafugato dal corpo di Arkady Pashkin dopo la sanguinosa resa dei conti che ha concluso la scorsa stagione. Roddy invece è tornato alla sua routine da sociopatico, e sta ricattando il povero Marcus, che è di nuovo precipitato nella spirale del gioco d’azzardo.
L’improvviso rapimento di Katherine Standish da parte di un misterioso nemico, però, cambierà le carte in tavola e innescherà una disperata corsa contro il tempo che vedrà River costretto a tornare al Regency Park per trafugare un dossier di fondamentale importanza. In realtà nulla è come sembra, e dietro le quinte si nasconde un gruppo di “Tigri”, come le chiamano Jackson Lamb e gli altri agenti segreti britannici. E la posta in gioco potrebbe essere ancora più alta del previsto…
Cambio di passo, ma con i piedi per terra
Dopo aver preso le mosse da un gradito ritorno alle esilaranti routine della Casa del Pantano, Slow Horses 3 segna un netto cambio di ritmo rispetto alle stagioni precedenti: questa volta c’è molta più azione e adrenalina del solito, si spara e si corre senza sosta. La storia si arricchisce di note thriller, e ci dimostra la straordinaria capacità degli autori di padroneggiare linguaggi differenti, dall’umorismo british alle atmosfere action, con un’eccellente gestione delle soluzioni registiche e dei tempi della narrazione.
La formula magica della serie, però, rimane intatta: Slow Horses si conferma essere la perfetta antitesi della saga di James Bond, sia per la sua continua enfasi sulla proverbiale incapacità dei “ronzini” di Jackson Lamb – la scelta di River di invocare il “Codice Settembre” alla fine della scorsa stagione non ha certo aiutato a riabilitarli! – sia per il totale rifiuto di proporci una storia all’insegna del cyberspionaggio e dei gadget di ultima generazione. Sotto questo punto di vista, Slow Horses si conferma molto più vicino a La Talpa e ai romanzi d’autore che a 007 e Mission Impossible, e anche all’apice della tensione mantiene sempre i piedi ben piantati a terra, rifuggendo ogni tipo di esagerazione.
Anche stavolta, al centro della spy story non c’è mai un super cattivo che vuole conquistare il mondo, o una fantomatica minaccia che incombe sull’intero Occidente: anche quando il gioco si fa duro e i pedinamenti lasciano il posto alle sparatorie e agli inseguimenti, Slow Horses ci propone sempre un intreccio solido e plausibile, con una posta in gioco ben calata nel mondo reale. Il cambio di passo di Slow Horses 3, in definitiva, non sacrifica affatto la formula vincente delle scorse stagioni, ma la arricchisce di nuove sfumature, confermando la straordinaria freschezza della serie.
Fuori categoria
Il vero cuore pulsante della serie risiede però anche e soprattutto nei suoi personaggi imperfetti e nella loro umanità, e la terza stagione continua a lavorare in questa direzione nel migliore dei modi.
Il team dei “ronzini”, e in particolare il mago dell’auto-sabotaggio River Cartwright, sono figure con cui è davvero impossibile non empatizzare: con il passare degli episodi e delle stagioni la banda del Pantano ho ormai assunto una fisionomia molto ben definita, e Slow Horses 3 prosegue in questo solco nel migliore dei modi.
Un discorso a sé lo merita il colossale Gary Oldman, la cui performance si conferma un autentico gioiello fuori categoria. Burbero, perennemente sporco, intrattabile e irriverente – ma con un cuore d’oro, ben nascosto da qualche parte sotto il suo cappotto lacero e i numerosi chili di troppo – il suo Jackson Lamb è ormai il volto più iconico della serie, nonché una tappa memorabile all’interno della stellare carriera dell’attore britannico (che a breve si arricchirà anche del ruolo di protagonista nel nuovo film di Paolo Sorrentino).
Inutile sprecare altri aggettivi: Oldman è la vera anima di Slow Horses, e senza il suo fondamentale contributo la serie – per quanto ben scritta e sontuosamente girata – non sarebbe il capolavoro che è.
Preparatevi quindi alla consueta, variopinta pioggia di insulti (“sei inutile come un preservativo di carta!”), agli sguardi sornioni e alle sue metamorfiche trasformazioni da sgradevole clochard a genio tattico dello spionaggio: Jackson Lamb è più in forma che mai!
La recensione in breve
Con la stagione 3, Slow Horses passa all’azione e ci propone una storia densa di sparatorie e inseguimenti: la narrazione resta però profondamente calata nella realtà, con caustica ironia british e focus sui suoi ottimi personaggi. Come sempre, torreggia su tutto e tutti il monumentale Jackson Lamb di Gary Oldman.
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